Dai dossier su Brancher, Cesa e i Ds, fino alla scedature dei dipendenti. Parla l’uomo dell’archivio Zeta.
“Guardi, funzionava così. Io, quasi ogni settimana, incontravo a Milano Giuliano Tavaroli e gli illustravo il contenuto delle pratiche. Quando il dossier era particolarmente importante, Giuliano nemmeno mi lasciava finire di parlare, che già era al telefono. Come ho raccontato ai pm chiamava la segreteria di Marco Tronchetti Provera o lui direttamente, visto che in azienda era uno dei pochissimi a poterlo fare. Diceva: ‘Dottore sono qui con il fiorentino, ha portato l’esito che aspettavamo, vengo subito’. Poi s’incamminava verso via Negri, dove Tronchetti ha l’ufficio,con il dossier sotto il braccio”.
Eccola qui la verità del “fiorentino”, al secolo Emanuele Cipriani, 49 anni vissuti nell’ombra tra detective privati, servizi segreti e grandi aziende. E anche se viene da un imputato è una verità scomoda. Perché Cipriani, l’uomo che raccoglieva dossier su esponenti del mondo della finanza e della politica – dai Ds a Forza Italia – e che schedava i dipendenti di Telecom e Pirelli, oggi ha un diavolo per capello. Ce l’ha con Tronchetti che nell’inchiesta sullo scandalo della security della compagnia telefonica era ed è rimasto testimone. Ce l’ha con i magistrati che “non sono saliti di livello”. E che, per giunta, gli hanno sequestrato molti milioni di euro considerati frutto di una gigantesca appropriazione indebita ai danni dell’azienda.
Denaro che adesso Cipriani rivuole indietro. “Perché – protesta – è come se mi dicessero che quei soldi li ho rubati. Ma io i reati che ho commesso, li ho ammessi. Ladro però, no. Era tutto fatturato. E a ogni fattura corrispondeva un codice numerico che rimandava ad una pratica, ovvero ad una attività che poteva essere: lecita, illecita o parzialmente lecita. Un lavoro di cui, oltretutto i vertici dell’azienda e Tronchetti, che adesso fa persino finta di non sapere chi sono, erano perfettamente a conoscenza. I miei committenti erano Pirelli e Telecom. Tra i miei clienti, in qualche caso, ci sono stati lo stesso Tronchetti e alcuni suoi avvocati: è tutto riscontrabile”.
D’accordo, Cipriani, le cose staranno pure così. Ma lei come fa a sostenere che Tronchetti fosse al corrente dei metodi usati per raccogliere informazioni? Agli incontri tra lui e Tavaroli lei non partecipava…
Sa che cosa sono i disturbatori d’assemblea?
Sì, azionisti che fanno domande scomode. In qualche caso sono persino dei ricattatori…
Esatto, in Telecom ce ne erano molti. Ma alcuni di loro erano delle brave persone. Gente laureata, preparata che, come mi diceva Tavaroli, Tronchetti pativa. Lo puntavano da anni e spesso con le loro domande lo mettevano in imbarazzo.
E allora?
Beh, ogni anno Tavaroli mi chiedeva un aggiornamento investigativo sulla loro situazione. Si andava a vedere se c’era qualcosa di negativo su di loro. Li analizzavamo da cima a fondo.
Questo cosa dimostra?
Mi ascolti. Le racconto un episodio che non ho riferito ai magistrati, anche perché sul punto non mi hanno chiesto niente. Sarà stato il 2003 o il 2004, era comunque l’ultima assemblea da me seguita. Tavaroli riceve una telefonata. È Tronchetti che gli dice “Mi raccomando quello là”. Si riferiva a un docente calabrese, Gianfranco D’Atri, su cui c’è un dossier molto particolareggiato. Giuliano mi spiega che “quello il Dottore lo patisce”.
E lei cosa fa?
Un’attività pesante. Giuliano diceva: “voglio tutto”. In assemblea D’Atri verrà anche controllato di continuo, in gergo diciamo mappato, dagli uomini della security d’accordo con i loro dirigenti e alcuni vertici dell’azienda seduti al fianco di Tronchetti.
Non mi pare un reato.
Sì. Ma io ho un colpo di fortuna. Riesco ad affiancargli una mia fonte. Una persona che mi anticipa quasi tutte le domande che farà a Tronchetti. È un’operazione stile servizi segreti, loro la chiamerebbero un’operazione di manipolazione. Nella notte precendente all’assemblea giro le informazioni a un uomo della security che, come mi viene detto, le veicola a Tronchetti. Il risultato è che il dottore risponde a tutto con tranquillità. Insomma fa una bellissima figura. Mi spieghi lei come poteva pensare che fossero informazioni ottenute lecitamente?
Storiaccia. Ma non chiude il cerchio…
Dice? Io mi sono occupato di business che per Pirelli e Telecom valevano molti milioni di dollari. Le richieste d’informazioni “ordinarie” riguardavano di solito i fornitori o gli aspiranti fornitori: facevamo delle analisi per capire se erano affidabili. In altri casi, chiamiamoli “straordinari”, le richieste erano mirate e dirette all’acquisizione di notizie anche strategiche per Pirelli e Telecom. A richiederle erano i cosiddetti “clienti interni”. I mega dirigenti, spesso della direzione legale o del personale, che ne parlavano con Tavaroli o gli inviavano delle mail che, a volte, mi girava.
E allora?
Questo dimostra che l’azienda era perfettamente al corrente delle modalità, anche illegali, del mio lavoro. E non solo perché Tavaroli mi diceva che le pratiche più importanti e sensibili riguardavano affari che ovviamente Tronchetti seguiva personalmente. Il punto è che venivano spesso raccolte informazioni di natura bancaria e patrimoniale. E visto che il segreto bancario esiste, mi pare che tutti potessero capire che ci si trovava di fronte a qualcosa d’illecito. Per non parlare poi delle schedature di massa…
Schedature di massa?
Sì, se lo ricorda lo scandalo dei primi anni Settanta sulle migliaia di dipendenti Fiat su cui l’azienda di Torino aveva fatto fare dei dossier?
Certo.
Beh, anche noi avevamo fatto qualcosa di simile. Nelle operazioni Scanning e Filtro abbiamo controllato chi aspirava ad entrare in Telecom e in Pirelli. Controlli anche sui precendenti di polizia. I risultati li mandavo alla security che li girava ai dirigenti del personale.
E i dossier sui politici, invece, a che cosa servivano?
Quello sul sottosegretario alle riforme Aldo Brancher lo facemmo perché Tavaroli mi disse che il “dottore” doveva incontrare il leader della Lega, Umberto Bossi. E che per questo “Tronchetti aveva bisogno della sponsorizzazione di Brancher”. Lui mi spiegò che doveva essere pesante, che doveva sapere tutto di lui. Io così partii da una società off-shore che lo collegava a una serie di operazioni speculative. Da lì sono arrivato andato a finire su di lui.
Ma Tronchetti lesse il dossier?
Quando ne riportai l’esito a Giuliano fu una di quelle volte in cui lui gli telefonò per dirgli “è arrivato il fiorentino, vengo subito da lei”. Ma adesso leggo che Tronchetti sostiene di non aver quasi mai visto Giuliano e che Tavaroli si è approfittato della sua fiducia. E il bello è che la magistratura gli ha creduto.
Forse perché Tavaroli nei suoi interrogatori lo ha accuratamente tenuto fuori da tutto. Mentre lo ha tirato in ballo durante sei chiacchierate con Giuseppe D’Avanzo di Repubblica. Si è chiesto il perché di questo atteggiamento da parte di Tavaroli?
Me lo sono chiesto, e non l’ho condiviso. Dico solo che Tavaroli, a distanza di due anni dalle sue dichiarazioni a Repubblica, ha chiesto il patteggiamento e ha chiuso tutto con 4 anni e mezzo di pena. Una pena di fatto già espiata, visto che tre anni sono stati condonati. Insomma forse alla luce del suo patteggiamento la risposta ciascuno se la può dare da solo.
Cosa pensò quando vide le sue affermazioni?
Dopo aver chiuso il giornale, dissi “Finalmente si è deciso a parlare”. Siccome ero contentissimo insistetti con i miei avvocati perché andassero in procura dal dottor Fabio Napoleone a chiedere che cosa sarebbe accaduto. Uno dei miei legali mi riferì la risposta: “Io sono qua, se Tavaroli viene lo verbalizzo”. Mi cascarono le braccia…
Per lei, quindi, non si è voluto indagare a fondo.
Constato quello che è accaduto. Si potevano sentire molte altre persone da me menzionate come a conoscenza del modus operandi nelle aziende Pirelli e Telecom. Pensi solo ai dirigenti che ricevevano i report sul personale d’assumere. Si potevano fare perquisizioni, per riscontrare le mie dichiarazioni. Mi fa poi riflettere il fatto che le registrazioni di alcuni miei interrogatori sui dossier più sensibili politicamente sono state depositate, ma senza trascriverle. Agli atti ci sono i verbali riassuntivi in cui mancano dei nomi che sono quasi certo di avere fatto.
Cosa intende dire?
Le faccio un esempio: il dossier su Lorenzo Cesa, il segretario dell’Udc. Durante un interrogatorio il dottor Napoleone mi dice sorridendo che per certi versi ho anticipato delle situazioni che poi sono emerse nelle indagini di Luigi De Magistris, Poseidone e Why Not. Io gli ho risposto, con altrettanta simpatia: “Ha visto perché mi pagavano bene? Perché dicevano che ero bravo”. Lui si è messo a ridere. Ma era la verità. La procura però per capire perché mi era stata commissionata l’indagine avrebbe dovuto prendere l’agenda di Tronchetti, come avevo suggerito, mi pare ovvio.
Anche il dossier Oak, quello su presunti conti esteri dei Ds fu disposto in vista di un appuntamento politico?
No, quella fu un’inchiesta lunghissima. La chiese Tavaroli per Tronchetti in occasione dell’acquisto del pacchetto di maggioranza di Telecom, insomma subito dopo il suo ingresso.
Tavaroli ha detto a verbale che si era partiti perché si credeva che Oak Fund riguardasse dei dirigenti di Telecom.
No, le dico come è andata. L’ho già detto ma nessuno mi ha creduto. Lui mi chiama e mi dice che devo rientrare dalle ferie “perché il Dottore ha comprato Telecom”. Siamo a fine agosto 2001. Tavaroli ha Il Sole 24 ore sul tavolo. Prende la penna e dice guardando la composizione di Bell, la società Lussembughese, che controllava parte del capitale: questi sono loro. C’era scritto Oak fund: fondo quercia. Io dico ‘ah bene, è uno scherzo?’, lui mi dice ‘no, io ho contezza che sono loro. Il Dottore vuole sapere chi ha in casa’. E io esco con l’articolo in mano, chiedendomi: e adesso come faccio a partire?
Già, come ha fatto?
Come quasi sempre. Dall’inizio, analizzando le notizie su fonti aperte e banche dati accessibili a tutti. Se ci fossero qui i mie faldoni anche lei se ne renderebbe conto. Chiamai a rapporto le mie fonti, tra cui la mia fonte principale per operazioni internazionali, il famoso investigatore inglese “John Poa” e siamo andati avanti gradino per gradino. Abbiamo fatto più di 10 report, con altrettanti schemi riassuntivi, perché il Dottore voleva solo schemi ed “executive summary”, Tavaroli me lo diceva sempre. Il lavoro che fai, lo fai bene. Ma i documenti me li metti dietro. Ed è così venuto fuori un sistema finanziario di altissimo livello. Le famose società finanziarie…
Il problema, hanno scritto i giornali, è che l’ultimo documento, quello decisivo, è macchiato…
No, non è l’ultimo documento. E’ un documento, allegato a uno degli ultimi “executive summary”, ottenuto da una fiduciaria estera di un paese off-shore. Ma è su carta intestata e dentro viene lasciato il corpo. Insomma si legge una frase, se ricordo bene, del tipo: secondo la vostra richiesta vi diciamo che dietro questo conto ci sono queste persone. Poi sono macchiate solo le firme degli amministratori della fiduciaria.
Quindi potrebbe essere falso…
Me lo ha detto anche il dottor Napoleone. Ma io gli ho risposto: peccato che negli ultimi report, tra documenti bancari, telex e carta con le firme macchiate ci saranno una trentina di allegati. Ipotizziamo che mi abbiano truffato al 50 per cento, ma mi pare che basti. E poi tenga conto che le mie fonti sono persone con cui ho lavorato per più di dieci anni e non mi hanno mai dato un’informazione sbagliata. Le stesse aziende Pirelli e Telecom ne hanno certificato l’affidabilità.
Che cosa vuol dire fonti certificate?
Significa che ci sono stati dei dirigenti costretti alle dimissioni sulla base dei miei dossier. Dirigenti che oggi non si sono costituiti parte civile contro di me. Eppure in quei fascicoli si parla di loro conti esteri, di bonifici bancari oltre frontiera, insomma di infedeltà aziendale. È tutta gente che è stata dimissionata con tanto di lettera di benemerenza di Tronchetti. Insomma, erano Telecom e Pirelli che mi confermavano che le mie fonti erano buone, perché quei dirigenti erano stati visti “in difficoltà” da Tronchetti. E allora, se erano buone quando io facevo cacciare i dirigenti, perché non dovevano essere buone su Oak?
Le polpette avvelenate si vendono anche così…
Certo, però io ho trenta allegati…
Solo che ora nessuno per legge può indagare per sapere se il contenuto dei dossier era falso o meno. Nel 2006 il parlamento con una legge bipartisan ne ha ordinato la distruzione…
Interviene Francesco Caroleo Grimaldi, avvocato di fiducia di Cipriani, assieme a Vinicio Nardo: “Sulla base dei dossier non si può aprire un’indagine. Ma sulla base delle dichiarazioni del nostro assistito sì. E infatti ci lascia interdetti che oggi si colpisca l’autore delle investigazioni e che viceversa restino immuni chi ha dato l’incarico delle investigazioni e i soggetti destinatari di ipotesi di reato oggetto delle investigazioni”. Cipriani continua: “Io penso che se era difficoltoso fare le verifiche sull’estero, c’era abbondante materiale su persone fisiche e societarie italiane che avevo individuato come fiduciari italiani, alcuni dei quali addirittura lombardi. Queste cose andavano verificate”.
Credo di sì, anche se in procura spiegano che i fatti contenuti nel suo dossier non erano recenti. E che l’eventuale ipotesi di reato, la violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, era già caduta in prescrizione. Comunque, Cipriani, le informazioni sui Ds a che servivano?
Tavaroli diceva che le avrebbe gestite il dottore nelle sue attività romane. Perché Telecom , sosteneva, era un patrimonio romano ed un “feudo” di una certa area politica. Io ne prendevo atto e pensavo che loro volessero sapere come gira la musica per avere argomenti di interlocuzione.
Un ricatto?
In carcere i magistrati mi hanno chiesto: “ma voi chi ricattavate?”. Ho risposto io nessuno e sfido chicchessia a dire se è mai stato ricattato da me. Le pratiche non erano per me, ma per chi le commissionava: lo chieda a loro. Comunque io, con tutto quello che penso di Tronchetti, sono convinto che non sia un ricattatore. Certo, però, che conoscere le notizie serve: si dice da sempre che l’informazione è potere.
Lei aveva anche legami di amicizia e lavoro con Marco Mancini, il capo del controspionaggio…
Sì, da quasi trent’anni. Ma su questo, oggi, c’è il Segreto di Stato. Posso dire, come ho già fatto con la procura, dopo aver chiesto ai magistrati che s’informassero se potevo rispondere, che ho fatto delle attività per conto del Sismi. A verbale ho parlato di due operazioni perché ritenevo, e ritengo, che non ponessero problemi si segretezza anche se erano riservate. Del resto non ho parlato. Comunque la mia collaborazione col servizio risale all’epoca del colonnello Umberto Bonaventura. Era un supporto finalizzato all’attività informativa, operativa e logistica italiana ed estera. Il mio interlocutore di solito era Mancini anche perché io avevo delle fonti che lui non aveva.
Così tra legge che impone la distruzione dei dossier, il segreto di Stato, i silenzi di Tavaroli e quelli della stampa di queste storie nessuno parla più…
I poteri forti esistono. Quando Tavaroli, nelle sue dichiarazioni a Repubblica ha descritto il network “romano” che può influenzare strategie e decisioni di rango politico ed economico, sulla base di quanto mi narrava, ritengo avesse ragione. Tronchetti ha giocato bene le sue carte. Ha trovato i canali attraverso cui poteva essere ascoltato. La situazione è questa. E il fatto che sia diventato vice-presidente di Mediobanca dopo aver lasciato Telecom, per me, la dice lunga. Comunque facciano come credono. A me importa solo che non mi facciano passare per un ladro. Le mie società non erano una cartiera, non facevano fatture false. Lavoravano per Pirelli, Telecom e per le migliori industrie italiane, con un portafoglio clienti di tutto rispetto. E io oggi voglio solo indietro quello che mi spetta.
da il Fatto Quotidiano del 31 gennaio
Politica
Cipriani, lo 007 Telecom: Tronchetti sapeva tutto
Dai dossier su Brancher, Cesa e i Ds, fino alla scedature dei dipendenti. Parla l’uomo dell’archivio Zeta.
“Guardi, funzionava così. Io, quasi ogni settimana, incontravo a Milano Giuliano Tavaroli e gli illustravo il contenuto delle pratiche. Quando il dossier era particolarmente importante, Giuliano nemmeno mi lasciava finire di parlare, che già era al telefono. Come ho raccontato ai pm chiamava la segreteria di Marco Tronchetti Provera o lui direttamente, visto che in azienda era uno dei pochissimi a poterlo fare. Diceva: ‘Dottore sono qui con il fiorentino, ha portato l’esito che aspettavamo, vengo subito’. Poi s’incamminava verso via Negri, dove Tronchetti ha l’ufficio,con il dossier sotto il braccio”.
Eccola qui la verità del “fiorentino”, al secolo Emanuele Cipriani, 49 anni vissuti nell’ombra tra detective privati, servizi segreti e grandi aziende. E anche se viene da un imputato è una verità scomoda. Perché Cipriani, l’uomo che raccoglieva dossier su esponenti del mondo della finanza e della politica – dai Ds a Forza Italia – e che schedava i dipendenti di Telecom e Pirelli, oggi ha un diavolo per capello. Ce l’ha con Tronchetti che nell’inchiesta sullo scandalo della security della compagnia telefonica era ed è rimasto testimone. Ce l’ha con i magistrati che “non sono saliti di livello”. E che, per giunta, gli hanno sequestrato molti milioni di euro considerati frutto di una gigantesca appropriazione indebita ai danni dell’azienda.
Denaro che adesso Cipriani rivuole indietro. “Perché – protesta – è come se mi dicessero che quei soldi li ho rubati. Ma io i reati che ho commesso, li ho ammessi. Ladro però, no. Era tutto fatturato. E a ogni fattura corrispondeva un codice numerico che rimandava ad una pratica, ovvero ad una attività che poteva essere: lecita, illecita o parzialmente lecita. Un lavoro di cui, oltretutto i vertici dell’azienda e Tronchetti, che adesso fa persino finta di non sapere chi sono, erano perfettamente a conoscenza. I miei committenti erano Pirelli e Telecom. Tra i miei clienti, in qualche caso, ci sono stati lo stesso Tronchetti e alcuni suoi avvocati: è tutto riscontrabile”.
D’accordo, Cipriani, le cose staranno pure così. Ma lei come fa a sostenere che Tronchetti fosse al corrente dei metodi usati per raccogliere informazioni? Agli incontri tra lui e Tavaroli lei non partecipava…
Sì, azionisti che fanno domande scomode. In qualche caso sono persino dei ricattatori…
Esatto, in Telecom ce ne erano molti. Ma alcuni di loro erano delle brave persone. Gente laureata, preparata che, come mi diceva Tavaroli, Tronchetti pativa. Lo puntavano da anni e spesso con le loro domande lo mettevano in imbarazzo.
E allora?
Beh, ogni anno Tavaroli mi chiedeva un aggiornamento investigativo sulla loro situazione. Si andava a vedere se c’era qualcosa di negativo su di loro. Li analizzavamo da cima a fondo.
Questo cosa dimostra?
E lei cosa fa?
Non mi pare un reato.
Storiaccia. Ma non chiude il cerchio…
E allora?
Schedature di massa?
Certo.
E i dossier sui politici, invece, a che cosa servivano?
Ma Tronchetti lesse il dossier?
Forse perché Tavaroli nei suoi interrogatori lo ha accuratamente tenuto fuori da tutto. Mentre lo ha tirato in ballo durante sei chiacchierate con Giuseppe D’Avanzo di Repubblica. Si è chiesto il perché di questo atteggiamento da parte di Tavaroli?
Cosa pensò quando vide le sue affermazioni?
Per lei, quindi, non si è voluto indagare a fondo.
Cosa intende dire?
Anche il dossier Oak, quello su presunti conti esteri dei Ds fu disposto in vista di un appuntamento politico?
Tavaroli ha detto a verbale che si era partiti perché si credeva che Oak Fund riguardasse dei dirigenti di Telecom.
Già, come ha fatto?
Il problema, hanno scritto i giornali, è che l’ultimo documento, quello decisivo, è macchiato…
Quindi potrebbe essere falso…
Che cosa vuol dire fonti certificate?
Le polpette avvelenate si vendono anche così…
Certo, però io ho trenta allegati…
Solo che ora nessuno per legge può indagare per sapere se il contenuto dei dossier era falso o meno. Nel 2006 il parlamento con una legge bipartisan ne ha ordinato la distruzione…
Credo di sì, anche se in procura spiegano che i fatti contenuti nel suo dossier non erano recenti. E che l’eventuale ipotesi di reato, la violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, era già caduta in prescrizione. Comunque, Cipriani, le informazioni sui Ds a che servivano?
Un ricatto?
Lei aveva anche legami di amicizia e lavoro con Marco Mancini, il capo del controspionaggio…
Così tra legge che impone la distruzione dei dossier, il segreto di Stato, i silenzi di Tavaroli e quelli della stampa di queste storie nessuno parla più…
da il Fatto Quotidiano del 31 gennaio
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Il faldone “Baffino” scottava: congelato per legge
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Due le sessioni di questo Step by Stem, introdotte da un racconto sul ruolo delle scienziate fatto da Elena Cattaneo, senatrice, farmacologa e biologa nonché docente all’Università di Milano: il primo teso ad approfondire i pregiudizi di genere rispetto alla conoscenza con Amalia Ercoli Finzi, prof. del Politecnico di Milano, Camilla Gaiaschi, sociologa ricercatrice all’Università del Salento, Elsa Fornero, prof. di Economia all’Università di Torino, Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr; il secondo invece alla 'Passione e perseveranza', con il racconto di storie che fanno la differenza come quelle di Marina Brambilla, Rettrice dell’Università degli Studi di Milano, Marica Branchesi, prof. di Astrofisica al Gran Sasso Science Institute, Alaide Chieffo, prof. di Cardiologia Università San Raffaele e presidente european association percutaneous cardiovascular interventions (eapci) 2024-2026, l’attrice e scrittrice Marinella Manicardi, Barbara Mazzolai, direttore associato per la robotica e direttore dell’unità di ricerca di robotica bioispirata all’Istituto italiano di tecnologia di Genova e Chiara Montanari, ingegnere e capo missione in Antartide.
A chiudere la mattinata la storia di Maria Di Mauro, studentessa di ingegneria aerospaziale alla Federico II di Napoli e Alfiere del Lavoro 2024. Un emozionante viaggio tra tante storie personali che hanno illustrato come la grande sfida, come è stato ricordato, debba ancora confrontarsi con il rischio di tornare addirittura indietro e di come il percorso debba essere necessariamente compiuto insieme, dall’universo maschile e quello femminile. Perché la parità è un vantaggio per tutta l’umanità, come più volte ricordato: provarci - e riuscirvi - è un imperativo.
Nel pubblico in ascolto, divertito e ammaliato dalla carrellata di voci, un ricchissimo parterre di ragazzi in età scolare di un territorio, quello dell’Emilia-Romagna, decisamente all'avanguardia nel panorama Stem in Italia, grazie al suo tessuto accademico, da un lato, e industriale, dall’altro. Gli studenti sono stati sollecitati da una grande interattività generata dall’ascolto delle storie, sia attraverso la richiesta di partecipare costruendo insieme una tagcloud di parole che meglio rappresentano la parità e con un gioco di selfie con gli specchi, ispirato alla Sala delle donne del Parlamento, in cui rappresentarsi circondati dalle fotografie delle relatrici. E immaginare il futuro come presente e possibile, proiettandosi nel proprio sogno.
Determinazione, cultura, alleanza, solidarietà; ma anche educazione all’uguaglianza, consapevolezza e collaborazione da parte dei maschi: sono queste le parole più votate dagli studenti tra il pubblico. A fare da contraltare, quella delle relatrici: passione, divertimento, coraggio, fantasia.
Racconta Antonio Danieli, vicepresidente e direttore generale di Fondazione Golinelli: "L'Emilia-Romagna si distingue per un ecosistema scientifico e tecnologico d’eccellenza, in cui ricerca, industria e formazione si integrano per generare innovazione. Eppure, il divario di genere nelle discipline Stem è ancora una sfida importante su cui è fondamentale continuare a lavorare con impegno. Il valore di iniziative come quella di oggi risiede nella capacità di creare connessioni tra scuole, università, imprese e istituzioni, dando voce a modelli di riferimento femminili che possano ispirare le nuove generazioni. Fondazione Golinelli crede fortemente in questo percorso e continuerà a investire in progetti che rendano l’accesso alla conoscenza e all’innovazione un diritto di tutti, senza distinzioni".
Aggiunge Lucia Ghirardini, presidente di Rete Capod: “Senza un ruolo centrale della scuola, cambiare il futuro è impossibile. Su questo si innestano molti dei nostri progetti, volti a sradicare bias e stereotipi nelle nuove generazioni sin dall’infanzia, contribuendo così attivamente ad un cambiamento culturale, incentrato su inclusione, equità ed uguaglianza. Un percorso di scoperta, dove le alleanze sono cruciali e generative e l’evento di oggi ne è una dimostrazione tangibile.”
“La ricchezza degli scambi è stata emozionante anche per noi” conclude Morena Rossi, responsabile dei contenuti di Stem women congress Italia. “I ragazzi e le ragazze presenti ci hanno dimostrato ancora una volta il potere trasformativo dell’ascolto di storie vere: abbiamo bisogno di role model e di una nuova narrazione per rimettere un po’ di ordine nelle vicende e nelle parole che sono sempre state usate per definire il mondo che ci circonda. Eventi come questi sono l’opportunità per nutrire i discorsi e non solo gli algoritmi, di diversità, inclusività ed equità”.
Nato nella penisola iberica e portato in Italia da Orange Media e Women at Business, lo Stem women congress è un format rodato che ha debuttato per la prima volta lo scorso anno nel nostro Paese, coinvolgendo tutti gli attori della filiera: grandi e grandissime aziende, istituzioni, role model e studenti che si sono alternati sul palco costruendo un percorso multiplo su più giornate, chiamate Stem Days, che avrà il suo culmine nel Congresso di Milano il 15 ottobre a Palazzo Castiglioni.
Alla tappa odierna di Bologna, patrocinata dal Mur (ministero dell'Università e della Ricerca), da Regione Emilia-Romagna, Comune e Città Metropolitana di Bologna, seguirà quella del 30 maggio a Roma con un focus sull’orientamento dei giovani, ragazzi e ragazze, verso le competenze più richieste dal mercato del lavoro.
Roma, 21 feb. (Adnkronos Salute) - La Commissione europea (Ce) ha approvato in maniera condizionata belzutifan, inibitore orale del fattore 2 alfa inducibile dall'ipossia (Hif-2α), in monoterapia per 2 indicazioni. La prima riguarda il trattamento di pazienti adulti affetti dalla malattia di Von Hippel-Lindau (Vhl), una patologia rara, che necessitano di terapia per carcinoma a cellule renali (Rcc) localizzato, per emangioblastomi del sistema nervoso centrale (Snc) o per tumori neuroendocrini del pancreas (pNet) associati alla malattia di Vhl e per i quali le procedure locali non sono adeguate. La seconda indicazione riguarda i pazienti adulti affetti da carcinoma del rene (Rcc) a cellule chiare avanzato, progredito dopo 2 o più linee di terapia che includevano un inibitore del recettore di morte programmata di tipo 1 (Pd-1) o del ligando di morte programmata di tipo 1 (Pd-L1) e almeno 2 terapie mirate verso il fattore di crescita endoteliale vascolare (Vegf).
L'approvazione di queste due indicazioni da parte della Ce - riporta una nota diffusa da Msd - si basa sui risultati degli studi Litespark-004 e Litespark-005 e segue la raccomandazione positiva del Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Agenzia europea del farmaco (Ema), lo scorso dicembre. E' la prima approvazione di belzutifan nell'Ue per il farmaco che ora è autorizzato in più di 30 Paesi per i pazienti adulti con Rcc avanzato precedentemente trattati e in più di 40 Paesi negli adulti con alcune forme tumorali associate alla malattia di Vhl. All'Istituto oncologico veneto (Iov) di Padova e all'Ospedale San Raffaele di Milano, 2 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) che svolgono attività di ricerca e assistenza medica avanzata, sono attivi programmi specifici per le persone colpite dalla patologia rara.
"La malattia di Von Hippel-Lindau - spiega Alfonso Massimiliano Ferrara, endocrinologo Unità Tumori ereditari, Iov di Padova - è una sindrome ereditaria, quindi geneticamente determinata, che predispone allo sviluppo di tumori benigni e maligni a carico di diversi organi, dal rene, al pancreas al sistema nervoso centrale. Allo Iov, dal 2003 a oggi, abbiamo seguito 331 pazienti colpiti da questa patologia, appartenenti a 178 diverse famiglie provenienti da tutte le regioni d'Italia. Tra le diverse manifestazioni della sindrome, l'emangioblastoma, in particolare, è un tumore benigno del sistema nervoso centrale, ma poiché si forma in uno spazio ristretto, cioè la scatola cranica se riguarda il cervelletto o il canale vertebrale, se colpisce il midollo spinale può causare complicazioni importanti, fino anche alle tetraplegie. Similmente, alcuni angiomi (alias emangioblastomi) della retina, se non prontamente trattati, possono condurre alla cecità. Negli organi viscerali, come rene e pancreas, si possono formare lesioni cistiche che hanno, per lo più, un comportamento benigno oppure tumori maligni, come il carcinoma a cellule renali o il tumore neuroendocrino del pancreas".
Nella malattia di Vhl "il primo approccio, tradizionalmente, è costituito dalla chirurgia - chiarisce Ferrara - Questi pazienti vengono sottoposti a innumerevoli interventi chirurgici, in media fino a 6-8. L'approvazione di belzutifan da parte della Ce è destinata a cambiare la pratica clinica nei vari Paesi, inclusa l'Italia quando il farmaco sarà rimborsato dall'Agenzia italiana del farmaco. L'arrivo di belzutifan rivoluzionerà l'approccio alla malattia di Vhl nelle sue diverse manifestazioni. Infatti in alcuni casi il trattamento chirurgico o locoregionale non può essere eseguito, pertanto è fondamentale avere a disposizione una terapia sistemica efficace, come evidenziano i risultati dello studio clinico registrativo con significativi tassi di risposta obiettiva".
L'approvazione di belzutifan "rappresenta una svolta decisiva nella gestione dei tumori associati alla malattia di Von Hippel-Lindau – sottolinea Alessandro Larcher, urologo e responsabile del programma Vhl dell'Irccs Ospedale San Raffaele Milano - Questa terapia farmacologica innovativa, la prima in questo ambito, diventa uno strumento fondamentale per la cura delle persone con tumore del rene ereditario, che si affianca alle strategie esistenti di sorveglianza, ablazione e chirurgia. Le persone con carcinoma a cellule renali associato a malattia di Vhl, infatti, sono costrette a subire molti trattamenti ai reni, che possono comprometterne la funzione a lungo termine portando conseguenze come dialisi o trapianto. All'Ospedale San Raffaele è attivo un programma specifico dedicato che affianca la cura dei pazienti con Vhl e la ricerca traslazionale che ha portato al riconoscimento di Clinical Care Center da Vhl Alliance, la più importante associazione di pazienti e medici dedicata, a livello globale".
Dal 2021 "seguiamo oltre 50 famiglie - prosegue Larcher - centralizzando gli esami diagnostici, le valutazioni cliniche ed i trattamenti specialistici. Nel nostro centro, abbiamo eseguito più di 50 interventi chirurgici per oltre 100 carcinomi renali Vhl, sviluppando una tecnica di 'precision surgery' basata su imaging avanzato e combinazione di chirurgia ed ablazione per aumentare al massimo la preservazione di tessuto funzionante riducendo il rischio di insufficienza renale. Anche in centri ad alto volume questi interventi sono complessi dal punto di vista tecnico e pesanti per il paziente. Avere a disposizione una terapia innovativa come belzutifan può ridurre il numero di interventi chirurgici necessari e la loro complessità, con un miglior controllo della malattia. Questa riduzione nell'uso della chirurgia è stata già evidenziata nello studio registrativo, grazie a una un'ottima risposta sui tumori primitivi, a fronte di un buon profilo di tossicità".
I risultati della ricerca clinica su belzutifan "dimostrano il nostro impegno anche nelle neoplasie rare - dichiara Nicoletta Luppi, presidente e amministratrice delegata Msd Italia - Le persone con tumori associati alla malattia di Vhl finora erano prive di opzioni farmacologiche. Belzutifan può cambiare la vita di questi pazienti per i quali esiste un forte bisogno clinico insoddisfatto. Ora è necessario che questa innovazione terapeutica sia resa disponibile quanto prima anche in Italia. Devono essere eliminati i freni normativi e burocratici che ostacolano l'innovazione, definendo anche nuovi meccanismi di accesso precoce. La salute dovrebbe sempre essere considerata un investimento sul futuro e, per questo, necessita di risorse e tempestività".
Aggiunge Marjorie Green, vicepresidente senior e direttore di Oncologia e sviluppo clinico globale, Merck Research Laboratories: "L'approvazione di belzutifan in Ue introduce la prima e unica opzione terapeutica sistemica per i pazienti adulti con alcuni tumori associati alla malattia rara di Vhl, per i quali non sono indicate le procedure localizzate, e offre una nuova opzione ai pazienti adulti con carcinoma renale a cellule chiare, in progressione da un inibitore di Pd-1 o di Pd-L1 e almeno due terapie mirate anti Vegf. E' un momento importante e siamo soddisfatti che belzutifan, primo e unico first-in-class inibitore Hif-2α, possa ora potenzialmente aiutare questi pazienti che ne hanno necessità".
L'approvazione consente la commercializzazione di belzutifan per le sopracitate indicazioni in tutti i 27 Stati membri della Ue, in Islanda, Liechtenstein e Norvegia. I tempi per la disponibilità alla commercializzazione di belzutifan in ogni Paese della Ue dipendono da diversi fattori, tra cui il completamento delle procedure di rimborso a livello nazionale.
Roma, 21 feb. - (Adnkronos) - Con l’avvio dei motori della più grande talpa meccanica del gruppo Webuild in Europa, la prima ad essere operativa sull’alta velocità Salerno-Reggio Calabria, è partito oggi lo scavo della galleria Saginara sul lotto 1A Battipaglia-Romagnano, realizzato da un consorzio di imprese guidato da Webuild per conto di Rfi (gruppo FS Italiane). Lunga circa 130 metri e dal peso di circa 4.000 tonnellate, la Tbm (Tunnel boring machine) 'Partenope' ha una testa fresante da 13,46 metri di diametro che la rende la più grande talpa meccanica impiegata da Webuild in Italia, ma anche in Europa, con 18 motori elettrici che generano una potenza complessiva di 10 Megawatt.
'Partenope' inizia così il suo viaggio attraverso i rilievi della Valle del Sele, scavando h24 e sette giorni su sette i 3 km della galleria Saginara, un tunnel a doppio binario e canna singola che si estende tra i comuni di Campagna e Contursi Terme, in provincia di Salerno. Per il suo funzionamento e manutenzione saranno impiegati in tutto oltre 100 tecnici altamente specializzati. Sul lotto 1A Battipaglia-Romagnano dell’alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria sono complessivamente quattro le talpe che nei prossimi mesi saranno operative per la realizzazione delle 8 gallerie naturali da scavare in meccanizzato previste dal tracciato. Tre di queste sono le più grandi impiegate in Italia, ma anche in Europa, dal Gruppo Webuild.
Oltre a 'Partenope', sono attualmente in fase di trasporto e montaggio altre due gigantesche talpe gemelle, ognuna con una testa rotante di oltre 13 metri: una scaverà nei prossimi mesi le gallerie a doppio binario Serra Lunga, Acerra e Petrolla, l’altra sarà impiegata per lo scavo delle gallerie Caterina e Sicignano, entrambe a doppio binario.
Nelle prossime settimane arriveranno in cantiere anche gli ultimi moduli di una quarta Tbm che sarà impiegata per lo scavo delle gallerie a singolo binario Piano Grassi e Contursi. Questa talpa, dopo aver scavato per il Grand Paris Express in Francia, è la prima ad essere stata 'ricondizionata' direttamente nella innovativa fabbrica di Webuild a Terni, nuovo polo industriale e centro ad alta specializzazione nella rigenerazione di Tbm e di altri macchinari avviato lo scorso anno dal Gruppo.
Webuild vanta ad oggi un parco di circa 60 talpe meccaniche tra quelle in funzione, in montaggio, ordinate e da ordinare per i progetti in corso. In Italia sono circa 40 le Tbm Webuild previste complessivamente per i progetti in corso. Di queste, 30 sono per il sud, area del Paese in cui il Gruppo sta portando avanti 19 progetti, tra i quali le grandi opere che prevedono la realizzazione di oltre 300 chilometri di linea ferroviaria ad alta velocità ed alta capacità. Progetti che già oggi danno occupazione a 8.100 persone, tra diretti e di terzi, con il coinvolgimento di 5.400 aziende della filiera da inizio lavori.
Il lotto 1A, la cui realizzazione è affidata al consorzio Xenia composto da Webuild (leader del consorzio), Pizzarotti, Ghella e Tunnel Pro, ricade nel territorio della provincia di Salerno ed è parte integrante del più ampio progetto per la realizzazione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria. Il lotto 1A, nello specifico, prevede la realizzazione di 35 km di linea ferroviaria veloce tra le città di Battipaglia e Romagnano, incluse 20 gallerie (di cui 8 da scavare con l’impiego di quattro Tbm) e 19 viadotti. Prevista anche la realizzazione a Romagnano di un bivio per l'interconnessione della nuova linea con quella esistente che da Battipaglia va verso Metaponto e Potenza.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Il Comune di Terno d'Isola (Bergamo) non si costituirà parte civile nel processo che vede imputato Moussa Sangare per l'omicidio di Sharon Verzeni avvenuto il 30 luglio 2024. La prima udienza del processo è prevista per martedì 25 febbraio davanti alla Corte d'assise di Bergamo. "Pur sussistendo un pregiudizio istituzionale per l'istituzione comunale, l'amministrazione ha comunque deciso di non partecipare attivamente al processo come parte lesa. Il Comune - si legge in una nota - esprime piena fiducia nell’operato della magistratura e rinnova la propria vicinanza alla comunità e ai familiari della vittima, auspicando che il processo possa fare piena luce sui fatti accaduti e garantire giustizia".
L’omicidio di Sharon Verzeni "ha esercitato un grande impatto sulla vita nel nostro Comune e non solo. La comunità ha nutrito per lunghe settimane un senso di inquietudine e insicurezza, amplificato dal grande risalto che il caso ha avuto nel discorso pubblico e nelle cronache nazionali. Indubbiamente, il tragico episodio ha recato un danno all’immagine del territorio, generando un allarme sul tema della sicurezza" le parole del sindaco di Terno d'Isola, Gianluca Sala.
"I fenomeni di microcriminalità e di disturbo della quiete pubblica non vanno però messi sullo stesso piano del doloroso omicidio di Sharon Verzeni, che non presenta relazione con i problemi pregressi che abbiamo riscontrato sul territorio, per cui ci battiamo da anni attuando un programma di sicurezza urbana concreto, partecipativo e trasversale" aggiunge. L'amministrazione comunale crede che il riscatto di Terno d’Isola "non passi dalle aule del tribunale. Bensì, riteniamo che il rilancio della credibilità del paese debba passare dalla partecipazione civile alla vita pubblica e continuando a investire sul miglioramento della qualità della vita, attraverso opere pubbliche e progetti sociali". Tutto mentre "continueremo ad onorare la memoria di Sharon, consolidando il dialogo con le forze dell'ordine e le istituzioni comunali" conclude il sindaco.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - A sedici anni dall'ultima presenza di un Capo dello Stato, in quel caso Giorgio Napolitano, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, torna in Giappone per una visita ufficiale in programma da lunedì 3 a domenica 9 marzo. Un appuntamento che suggella una fase di svolta nei rapporti tra l'Italia e il Paese del Sol Levante, visto che l'entrata in vigore nel 2023 del Partenariato strategico e il successivo Piano di azione siglato tra i rispettivi Governi l'estate scorsa in occasione del G7 a Borgo Egnazia segnano l'avvio di un rapporto caratterizzato da un nuovo dinamismo, che si preannuncia foriero di conseguenze positive e di prospettive da esplorare, che vanno ad inserirsi in una già collaudata comunanza di vedute e di interessi sul piano politico ed economico.
Basti pensare all'attenzione sempre crescente dell'Italia per le problematiche del Sud-est asiatico, con l'intensificazione di un dialogo a livello Nato e tra Unione europea e Giappone, per il quale il partenariato con gli Stati Uniti rappresenta un pilastro fondamentale, anche per la stabilità dell'Indo-pacifico. Con la necessità per il Paese del Sol Levante di trovare un equilibrio nei rapporti con la Cina, tra tensioni di carattere geopolitico da governare e interessi commerciali da salvaguardare.
Le circa 150 nostre aziende che operano in Giappone e le circa 380 giapponesi che sono nel nostro Paese, il Business-Forum in programma a Roma il prossimo 13 maggio, con la partecipazione di circa 200 imprese nipponiche e italiane, sono invece la dimostrazione di quanto sia rilevante e in crescita la partnership economica, che oltre alla presenza italiana nei tradizionali settori del design, della moda e dell'agroalimentare vede aumentare la collaborazione sul piano industriale e tecnologico. Si inserisce proprio in questo contesto il progetto Gcap per il caccia di sesta generazione basato sulla collaborazione tra Italia, Giappone e Regno Unito.
Si svilupperà quindi lungo questa direttrice il programma della visita di Mattarella, con impegni di carattere istituzionale, economico e culturale. Lunedì 3 marzo alle 19 ora locale (8 ore avanti il fuso orario rispetto all'Italia), il Capo dello Stato vedrà a Tokyo la comunità italiana. Poi il giorno dopo l'incontro con l'imperatore Naruhito e l'imperatrice Masako e i colloqui con gli speaker, rispettivamente, della Camera dei Rappresentanti e della Camera dei Consiglieri. Quindi il concerto del tenore Vittorio Grigolo, offerto dal'Italia alla presenza dei rappresentanti della Casa imperiale.
Mercoledì 5 alle 11 è previsto un confronto del presidente della Repubblica con rappresentanti della Confindustria giapponese ed esponenti dell'imprenditoria italiana, mentre alle 18 Mattarella vedrà il premier giapponese, Shigeru Ishiba.
Nelle giornate di giovedì e venerdì il Capo dello Stato sarà invece a Kyoto, dove sono in programma appuntamenti di carattere artistico e culturale e l'incontro con i nostri connazionali. Particolarmente significativa, anche per i risvolti legati alla attuale e delicata situazione internazionale, l'ultima tappa a Hiroshima, prevista sabato 8 marzo, con la visita al Museo della Pace e l'incontro con l'Associazione dei sopravvissuti ai bombardamenti nucleari e con l'organizzazione Nihon Hidankyo, impegnata per l'abolizione delle armi nucleari e insignita lo scorso anno del Premio Nobel per la pace. Domenica 9 il rientro a Roma.
Roma, 21 feb. - (Adnkronos) - Con il 'ritocco' al rialzo annunciato dal Mef diventa più appetibile il Btp Più, il nuovo titolo di Stato a 8 anni, il cui collocamento si è chiuso alle 13 con quasi 15 miliardi raccolti. Rispetto ai rendimenti originari (2,80% i primi 4 anni e 3,60% i successivi 4) l'aumento annunciato - rispettivamente a 2,85% e 3,70% - rappresenta un incremento complessivo di oltre l'8% sul fronte interessi. Infatti, investendo 10 mila euro, e considerando la trattenuta del 12,5% (inferiore a quella del 26% applicata sui dividendi azionari) in 8 anni il risparmiatore può incassare 2422 euro netti, a fronte dei 2240 euro previsti con i rendimenti 'iniziali'. Un dato che rappresenta un rendimento netto del 3,03% annuo: è questo il dato di riferimento per giudicare la redditività del titolo a fronte dell'inflazione (che inevitabilmente erode il valore delle somme investite). Se la Bce dovesse riuscire nell'intento di mantenere stabilmente la crescita dei prezzi sotto il 2%, allora chi ha investito nel Btp Più potrà dire di aver fatto un buon affare. Ma sull'inflazione, come insegna la storia recente, è difficile fare previsioni.