E’ attesa fra poche ore la sentenza d’appello su Marcello Dell’Utri, il Senatore di Forza Italia condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Alle 13.00 di giovedì scorso i giudici della seconda sezione della Corte d’Assise di Palermo sono entrati in Camera di consiglio dell’aula bunker del carcere di Pagliarelli. Nessuna indicazione, per il momento, sui tempi per la sentenza. Non si prevede comunque che la Corte si pronunci a breve.
Nel frattempo procede il racconto a puntate che ilfattoquotidiano.it sta facendo grazie al documentario di Udo Gümpel e Marco Lillo.
La seconda puntata prende le mosse da alcuni momenti del processo d’appello, in particolare quelli inerenti ai protagonisti che ordinarono le stragi mafiose del ’93: i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Sono gli anni della trattativa fra alcuni apparati dello stato e Cosa Nostra. Dopo l’uccisione di Falcone e Borsellino, per la prima volta nella sua storia, la mafia siciliana attua una strategia stragista in continente con le bombe di Roma, Firenze e Milano e con il fallito attentato allo stadio Olimpico della Capitale.
Dell’Utri non è accusato per quelle bombe, ma secondo la sentenza di primo grado e secondo le confessioni del neo collaboratore Gaspare Spatuzza, era in rapporti con i Graviano.
Al processo d’appello il Pg Antonino Gatto, a dimostrazione dei rapporti fra Dell’Utri e i due fratelli mafiosi, cita il caso del calciatore dell’Udinese Gaetano D’Agostino, raccomandato al Milan da Dell’Utri su richiesta dei Graviano. A confermarlo il padre del calciatore e l’allora allenatore del settore giovanile dei rossoneri.
Per sua stessa ammissione Dell’Utri conferma di avere avuto rapporti anche dopo le stragi con Vittorio Mangano, “lo stalliere di Arcore”. Il capomafia che secondo un altro boss, Giovanni Brusca, fu mandato a Milano da Cosa nostra nell’autunno del ’93 per riallacciare i rapporti con Berlusconi.
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