Pino Arlacchi, eurodeputato dell’Italia dei Valori, è il promotore riconosciuto della strategia internazionale della “war on drugs”. Dal 1997 al 2002 è stato a capo dell’UNDCP, l’Agenzia ONU contro la droga e il crimine. Durante il suo mandato, nel 1998, ha fatto approvare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite una strategia decennale di riduzione della domanda di droghe e di eliminazione delle colture di oppio e coca in tutto il mondo, chiamata “Un mondo libero dalla droga”. Ancora oggi l’ONU si ispira a questa impostazione. Ilfattoquotidiano.it lo ha intervistato sulla situazione delle tossicodipendenze a livello internazionale e italiano, a partire dalla relazione di Carlo Giovanardi.
Professore, partiamo dalla Relazione annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze presentata da Carlo Giovanardi. Il sottosegretario, dati alla mano, parla di una flessione del 25% nell’utilizzo di sostanze stupefacenti.
La flessione del consumo di droghe è un dato di fatto. Ma è un fenomeno globale che è indipendente dalle politiche di un singolo paese. Giovanardi dice una cosa giusta ma non contestualizza.
Sta dicendo che Giovanardi si attribuisce meriti non suoi?
Esattamente. Non è serio attribuire all’azione di un singolo governo, e per giunta in un solo anno di tempo, i risultati di un trend mondiale che va avanti da molto più tempo. Lo ripeto da 10 anni: il consumo di droghe pesanti ha raggiunto il suo culmine negli anni 90 per poi diminuire progressivamente. Questo è accaduto in tutti i paesi del Nord del mondo e ora anche nei paesi in via di sviluppo. Con un’eccezione, la Russia che è letteralmente invasa dall’eroina afgana. A Mosca in solo decennio i tossicodipendenti sono aumentati di 10 volte.
Come valuta il lavoro di Antonio Costa, la persona che nel 2002 ha preso il suo posto a capo dell’agenzia ONU contro la droga e il crimine?
Costa è stato inesistente, a livello internazionale nessuno sa chi è. Non ha cambiato le mie politiche, non le ha migliorate e non le ha neanche messe in pratica. In questi giorni le Nazioni Unite stanno decidendo il suo successore, io mi auguro solo che, a differenza di Costa, riesca ad esprimere una leadership.
Un commento tranchant.
Costa si è limitato a galleggiare. Ha fatto il manichino degli Stati Uniti e dell’Inghilterra. Le faccio un esempio: in Afganistan, che è il più grande produttore ed esportatore di oppio, non ha fatto nulla. Si è limitato a osservare, sembrava un giornalista. Poi, di tanto in tanto, faceva quello che gli ordinavano di fare gli americani e gli inglesi. E cioè di andare a sparare ai talebani, senza mai contribuire a migliorare la situazione del Paese.
Il fronte antiproibizionista imputa a Costa di aver seguito pedissequamente la sua politica della “war on drugs”. E non è un complimento.
E’ un bagno di demagogia. La politica di un mondo senza droghe è mia e la rivendico con orgoglio. Nel 1998 è stata approvata all’unanimità dalle Nazioni Unite e l’anno scorso l’hanno riconfermata per altri 15 anni. I risultati della “war on drugs” sono sotto gli occhi di tutti: i consumatori sono in calo, se prima c’erano cinque o sei paesi grandi produttori d’eroina, oggi rimane solo l’Afghanistan. Se continuiamo a investire risorse in modo coerente, riusciremo a sradicare l’oppio dalla faccia della terra.
Però dodici anni dopo la sua “dichiarazione di guerra”, la droga c’è ancora. Aggiungo anche le critiche di molte associazioni che si occupano di AIDS che dicono che le politiche repressive del suo ex ufficio hanno enormi conseguenze negative sia sanitarie che sociali.
Conosco la dichiarazione di Vienna e rispetto le sigle che l’hanno firmata. Ma la diffusione dell’AIDS collegata all’assunzione di droghe è in diminuzione. Molti tossici non si bucano più, ma assumono eroina sniffando o fumando.
Torniamo in Italia. Secondo il rapporto dell’UNODC “Globalization of Crime”, l’Italia è il terzo mercato europeo per consumo di cocaina. Mica male per un paese in cui, secondo Giovanardi, il consumo è sceso del 25%.
Questo dato fotografa la crisi del nostro Paese. Abbiamo 300mila tossici, il doppio di Francia e Germania. Abbiamo bisogno di più risorse per combattere la droga e non dei dati di Giovanardi.
Lei è un proibizionista?
Non è vero. Io sono per superare gli steccati ideologici. La cosa più sciocca è contrapporre le mie politiche alla cosiddetta riduzione del danno. Ad esempio non sono contrario alle stanze del buco o alla distribuzione controllata, con ricetta medica, dell’eroina. Esperimenti che si sono già fatti con successo in altri paesi europei. La contrapposizione fra proibizionisti e antiproibizionisti è vecchia di dieci anni. C’è troppo populismo in entrambi gli schieramenti.