“Bè, il mio è progetto musicale che parte da anni – racconta Immanuel -, dove c’è sia una componente ludica, sia una sfera di ricerca artistica e di descrizione sociale”. Insomma, sulla scia del documentario “Videocracy” di Erik Gandini, anche lui cerca “di mettere in luce la nostra società interpretando uno stereotipo che poi si commenta da solo”. Quindi ragazze seminude pronte a ogni compromesso pur di arrivare e il sesso come unica merce di scambio.
Griffe, Costa Smeralda, Montecarlo, sale da gioco. Droga. “C’è molta attualità – continua il re del ‘Porn Groove‘ – anche se sarebbe stato molto semplice mettere dei riferimenti a persone, magari a Silvio Berlusconi e Fabrizio Corona, ma tutto si sarebbe esaurito in una parodia. In realtà volevo fare un affresco di un’epoca. Perché il pezzo non parla né di prostituzione, né di ricchezza, bensì di una sorta di aspirazione generazionale, al raggiungimento di uno status”.
Uno status promosso dal “ruolo ‘didattico’ della politica: è attraverso chi ci governa che arriva la legittimazione”. Bene. Comunque, ecco concerti, serate, inviti. E qualche inconveniente: “Che regali mi fanno i fans? Sono molto eterogenei, qualcuna mi tira il reggiseno sul palco, o gli slip. Ma una volta è andata peggio, molto peggio: in ‘Anal beat’ canto ‘non ti negherò il mio deretano, te lo consegnerò chiavi in mano’. Ebbene, a Perugia sono stato linciato da una serie di mazzi di chiavi con su scritto il ‘mio deretano’”.
Nessuna ferita permanente… “Se questo lavoro mi ha portato vantaggio con le donne? No! Ho una relazione stabile, non mi interessa. Forse era meglio non dirlo. Vabbè, oramai è andata”.
“Tutto ora, tutto vero, tutto dentro, tutto in nero…”.