Dai dossier su Brancher, Cesa e i Ds, fino alla scedature dei dipendenti. Parla l’uomo dell’archivio Zeta.
“Guardi, funzionava così. Io, quasi ogni settimana, incontravo a Milano Giuliano Tavaroli e gli illustravo il contenuto delle pratiche. Quando il dossier era particolarmente importante, Giuliano nemmeno mi lasciava finire di parlare, che già era al telefono. Come ho raccontato ai pm chiamava la segreteria di Marco Tronchetti Provera o lui direttamente, visto che in azienda era uno dei pochissimi a poterlo fare. Diceva: ‘Dottore sono qui con il fiorentino, ha portato l’esito che aspettavamo, vengo subito’. Poi s’incamminava verso via Negri, dove Tronchetti ha l’ufficio,con il dossier sotto il braccio”.
Eccola qui la verità del “fiorentino”, al secolo Emanuele Cipriani, 49 anni vissuti nell’ombra tra detective privati, servizi segreti e grandi aziende. E anche se viene da un imputato è una verità scomoda. Perché Cipriani, l’uomo che raccoglieva dossier su esponenti del mondo della finanza e della politica – dai Ds a Forza Italia – e che schedava i dipendenti di Telecom e Pirelli, oggi ha un diavolo per capello. Ce l’ha con Tronchetti che nell’inchiesta sullo scandalo della security della compagnia telefonica era ed è rimasto testimone. Ce l’ha con i magistrati che “non sono saliti di livello”. E che, per giunta, gli hanno sequestrato molti milioni di euro considerati frutto di una gigantesca appropriazione indebita ai danni dell’azienda.
Denaro che adesso Cipriani rivuole indietro. “Perché – protesta – è come se mi dicessero che quei soldi li ho rubati. Ma io i reati che ho commesso, li ho ammessi. Ladro però, no. Era tutto fatturato. E a ogni fattura corrispondeva un codice numerico che rimandava ad una pratica, ovvero ad una attività che poteva essere: lecita, illecita o parzialmente lecita. Un lavoro di cui, oltretutto i vertici dell’azienda e Tronchetti, che adesso fa persino finta di non sapere chi sono, erano perfettamente a conoscenza. I miei committenti erano Pirelli e Telecom. Tra i miei clienti, in qualche caso, ci sono stati lo stesso Tronchetti e alcuni suoi avvocati: è tutto riscontrabile”.
D’accordo, Cipriani, le cose staranno pure così. Ma lei come fa a sostenere che Tronchetti fosse al corrente dei metodi usati per raccogliere informazioni? Agli incontri tra lui e Tavaroli lei non partecipava…
Sa che cosa sono i disturbatori d’assemblea?
Sì, azionisti che fanno domande scomode. In qualche caso sono persino dei ricattatori…
Esatto, in Telecom ce ne erano molti. Ma alcuni di loro erano delle brave persone. Gente laureata, preparata che, come mi diceva Tavaroli, Tronchetti pativa. Lo puntavano da anni e spesso con le loro domande lo mettevano in imbarazzo.
E allora?
Beh, ogni anno Tavaroli mi chiedeva un aggiornamento investigativo sulla loro situazione. Si andava a vedere se c’era qualcosa di negativo su di loro. Li analizzavamo da cima a fondo.
Questo cosa dimostra?
Mi ascolti. Le racconto un episodio che non ho riferito ai magistrati, anche perché sul punto non mi hanno chiesto niente. Sarà stato il 2003 o il 2004, era comunque l’ultima assemblea da me seguita. Tavaroli riceve una telefonata. È Tronchetti che gli dice “Mi raccomando quello là”. Si riferiva a un docente calabrese, Gianfranco D’Atri, su cui c’è un dossier molto particolareggiato. Giuliano mi spiega che “quello il Dottore lo patisce”.
E lei cosa fa?
Un’attività pesante. Giuliano diceva: “voglio tutto”. In assemblea D’Atri verrà anche controllato di continuo, in gergo diciamo mappato, dagli uomini della security d’accordo con i loro dirigenti e alcuni vertici dell’azienda seduti al fianco di Tronchetti.
Non mi pare un reato.
Sì. Ma io ho un colpo di fortuna. Riesco ad affiancargli una mia fonte. Una persona che mi anticipa quasi tutte le domande che farà a Tronchetti. È un’operazione stile servizi segreti, loro la chiamerebbero un’operazione di manipolazione. Nella notte precendente all’assemblea giro le informazioni a un uomo della security che, come mi viene detto, le veicola a Tronchetti. Il risultato è che il dottore risponde a tutto con tranquillità. Insomma fa una bellissima figura. Mi spieghi lei come poteva pensare che fossero informazioni ottenute lecitamente?
Storiaccia. Ma non chiude il cerchio…
Dice? Io mi sono occupato di business che per Pirelli e Telecom valevano molti milioni di dollari. Le richieste d’informazioni “ordinarie” riguardavano di solito i fornitori o gli aspiranti fornitori: facevamo delle analisi per capire se erano affidabili. In altri casi, chiamiamoli “straordinari”, le richieste erano mirate e dirette all’acquisizione di notizie anche strategiche per Pirelli e Telecom. A richiederle erano i cosiddetti “clienti interni”. I mega dirigenti, spesso della direzione legale o del personale, che ne parlavano con Tavaroli o gli inviavano delle mail che, a volte, mi girava.
E allora?
Questo dimostra che l’azienda era perfettamente al corrente delle modalità, anche illegali, del mio lavoro. E non solo perché Tavaroli mi diceva che le pratiche più importanti e sensibili riguardavano affari che ovviamente Tronchetti seguiva personalmente. Il punto è che venivano spesso raccolte informazioni di natura bancaria e patrimoniale. E visto che il segreto bancario esiste, mi pare che tutti potessero capire che ci si trovava di fronte a qualcosa d’illecito. Per non parlare poi delle schedature di massa…
Schedature di massa?
Sì, se lo ricorda lo scandalo dei primi anni Settanta sulle migliaia di dipendenti Fiat su cui l’azienda di Torino aveva fatto fare dei dossier?
Certo.
Beh, anche noi avevamo fatto qualcosa di simile. Nelle operazioni Scanning e Filtro abbiamo controllato chi aspirava ad entrare in Telecom e in Pirelli. Controlli anche sui precendenti di polizia. I risultati li mandavo alla security che li girava ai dirigenti del personale.
E i dossier sui politici, invece, a che cosa servivano?
Quello sul sottosegretario alle riforme Aldo Brancher lo facemmo perché Tavaroli mi disse che il “dottore” doveva incontrare il leader della Lega, Umberto Bossi. E che per questo “Tronchetti aveva bisogno della sponsorizzazione di Brancher”. Lui mi spiegò che doveva essere pesante, che doveva sapere tutto di lui. Io così partii da una società off-shore che lo collegava a una serie di operazioni speculative. Da lì sono arrivato andato a finire su di lui.
Ma Tronchetti lesse il dossier?
Quando ne riportai l’esito a Giuliano fu una di quelle volte in cui lui gli telefonò per dirgli “è arrivato il fiorentino, vengo subito da lei”. Ma adesso leggo che Tronchetti sostiene di non aver quasi mai visto Giuliano e che Tavaroli si è approfittato della sua fiducia. E il bello è che la magistratura gli ha creduto.
Forse perché Tavaroli nei suoi interrogatori lo ha accuratamente tenuto fuori da tutto. Mentre lo ha tirato in ballo durante sei chiacchierate con Giuseppe D’Avanzo di Repubblica. Si è chiesto il perché di questo atteggiamento da parte di Tavaroli?
Me lo sono chiesto, e non l’ho condiviso. Dico solo che Tavaroli, a distanza di due anni dalle sue dichiarazioni a Repubblica, ha chiesto il patteggiamento e ha chiuso tutto con 4 anni e mezzo di pena. Una pena di fatto già espiata, visto che tre anni sono stati condonati. Insomma forse alla luce del suo patteggiamento la risposta ciascuno se la può dare da solo.
Cosa pensò quando vide le sue affermazioni?
Dopo aver chiuso il giornale, dissi “Finalmente si è deciso a parlare”. Siccome ero contentissimo insistetti con i miei avvocati perché andassero in procura dal dottor Fabio Napoleone a chiedere che cosa sarebbe accaduto. Uno dei miei legali mi riferì la risposta: “Io sono qua, se Tavaroli viene lo verbalizzo”. Mi cascarono le braccia…
Per lei, quindi, non si è voluto indagare a fondo.
Constato quello che è accaduto. Si potevano sentire molte altre persone da me menzionate come a conoscenza del modus operandi nelle aziende Pirelli e Telecom. Pensi solo ai dirigenti che ricevevano i report sul personale d’assumere. Si potevano fare perquisizioni, per riscontrare le mie dichiarazioni. Mi fa poi riflettere il fatto che le registrazioni di alcuni miei interrogatori sui dossier più sensibili politicamente sono state depositate, ma senza trascriverle. Agli atti ci sono i verbali riassuntivi in cui mancano dei nomi che sono quasi certo di avere fatto.
Cosa intende dire?
Le faccio un esempio: il dossier su Lorenzo Cesa, il segretario dell’Udc. Durante un interrogatorio il dottor Napoleone mi dice sorridendo che per certi versi ho anticipato delle situazioni che poi sono emerse nelle indagini di Luigi De Magistris, Poseidone e Why Not. Io gli ho risposto, con altrettanta simpatia: “Ha visto perché mi pagavano bene? Perché dicevano che ero bravo”. Lui si è messo a ridere. Ma era la verità. La procura però per capire perché mi era stata commissionata l’indagine avrebbe dovuto prendere l’agenda di Tronchetti, come avevo suggerito, mi pare ovvio.
Anche il dossier Oak, quello su presunti conti esteri dei Ds fu disposto in vista di un appuntamento politico?
No, quella fu un’inchiesta lunghissima. La chiese Tavaroli per Tronchetti in occasione dell’acquisto del pacchetto di maggioranza di Telecom, insomma subito dopo il suo ingresso.
Tavaroli ha detto a verbale che si era partiti perché si credeva che Oak Fund riguardasse dei dirigenti di Telecom.
No, le dico come è andata. L’ho già detto ma nessuno mi ha creduto. Lui mi chiama e mi dice che devo rientrare dalle ferie “perché il Dottore ha comprato Telecom”. Siamo a fine agosto 2001. Tavaroli ha Il Sole 24 ore sul tavolo. Prende la penna e dice guardando la composizione di Bell, la società Lussembughese, che controllava parte del capitale: questi sono loro. C’era scritto Oak fund: fondo quercia. Io dico ‘ah bene, è uno scherzo?’, lui mi dice ‘no, io ho contezza che sono loro. Il Dottore vuole sapere chi ha in casa’. E io esco con l’articolo in mano, chiedendomi: e adesso come faccio a partire?
Già, come ha fatto?
Come quasi sempre. Dall’inizio, analizzando le notizie su fonti aperte e banche dati accessibili a tutti. Se ci fossero qui i mie faldoni anche lei se ne renderebbe conto. Chiamai a rapporto le mie fonti, tra cui la mia fonte principale per operazioni internazionali, il famoso investigatore inglese “John Poa” e siamo andati avanti gradino per gradino. Abbiamo fatto più di 10 report, con altrettanti schemi riassuntivi, perché il Dottore voleva solo schemi ed “executive summary”, Tavaroli me lo diceva sempre. Il lavoro che fai, lo fai bene. Ma i documenti me li metti dietro. Ed è così venuto fuori un sistema finanziario di altissimo livello. Le famose società finanziarie…
Il problema, hanno scritto i giornali, è che l’ultimo documento, quello decisivo, è macchiato…
No, non è l’ultimo documento. E’ un documento, allegato a uno degli ultimi “executive summary”, ottenuto da una fiduciaria estera di un paese off-shore. Ma è su carta intestata e dentro viene lasciato il corpo. Insomma si legge una frase, se ricordo bene, del tipo: secondo la vostra richiesta vi diciamo che dietro questo conto ci sono queste persone. Poi sono macchiate solo le firme degli amministratori della fiduciaria.
Quindi potrebbe essere falso…
Me lo ha detto anche il dottor Napoleone. Ma io gli ho risposto: peccato che negli ultimi report, tra documenti bancari, telex e carta con le firme macchiate ci saranno una trentina di allegati. Ipotizziamo che mi abbiano truffato al 50 per cento, ma mi pare che basti. E poi tenga conto che le mie fonti sono persone con cui ho lavorato per più di dieci anni e non mi hanno mai dato un’informazione sbagliata. Le stesse aziende Pirelli e Telecom ne hanno certificato l’affidabilità.
Che cosa vuol dire fonti certificate?
Significa che ci sono stati dei dirigenti costretti alle dimissioni sulla base dei miei dossier. Dirigenti che oggi non si sono costituiti parte civile contro di me. Eppure in quei fascicoli si parla di loro conti esteri, di bonifici bancari oltre frontiera, insomma di infedeltà aziendale. È tutta gente che è stata dimissionata con tanto di lettera di benemerenza di Tronchetti. Insomma, erano Telecom e Pirelli che mi confermavano che le mie fonti erano buone, perché quei dirigenti erano stati visti “in difficoltà” da Tronchetti. E allora, se erano buone quando io facevo cacciare i dirigenti, perché non dovevano essere buone su Oak?
Le polpette avvelenate si vendono anche così…
Certo, però io ho trenta allegati…
Solo che ora nessuno per legge può indagare per sapere se il contenuto dei dossier era falso o meno. Nel 2006 il parlamento con una legge bipartisan ne ha ordinato la distruzione…
Interviene Francesco Caroleo Grimaldi, avvocato di fiducia di Cipriani, assieme a Vinicio Nardo: “Sulla base dei dossier non si può aprire un’indagine. Ma sulla base delle dichiarazioni del nostro assistito sì. E infatti ci lascia interdetti che oggi si colpisca l’autore delle investigazioni e che viceversa restino immuni chi ha dato l’incarico delle investigazioni e i soggetti destinatari di ipotesi di reato oggetto delle investigazioni”. Cipriani continua: “Io penso che se era difficoltoso fare le verifiche sull’estero, c’era abbondante materiale su persone fisiche e societarie italiane che avevo individuato come fiduciari italiani, alcuni dei quali addirittura lombardi. Queste cose andavano verificate”.
Credo di sì, anche se in procura spiegano che i fatti contenuti nel suo dossier non erano recenti. E che l’eventuale ipotesi di reato, la violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, era già caduta in prescrizione. Comunque, Cipriani, le informazioni sui Ds a che servivano?
Tavaroli diceva che le avrebbe gestite il dottore nelle sue attività romane. Perché Telecom , sosteneva, era un patrimonio romano ed un “feudo” di una certa area politica. Io ne prendevo atto e pensavo che loro volessero sapere come gira la musica per avere argomenti di interlocuzione.
Un ricatto?
In carcere i magistrati mi hanno chiesto: “ma voi chi ricattavate?”. Ho risposto io nessuno e sfido chicchessia a dire se è mai stato ricattato da me. Le pratiche non erano per me, ma per chi le commissionava: lo chieda a loro. Comunque io, con tutto quello che penso di Tronchetti, sono convinto che non sia un ricattatore. Certo, però, che conoscere le notizie serve: si dice da sempre che l’informazione è potere.
Lei aveva anche legami di amicizia e lavoro con Marco Mancini, il capo del controspionaggio…
Sì, da quasi trent’anni. Ma su questo, oggi, c’è il Segreto di Stato. Posso dire, come ho già fatto con la procura, dopo aver chiesto ai magistrati che s’informassero se potevo rispondere, che ho fatto delle attività per conto del Sismi. A verbale ho parlato di due operazioni perché ritenevo, e ritengo, che non ponessero problemi si segretezza anche se erano riservate. Del resto non ho parlato. Comunque la mia collaborazione col servizio risale all’epoca del colonnello Umberto Bonaventura. Era un supporto finalizzato all’attività informativa, operativa e logistica italiana ed estera. Il mio interlocutore di solito era Mancini anche perché io avevo delle fonti che lui non aveva.
Così tra legge che impone la distruzione dei dossier, il segreto di Stato, i silenzi di Tavaroli e quelli della stampa di queste storie nessuno parla più…
I poteri forti esistono. Quando Tavaroli, nelle sue dichiarazioni a Repubblica ha descritto il network “romano” che può influenzare strategie e decisioni di rango politico ed economico, sulla base di quanto mi narrava, ritengo avesse ragione. Tronchetti ha giocato bene le sue carte. Ha trovato i canali attraverso cui poteva essere ascoltato. La situazione è questa. E il fatto che sia diventato vice-presidente di Mediobanca dopo aver lasciato Telecom, per me, la dice lunga. Comunque facciano come credono. A me importa solo che non mi facciano passare per un ladro. Le mie società non erano una cartiera, non facevano fatture false. Lavoravano per Pirelli, Telecom e per le migliori industrie italiane, con un portafoglio clienti di tutto rispetto. E io oggi voglio solo indietro quello che mi spetta.
da il Fatto Quotidiano del 31 gennaio
Politica
Cipriani, lo 007 Telecom: Tronchetti sapeva tutto
Dai dossier su Brancher, Cesa e i Ds, fino alla scedature dei dipendenti. Parla l’uomo dell’archivio Zeta.
“Guardi, funzionava così. Io, quasi ogni settimana, incontravo a Milano Giuliano Tavaroli e gli illustravo il contenuto delle pratiche. Quando il dossier era particolarmente importante, Giuliano nemmeno mi lasciava finire di parlare, che già era al telefono. Come ho raccontato ai pm chiamava la segreteria di Marco Tronchetti Provera o lui direttamente, visto che in azienda era uno dei pochissimi a poterlo fare. Diceva: ‘Dottore sono qui con il fiorentino, ha portato l’esito che aspettavamo, vengo subito’. Poi s’incamminava verso via Negri, dove Tronchetti ha l’ufficio,con il dossier sotto il braccio”.
Eccola qui la verità del “fiorentino”, al secolo Emanuele Cipriani, 49 anni vissuti nell’ombra tra detective privati, servizi segreti e grandi aziende. E anche se viene da un imputato è una verità scomoda. Perché Cipriani, l’uomo che raccoglieva dossier su esponenti del mondo della finanza e della politica – dai Ds a Forza Italia – e che schedava i dipendenti di Telecom e Pirelli, oggi ha un diavolo per capello. Ce l’ha con Tronchetti che nell’inchiesta sullo scandalo della security della compagnia telefonica era ed è rimasto testimone. Ce l’ha con i magistrati che “non sono saliti di livello”. E che, per giunta, gli hanno sequestrato molti milioni di euro considerati frutto di una gigantesca appropriazione indebita ai danni dell’azienda.
Denaro che adesso Cipriani rivuole indietro. “Perché – protesta – è come se mi dicessero che quei soldi li ho rubati. Ma io i reati che ho commesso, li ho ammessi. Ladro però, no. Era tutto fatturato. E a ogni fattura corrispondeva un codice numerico che rimandava ad una pratica, ovvero ad una attività che poteva essere: lecita, illecita o parzialmente lecita. Un lavoro di cui, oltretutto i vertici dell’azienda e Tronchetti, che adesso fa persino finta di non sapere chi sono, erano perfettamente a conoscenza. I miei committenti erano Pirelli e Telecom. Tra i miei clienti, in qualche caso, ci sono stati lo stesso Tronchetti e alcuni suoi avvocati: è tutto riscontrabile”.
D’accordo, Cipriani, le cose staranno pure così. Ma lei come fa a sostenere che Tronchetti fosse al corrente dei metodi usati per raccogliere informazioni? Agli incontri tra lui e Tavaroli lei non partecipava…
Sì, azionisti che fanno domande scomode. In qualche caso sono persino dei ricattatori…
Esatto, in Telecom ce ne erano molti. Ma alcuni di loro erano delle brave persone. Gente laureata, preparata che, come mi diceva Tavaroli, Tronchetti pativa. Lo puntavano da anni e spesso con le loro domande lo mettevano in imbarazzo.
E allora?
Beh, ogni anno Tavaroli mi chiedeva un aggiornamento investigativo sulla loro situazione. Si andava a vedere se c’era qualcosa di negativo su di loro. Li analizzavamo da cima a fondo.
Questo cosa dimostra?
E lei cosa fa?
Non mi pare un reato.
Storiaccia. Ma non chiude il cerchio…
E allora?
Schedature di massa?
Certo.
E i dossier sui politici, invece, a che cosa servivano?
Ma Tronchetti lesse il dossier?
Forse perché Tavaroli nei suoi interrogatori lo ha accuratamente tenuto fuori da tutto. Mentre lo ha tirato in ballo durante sei chiacchierate con Giuseppe D’Avanzo di Repubblica. Si è chiesto il perché di questo atteggiamento da parte di Tavaroli?
Cosa pensò quando vide le sue affermazioni?
Per lei, quindi, non si è voluto indagare a fondo.
Cosa intende dire?
Anche il dossier Oak, quello su presunti conti esteri dei Ds fu disposto in vista di un appuntamento politico?
Tavaroli ha detto a verbale che si era partiti perché si credeva che Oak Fund riguardasse dei dirigenti di Telecom.
Già, come ha fatto?
Il problema, hanno scritto i giornali, è che l’ultimo documento, quello decisivo, è macchiato…
Quindi potrebbe essere falso…
Che cosa vuol dire fonti certificate?
Le polpette avvelenate si vendono anche così…
Certo, però io ho trenta allegati…
Solo che ora nessuno per legge può indagare per sapere se il contenuto dei dossier era falso o meno. Nel 2006 il parlamento con una legge bipartisan ne ha ordinato la distruzione…
Credo di sì, anche se in procura spiegano che i fatti contenuti nel suo dossier non erano recenti. E che l’eventuale ipotesi di reato, la violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, era già caduta in prescrizione. Comunque, Cipriani, le informazioni sui Ds a che servivano?
Un ricatto?
Lei aveva anche legami di amicizia e lavoro con Marco Mancini, il capo del controspionaggio…
Così tra legge che impone la distruzione dei dossier, il segreto di Stato, i silenzi di Tavaroli e quelli della stampa di queste storie nessuno parla più…
da il Fatto Quotidiano del 31 gennaio
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Per chi suona la Campania
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Il faldone “Baffino” scottava: congelato per legge
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Roma, 21 feb. (Adnkronos) - “Credo che, sotto il profilo geo culturale un'enfasi forte sul consesso europeo sia strettamente necessario perché ritengo che si stia perdendo culturalmente un ruolo che il nostro contesto geografico politico ha sempre avuto. Con il linguaggio dei numeri, il valore delle nostre imprese in relazione al totale delle imprese del mondo non è sceso, è crollato in modo ingiustificato. Se confrontate il 2005 con il 2024, vi accorgete che il prodotto interno lordo dell'Europa è passato dal 35% del totale del mondo al 20%. Siamo scesi come peso e come significatività. Se poi andiamo a vedere il peso delle società quotate, nel 2005 e oggi, troviamo che è passato dal 35% del totale a meno del 15%”. Così Maurizio Dallocchio, professore ordinario università Bocconi, intervenendo oggi a Firenze al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia, la due giorni interamente dedicata al confronto tra le parti politiche, le Istituzioni e i cittadini.
Nel mondo, “le banche europee, sono irrilevanti - aggiunge Dallocchio - La prima banca europea per dimensione di capitalizzazione è dopo il numero 20. Nelle prime 10 ce ne sono 4 americane, 4 cinesi, una della Gran Bretagna e una giapponese. Non ce n'è una europea. Le banche europee, per finanziare le imprese europee, sono fortissime, sono importantissime - evidenzia il professore - Se consideriamo 100 il debito delle imprese europee, 75 è debito bancario e solo 25% è legato ai mercati e all'emissione di titoli obbligazionari. Credo che se partiamo da questi numeri ci rendiamo contro che stiamo diventando, in qualche modo, preda, sotto il profilo economico. Ma - avverte il professore - l'economia influisce sulla politica e sulla società ed evidentemente dà un impulso numerico alla cultura prevalente”.
C’è una concentrazione geopolitica delle maggiori imprese del mondo. “Tra le prime otto per capitalizzazione di borsa, sette sono statunitensi, l'altra è saudita e fa petrolio - illustra l’esperto - Quella che capitalizza di più in borsa, che vale 3.600 miliardi di dollari, molto di più del debito pubblico italiano per intenderci, quasi il doppio del Pil italiano, è una società che appartiene al settore tecnologico. Le sette americane sono tutte imprese tecnologiche. Per cui il secondo elemento di concentrazione, il settoriale, è potentissimo. Le prime otto società per capitalizzazione di borsa, nel 2005, l'anno di riferimento che ho preso insieme al 2024, erano presenti in sei settori diversi: il farmaceutico, diversificato, la grande distribuzione, il bancario, l'oil and gas e le tecnologie. Oggi i settori presenti sono, praticamente, uno”.
Inoltre, “la capitalizzazione di borsa delle prime cinque società al mondo per capitalizzazione - rimarca il professore - valgono il 30% del mercato di tutto il mondo. La sola, Nvidia, che è legata al mondo dell'intelligenza artificiale, da sola pesa una 1,6 tutta la borsa tedesca: una concentrazione dimensionale incredibile, mai esistita in passato. Altamente preoccupante è che si tratta di realtà proprietarie. Nel 2005, delle grandi imprese che connotavano il mondo, la concentrazione della proprietà era altamente diffusa. Nessuno possedeva più del 7 - 8 - 9%. Oggi, le prime otto società per capitalizzazione, si rifanno al nome di un padrone. Sotto il profilo evidentemente economico, finanziario, ma anche sociale e culturale, ha un impatto sul mondo che è straordinario”.
Come Europa, “se vogliamo tornare ad avere il ruolo sotto il profilo culturale in primo luogo sotto il profilo economico e sociale - suggerisce Dallocchio - è necessario accettare che ci sia un debito comune, è necessario provvedere a una difesa comune, al rilancio dei mercati e della finanza, intesa nel senso buono, dei soldi che finiscono alle aziende proveniendo dalle famiglie. È necessaria una fiscalità omogenea ed è necessario prendere consapevolezza del fatto che se vuoi essere competitivo devi investire in tecnologie e in intelligenza, che poi naturale o artificiale, con una visione di lungo periodo che porti a credibilità, a sostenibilità, a visibilità, a credito, che si trasformi anche in credito culturale della nostra Europa”. In questo contesto, l’Italia “è un Paese che paga una valanga di tasse. Partiamo da un livello di tassazione che, rispetto ad altri Paesi è mostruosamente superiore”. Va bene la rottamazione delle cartelle esattoriali? “Si, ma cum grano salis”, conclude.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Le elezioni federali del 23 febbraio 2025 sono un momento cruciale non solo per la Germania ma per l’intero panorama politico europeo e internazionale. Per approfondire l'impatto di questo appuntamento elettorale, Adnkronos organizza una diretta speciale targata Eurofocus, direttamente dalla residenza di Hans-Dieter Lucas, l’ambasciatore tedesco a Roma.
Condotto dal direttore Davide Desario e dai vicedirettori Fabio Insenga e Giorgio Rutelli, con la partecipazione dei giornalisti Adnkronos Mara Montanari e Otto Lanzavecchia, lo speciale di domenica comincerà alle 17 e vedrà la partecipazione di molti ospiti italiani e tedeschi, con continui collegamenti anche da Berlino, Francoforte e Bruxelles.
Alle 18, con la chiusura dei seggi e la diffusione degli exit poll, è prevista l’analisi dei primi risultati. Alle 19 un panel di esperti si confronterà sugli scenari del post-voto: quali le coalizioni possibili, e quali i rapporti di forza tra i partiti. Tra le 20 e le 21, infine, il commento della Elefantenrunde, la “tavola rotonda degli elefanti”, confronto tra i leader politici in onda sulle tv tedesche. Un'occasione unica per leggere i risultati, le prospettive e le possibili conseguenze di queste elezioni sul futuro dell'Unione Europea, delle relazioni transatlantiche e degli equilibri globali.
Lo speciale sarà trasmesso sulla homepage e sul canale Youtube di Adnkronos, con 400 siti collegati tra testate nazionali e network locali online. Le notizie sulle elezioni saranno lanciate in tempo reale dall’agenzia, analisi e interviste pubblicate sulportale Eurofocus.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - "La politica deve essere capace di guidare la narrazione, le trasformazioni, non deve essere esecutrice di decisioni raggiunte in altri ambiti. Meritocrazia Italia chiede un rinascimento della politica, per questo siamo a Firenze. La politica non è solo nei palazzi, parte dal basso e abbiamo ambizioni grandi, anche oltre confine". Lo ha detto Zenaide Crispino, ministro MI Turismo, Cultura, Impresa e Territorio, nel suo intervento al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia in corso a Firenze.
"La geopolitica e la geo cultura si muovono in un gioco di specchi - spiega Crispino - perché si condizionano reciprocamente e il momento storico che viviamo ci pone di fronte a degli scontri asimmetrici. C'è un occidente che si dibatte per mantenere la geocultura, anche al cospetto di un sistema che manifesta delle crepe e delle fragilità. Ci sono Paesi come quelli del Golfo, l'India, la Cina che vogliono riscrivere le regole proprio della geopolitica, si muovono tra capitalismo e autoritarismo, tra egemonia e soft power. Le guerre vogliono riscrivere le frontiere del diritto internazionale. Poi c'è l'Europa, che sembra un po' dispersa tra questi giganti”. A livello internazionale, “sicuramente l'elezione di Trump vede degli Stati Uniti che accelerano sull'indipendenza energetica - illustra - ma che, nello stesso tempo, si svincolano da trattati internazionali che sono stati stilati proprio per una visione coesa internazionale contro il cambiamento climatico. C'è la Cina che, pur essendo uno dei paesi più inquinanti al mondo, ha il monopolio nella produzione delle tecnologie green. C'è l'Europa che insegue, una transizione ecologica giusta, ma tante volte anche ideologica. Ci siamo persi, a volte, perché scollati dalle esigenze delle economie reali".
Ma "l'ambiente non è solo un problema climatico, è anche un problema di sicurezza - sottolinea Crispino - perché dove ci sono delle crisi climatiche si evidenziano anche spesso delle crisi umanitarie e migratorie. Anche in questo caso la politica e la cultura non possono discostarsi l'una dall'altro. Tante volte meritocrazia ha chiesto l'integrazione reale che si basa sull'incontro di quelle culture che vengono in contatto, che restituiscano la tolleranza a chi deve ospitare e la dignità a chi viene ospitato. Questo, a dispetto di un'accoglienza indiscriminata, che invece crea quelle bolle di subcultura che genere illegalità e quindi intolleranza. Anche la giustizia è un elemento essenziale nell'immaginario collettivo. La giustizia deve essere percepita come equa, certa, svincolata dalla burocrazia, deve restituire sicurezza, certezza del diritto, ma anche della pena". Rimarcando l’importanza della politica, Crispino conclude mettendo in guarda sull’affacciarsi di "protagonisti, che sono soggetti privati, che perché dispongono di un potere finanziario tale, hanno la possibilità di gestire asset strategici, la comunicazione, la sicurezza, l'intelligenza artificiale, le energie rinnovabili, fino alla conquista dello spazio. Il mio riferimento non è velato, sto parlando Musk, ovviamente".
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - "Stiamo assistendo a dei profondi cambiamenti. Non so se la geopolitica salverà il mondo, credo che la diplomazia lo possa fare, con tutte le dovute cautele. Il lavoro delle diplomazie di tutto il mondo" è "sempre stato fondamentale per evitare guerre o farle finire e questo è un momento in cui, nel quadrante dove lavoro io, cioè nel Golfo ma anche nel resto del Medio Oriente, stiamo assistendo, dopo oltre un anno, a qualche buona notizia. Cessate il fuoco a Gaza, cessate il fuoco in Libano. Ci sono stati dialoghi interregionali che sicuramente fanno sperare in una nuova fase. Tutto è ancora molto fragile e quindi dovremmo lavorarci con enorme forza". Lo ha detto Luigi Di Maio, rappresentante speciale dell’Ue per la regione del Golfo, intervenendo oggi a Firenze al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia, la due giorni interamente dedicata al confronto tra le parti politiche, le Istituzioni tutte e i cittadini.
"Sicuramente questo è un momento in cui a livello internazionale è meglio non lavorare da soli - aggiunge Di Maio - Più si può stare insieme e si può lavorare insieme ai nostri alleati, ai nostri partner, meglio è. L'illusione che si possa fare, si possa affrontare le dinamiche geopolitiche da soli è qualcosa che appartiene a un passato, neanche di grande successo, e questo è pienamente in linea anche con lo spirito con cui il governo italiano sta affrontando questo momento. Molti si meravigliano che l'incontro tra Trump e Putin possa avvenire in Arabia Saudita, ma l’Arabia Saudita ha costruito una politica estera, soprattutto nei momenti di grande polarizzazione del mondo. Dopo il Covid sui vaccini o dopo l'aggressione russa all'Ucraina, è chiaro ed evidente che questi Paesi" del Golfo “hanno investito in una politica multipolare, come la chiamano, e oggi riescono a dialogare con tutti, anche con gli europei, da una posizione molto credibile, evidentemente".
Tale situazione "non riguarda soltanto i sauditi - conclude Di Maio - Gli emiratini nell'ultimo anno hanno negoziato il rilascio di prigionieri sia russi che ucraini, per oltre 2000 persone, i catarini hanno fatto rientrare i bambini ucraini in Ucraina dalla Russia, grazie ad una mediazione tra Russia e Ucraina e così via. Assistiamo a un Golfo, il paese e la regione in cui lavoro, che diventa sempre più un hub per mediazioni diplomatiche e facilitazioni diplomatiche. La buona notizia è che noi", come italiani "abbiamo ottimi rapporti con loro e siamo partner strategici di questi paesi. Lo dico senza nessun interesse, e come una persona che sicuramente ha avuto anche diverse discussioni, con gli attuali leader politici: credo che siamo in un momento europeo in cui l'Italia si sta dimostrando uno dei paesi più stabili politicamente e questa non è una cosa da poco. Dobbiamo cercare di ricostruire sempre più una politica che tenga al centro l'interesse europeo, abbiamo bisogno adesso di mettere al centro l'interesse europeo".
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Nella riforma della giustizia "il problema è nella narrazione. Conosco centinaia di colleghi assolutamente onesti, desiderosi di esprimersi in collettività. Definire i gruppi come delle correnti, gruppi di potere per alterare il meccanismo della giustizia, non corrisponde alla realtà globale che conosco”. Così Cesare Parodi, presidente Associazione nazionale magistrati, partecipando focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia in corso a Firenze, sottolinea che “gli interlocutori per Anm sono tutti, quindi anche con il governo: anche in un momento difficile come questo, se qualcuno è disposto ad ascoltarci, la porta è aperta. È un principio irrinunciabile, ma serve una volontà. La speranza è che ci possa essere un dialogo assolutamente franco, leale e costruttivo da entrambe le parti".
Sulla geopolitica "l’unica cosa sensata che posso dire - aggiunge Parodi - è una profonda e profondissima preoccupazione a livello internazionale con prospettive molto pericolose e negative, non solo a livello bellico, ma anche per le ricadute economiche che possono verificarsi. Da cittadino, prima che da magistrato, chiederei una maggiore capacità di sedersi intorno al tavolo. Sono morti troppi ragazzi russi e ucraini. Il sentimento di preoccupazione penso possa essere condiviso".
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Il Senato della Repubblica ha deciso di ricordare il terzo anniversario dell'invasione dell'Ucraina. Lunedì 24 febbraio la facciata di Palazzo Madama sarà illuminata con i colori della bandiera ucraina dalle ore 18 fino alle 7 del giorno successivo.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Nessun ordine di cancellare il video, ma una 'diffida' a divulgarlo. E' questa la spiegazione fornita da carabinieri, indagati per depistaggio e favoreggiamento, sentiti in procura a Milano nell'inchiesta sull'incidente accaduto la sera del 24 novembre nel quartiere Corvetto dove ha perso la vita Ramy Elgaml, 19 anni di origine egiziana. I due militari sono arrivati con una terza gazzella quando il T Max era già a terra e un collega stava praticando il massaggio cardiaco al diciannovenne. I militari, che hanno identificato il giovane che stava filmando, gli avrebbero chiesto di non mostrare le immagini perché dal contenuto fortemente sensibile.