Ieri ho conosciuto Fabri Fibra, il rapper. Abbiamo chiacchierato a lungo. A un certo punto si è parlato della vergogna. Chi si vergogna più di qualcosa? Meglio: che deve fare uno, nell’Italia di oggi, per vergognarsi? Se ne occupa anche lo scrittore Marco Belpoliti nel suo ultimo libro “Senza vergogna” (ed. Guanda). La risposta è che la soglia del vergognoso s’è talmente abbassata sotto il livello del mare che abbiamo dovuto attendere Claudio Scajola col suo “se scopro chi mi ha pagato la casa…” per intravedere un barlume di rossore sulle sue gote.
Ma è durato l’espace d’un matin. Poi si è tornati ai senzavergogna di sempre. Bertolaso dice che l’affitto del suo pied à terre in via Giulia, siccome non lui lo pagava ma nega pure che lo pagasse Anemone tramite Zampolini, “non lo pagava nessuno”. Forse interveniva direttamente lo Spirito Santo, tramite l’apposito cardinal Sepe. Poi c’è Brancher, primo caso di ministro trovatello, figlio di N.N.: si pensava l’avesse imposto Bossi con gran scorno dei finiani e dei forzisti, ma Bossi dice che non ne sapeva nulla e che l’unico ministro del federalismo è lui; e allora forse s’è imposto da solo per strappare un legittimo impedimento e sfuggire al processo per i soldi di Fiorani (finora gli era negato, era solo sottosegretario); oppure l’ha imposto lo Spirito Santo.
Poi c’è il cardinal Sepe, che con quella faccia tira in ballo Gesù sul Calvario a proposito delle sue faccende di casette & mazzette: un cardinale che bestemmia in chiesa. Poi c’è Vittorio Feltri, che sul Giornale titola a tutta prima pagina: “La Chiesa sotto attacco”. Forse ce l’ha col Giornale di Vittorio Feltri, che un anno fa mise in prima pagina il direttore di Avvenire, Dino Boffo, spacciando per informativa di polizia una lettera anonima sulla sua presunta omosessualità.
“Finire sui giornali – scrive infatti Feltri – quale protagonista di torbide vicende credo sia una sofferenza atroce per tutti”. Ma sì, deve avercela proprio con se stesso, meglio tardi che mai. Ah no, scusate, non avevo letto le righe seguenti: ce l’ha coi giudici che hanno rinviato a giudizio don Gelmini per molestie sessuali su una decina di ragazzi della comunità Incontro. Poi c’è Marcello Lippi, che dà dei “banditi” ai giornalisti che osano fargli domande come un Berlusconi qualunque, solo che almeno Berlusconi vince, mentre lui pareggia con le pippe del Paraguay e della Nuova Zelanda.
E poi c’è il Pd, che come sempre sta al passo coi tempi: animata discussione sull’opportunità di farsi chiamare compagni dall’attore Gifuni, dibattito che promette di durare l’intera estate e una parte d’autunno. Intanto il Tg1 dedica un servizio al tema: “Non ci sono più le mezze stagioni”. Testuale. Per chi vuol fare il giornalista non s’è mai visto un periodo migliore, infatti arrivano in Italia colleghi da tutto il mondo. E’ come allo zoo, anzi al circo: più gente entra più bestie si vedono. Un giornale per raccontare tutto non basta, ci vuole come minimo anche un sito.
Marco Travaglio
Direttore de Il Fatto Quotidiano e scrittore
Cronaca - 22 Giugno 2010
I senza vergogna
Ieri ho conosciuto Fabri Fibra, il rapper. Abbiamo chiacchierato a lungo. A un certo punto si è parlato della vergogna. Chi si vergogna più di qualcosa? Meglio: che deve fare uno, nell’Italia di oggi, per vergognarsi? Se ne occupa anche lo scrittore Marco Belpoliti nel suo ultimo libro “Senza vergogna” (ed. Guanda). La risposta è che la soglia del vergognoso s’è talmente abbassata sotto il livello del mare che abbiamo dovuto attendere Claudio Scajola col suo “se scopro chi mi ha pagato la casa…” per intravedere un barlume di rossore sulle sue gote.
Ma è durato l’espace d’un matin. Poi si è tornati ai senzavergogna di sempre. Bertolaso dice che l’affitto del suo pied à terre in via Giulia, siccome non lui lo pagava ma nega pure che lo pagasse Anemone tramite Zampolini, “non lo pagava nessuno”. Forse interveniva direttamente lo Spirito Santo, tramite l’apposito cardinal Sepe. Poi c’è Brancher, primo caso di ministro trovatello, figlio di N.N.: si pensava l’avesse imposto Bossi con gran scorno dei finiani e dei forzisti, ma Bossi dice che non ne sapeva nulla e che l’unico ministro del federalismo è lui; e allora forse s’è imposto da solo per strappare un legittimo impedimento e sfuggire al processo per i soldi di Fiorani (finora gli era negato, era solo sottosegretario); oppure l’ha imposto lo Spirito Santo.
Poi c’è il cardinal Sepe, che con quella faccia tira in ballo Gesù sul Calvario a proposito delle sue faccende di casette & mazzette: un cardinale che bestemmia in chiesa. Poi c’è Vittorio Feltri, che sul Giornale titola a tutta prima pagina: “La Chiesa sotto attacco”. Forse ce l’ha col Giornale di Vittorio Feltri, che un anno fa mise in prima pagina il direttore di Avvenire, Dino Boffo, spacciando per informativa di polizia una lettera anonima sulla sua presunta omosessualità.
“Finire sui giornali – scrive infatti Feltri – quale protagonista di torbide vicende credo sia una sofferenza atroce per tutti”. Ma sì, deve avercela proprio con se stesso, meglio tardi che mai. Ah no, scusate, non avevo letto le righe seguenti: ce l’ha coi giudici che hanno rinviato a giudizio don Gelmini per molestie sessuali su una decina di ragazzi della comunità Incontro. Poi c’è Marcello Lippi, che dà dei “banditi” ai giornalisti che osano fargli domande come un Berlusconi qualunque, solo che almeno Berlusconi vince, mentre lui pareggia con le pippe del Paraguay e della Nuova Zelanda.
E poi c’è il Pd, che come sempre sta al passo coi tempi: animata discussione sull’opportunità di farsi chiamare compagni dall’attore Gifuni, dibattito che promette di durare l’intera estate e una parte d’autunno. Intanto il Tg1 dedica un servizio al tema: “Non ci sono più le mezze stagioni”. Testuale. Per chi vuol fare il giornalista non s’è mai visto un periodo migliore, infatti arrivano in Italia colleghi da tutto il mondo. E’ come allo zoo, anzi al circo: più gente entra più bestie si vedono. Un giornale per raccontare tutto non basta, ci vuole come minimo anche un sito.
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Il fratello di Musk incontra Giuli a Chigi: “Abbiamo un progetto”. Pd: “Governo ormai è una dépendance”
Washington, 25 gen. (Adnkronos/Afp) - l Senato degli Stati Uniti ha confermato di misura l'ex conduttore di Fox News Pete Hegseth come capo del Pentagono, nonostante le accuse di abuso di alcol, molestie sessuali e altri timori sulla sua capacità di guidare l'esercito più potente del mondo. Tre senatori repubblicani hanno votato contro la scelta di Donald Trump come segretario della Difesa, con un pareggio 50-50 che ha costretto JD Vance a esprimere il voto decisivo. Il risultato ha evidenziato le preoccupazioni su Hegseth, che assumerà la guida del Pentagono mentre la guerra infuria in Ucraina, il Medio Oriente è instabile nonostante i cessate il fuoco in Libano e a Gaza e Trump sta ampliando il ruolo dell'esercito nella sicurezza al confine tra Stati Uniti e Messico.
Poco dopo la sua conferma, Trump ha scritto sulla sua piattaforma Social Truth: "Congratulazioni a Pete Hegseth. Sarà un grande Segretario della Difesa!"
Palermo, 24 gen. (Adnkronos) - Il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza di Palermo presieduto dal prefetto Massimo Mariani ha disposto oggi di assegnare una scorta all'inviato di Repubblica Salvo Palazzolo, oggetto di minacce per le sue inchieste sui boss scarcerati. Nei giorni scorsi al giornalista era stato comunicato dalla Squadra mobile di essere oggetto di "gravi ostilita'" emerse nel corso di alcune indagini.
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "Meloni si dice coerente su tutto, ma è la campionessa mondiale di incoerenza". Lo dice Matteo Renzi in diretta su Instagram.
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "L'atteggiamento di Giorgia Meloni in questi giorni è insopportabile. A dicembre 2024 Meloni va ad Atreju e dice che i centri migranti funzioneranno, perchè bisogna sconfiggere la mafia dei trafficanti di migranti. E cosa accade ora? Accade che la scorsa settimana uno di quei criminali, che la Corte Penale Internazionale definisce trafficante e torturatore, viene arrestato dai poliziotti e la Meloni lo libera, con un volo di Stato, a spese nostre". Così Matteo Renzi in una diretta su Instagram.
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "Se il governo abbassa le tasse, io sono contento. Ma quando hai un livello di ipocrisia come quello che abbiamo visto, mi arrabbio e lo dico. C'è un governo indecente con un sottosegretario alla Giustizia condannato, un ministro dei Trasporti che va benino sulle dirette di Tik Tok, ma non nella gestione dei trasporti". Lo dice Matteo Renzi in diretta su Instagram. "Se vogliono cacciare la Santanchè perchè rinviata a giudizio, allora devono mandare a casa anche Delmastro che è rinviato a giudizio. Meloni ha due pesi e due misure".
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - Uniti si vince. Anzi, no. Divisi si vince. Dario Franceschini dal suo nuovo ufficio ex-officina, spariglia. "I partiti che formano la possibile alternativa alla destra sono diversi e lo resteranno. È inutile fingere che si possa fare un’operazione come fu quella dell’Ulivo. L’Ulivo non tornerà". E allora meglio andare "al voto ognuno per conto suo, valorizzando le proprie proposte e l’aspetto proporzionale della legge elettorale" e sul terzo dei seggi assegnati con l'uninomiale "è sufficiente stringere un accordo", la proposta di Franceschini. Che si rivolge pure a Forza Italia: "Ha il biglietto della lotteria in tasca, ma non lo sa", con il proporzionale "sarebbe arbitra dei governi per i prossimi vent’anni".
"Volpone...", commenta Matteo Renzi. Carlo Calenda condivide l'analisi sul marciare divisi, Angelo Bonelli la boccia mentre dal Movimento 5 Stelle si fa sapere che l'intervista all'ex-ministro del Conte II è stata letta "con attenzione", vista come "prospettiva compatibile con le richieste della nostra comunità", quindi un’opzione su cui "è possibile un confronto". Nel Pd ha infiammato le chat ma la reazione ai attesta tra lo stupore e il silenzio, al momento. A partire dalla segretaria. Plasticamente impegnata in quanto di più lontano da riflessioni di alchimia politica, posta sui social le foto dell'incontro oggi a Porto Marghera con i lavoratori del petrolchimico, settore in allarme. "Eni sta dismettendo la chimica di base in Italia con l’assenso del governo Meloni, che resta a guardare. Grazie a questi lavoratori per l’incontro, il Pd è al loro fianco", scrive Schlein su Instagram.
Tuttavia, si riferisce, che stamattina ci sarebbero state interlocuzioni con Franceschini sull'intervista. E l'ex-ministro avrebbe rassicurato sulle sue buone intenzioni. Quel "marciare divisi" non andrebbe letto come una sconfessione della "testardamente unitaria" Schlein. Il senso dell'operazione sarebbe quello di dare un fermo, uno stop al dibattito che si sta alimentando nelle ultime settimane - giudicato inutile e maliziosamente dannoso - sul federatore, sulla coalizione e anche su un ipotetico partito dei cattolici. Una forza moderata sarebbe utile ma, sottolinea Franceschini, "noi cattolici democratici, non possiamo che restare in una forza progressista come ci hanno insegnato Zaccagnini e Granelli". E quindi un assist alla segretaria, si assicura.
Detto questo, non a pochi nel Pd, la proposta del "marciare divisi" è apparsa quanto meno eccentrica di fronte a una coalizione di centrodestra guidata da una leader, almeno al momento, molto forte. "Lei parla con Trump e noi ci presentiamo al voto divisi, a darci addosso l'un l'altro?". E comunque ancor più prosaicamente c'è chi fa notare come "senza alleanze, con questa legge elettorale, hai automaticamente perso". E' la matematica e il voto del 2022 docet. Riflessioni che restano riservate. "Nessuno vuol ribattere a un dirigente storico del Pd".
Anche il passaggio su Forza Italia sembra un po' fuori sincrono. Certo, osserva Matteo Renzi, "se Forza Italia accettasse di avere il sistema proporzionale governerebbe per anni perché si entrerebbe in un sistema in cui si creerebbero le maggioranze in Parlamento". Ma che gli azzurri si sfilino dal centrodestra, non sembra alle viste. Franceschini "prova a sedurre con una danza del ventre evocando il proporzionale puro", dice Alessandro Sorte, ma "Forza Italia è" già "l'unico vero centro e oggi ha un ruolo fondamentale".
Per Bonelli la proposta dell'ex-ministro non convince: "Non sarà l'Ulivo, non sarà il programma di 300 pagine dell'Unione, ma un minimo comun denominatore con cui presentarsi alle elezioni e battere la destra serve. E' quello che abbiamo fatto alle regionali in Sardegna, Umbria, Emilia. E quello su cui lavoreremo per le prossime regionali che ci attendono. Perché lo stesso schema non deve valere per le politiche?". Nel Pd a parlare in chiaro, in Tv, è Debora Serracchiani secondo cui l'ipotesi di Franceschini è "da valutare" e "credo abbia detto una cosa saggia: rafforzare il Pd, pensare alle cose concrete. La segretaria su questo sta dando veramente una linea importante. Invece di costruire a tavolino delle alleanze, cerchiamo di metterci insieme sui temi che ci tengono uniti".
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - Uniti si vince. Anzi, no. Divisi si vince. Dario Franceschini dal suo nuovo ufficio ex-officina, spariglia. "I partiti che formano la possibile alternativa alla destra sono diversi e lo resteranno. È inutile fingere che si possa fare un’operazione come fu quella dell’Ulivo. L’Ulivo non tornerà". E allora meglio andare "al voto ognuno per conto suo, valorizzando le proprie proposte e l’aspetto proporzionale della legge elettorale" e sul terzo dei seggi assegnati con l'uninomiale "è sufficiente stringere un accordo", la proposta di Franceschini. Che si rivolge pure a Forza Italia: "Ha il biglietto della lotteria in tasca, ma non lo sa", con il proporzionale "sarebbe arbitra dei governi per i prossimi vent’anni".
"Volpone...", commenta Matteo Renzi. Carlo Calenda condivide l'analisi sul marciare divisi, Angelo Bonelli la boccia mentre dal Movimento 5 Stelle si fa sapere che l'intervista all'ex-ministro del Conte II è stata letta "con attenzione". Nel Pd ha infiammato le chat ma la reazione ai attesta tra lo stupore e il silenzio, al momento. A partire dalla segretaria. Plasticamente impegnata in quanto di più lontano da riflessioni di alchimia politica, posta sui social le foto dell'incontro oggi a Porto Marghera con i lavoratori del petrolchimico, settore in allarme. "Eni sta dismettendo la chimica di base in Italia con l’assenso del governo Meloni, che resta a guardare. Grazie a questi lavoratori per l’incontro, il Pd è al loro fianco", scrive Schlein su Instagram.
Tuttavia, si riferisce, che stamattina ci sarebbero state interlocuzioni con Franceschini sull'intervista. E l'ex-ministro avrebbe rassicurato sulle sue buone intenzioni. Quel "marciare divisi" non andrebbe letto come una sconfessione della "testardamente unitaria" Schlein. Il senso dell'operazione sarebbe quello di dare un fermo, uno stop al dibattito che si sta alimentando nelle ultime settimane - giudicato inutile e maliziosamente dannoso - sul federatore, sulla coalizione e anche su un ipotetico partito dei cattolici. Una forza moderata sarebbe utile ma, sottolinea Franceschini, "noi cattolici democratici, non possiamo che restare in una forza progressista come ci hanno insegnato Zaccagnini e Granelli". E quindi un assist alla segretaria, si assicura.
Detto questo, non a pochi nel Pd, la proposta del "marciare divisi" è apparsa quanto meno eccentrica di fronte a una coalizione di centrodestra guidata da una leader, almeno al momento, molto forte. "Lei parla con Trump e noi ci presentiamo al voto divisi, a darci addosso l'un l'altro?". E comunque ancor più prosaicamente c'è chi fa notare come "senza alleanze, con questa legge elettorale, hai automaticamente perso". E' la matematica e il voto del 2022 docet. Riflessioni che restano riservate. "Nessuno vuol ribattere a un dirigente storico del Pd".
Anche il passaggio su Forza Italia sembra un po' fuori sincrono. Certo, osserva Matteo Renzi, "se Forza Italia accettasse di avere il sistema proporzionale governerebbe per anni perché si entrerebbe in un sistema in cui si creerebbero le maggioranze in Parlamento". Ma che gli azzurri si sfilino dal centrodestra, non sembra alle viste. Franceschini "prova a sedurre con una danza del ventre evocando il proporzionale puro", dice Alessandro Sorte, ma "Forza Italia è" già "l'unico vero centro e oggi ha un ruolo fondamentale".
Per Bonelli la proposta dell'ex-ministro non convince: "Non sarà l'Ulivo, non sarà il programma di 300 pagine dell'Unione, ma un minimo comun denominatore con cui presentarsi alle elezioni e battere la destra serve. E' quello che abbiamo fatto alle regionali in Sardegna, Umbria, Emilia. E quello su cui lavoreremo per le prossime regionali che ci attendono. Perché lo stesso schema non deve valere per le politiche?". Nel Pd a parlare in chiaro, in Tv, è Debora Serracchiani secondo cui l'ipotesi di Franceschini è "da valutare" e "credo abbia detto una cosa saggia: rafforzare il Pd, pensare alle cose concrete. La segretaria su questo sta dando veramente una linea importante. Invece di costruire a tavolino delle alleanze, cerchiamo di metterci insieme sui temi che ci tengono uniti".