Energia verde e integrazione dei mercati elettrici col Maghreb. Per la Commissione europea è questa la strategia vincente per il futuro dei Paesi membri dell’Unione. È anche, manco a dirlo, il modo più efficace per evitare tragedie ambientali come quella che, da ormai più di due mesi, sta affliggendo il Golfo del Messico e mettendo a serio rischio la credibilità del presidente statunitense Barack Obama.

Per il commissario Europeo all’Energia, Gunther Oettinger, la soluzione auspicabile si chiama Desertec: l’innovativa idea, tutta tedesca, che potrebbe garantire la fornitura di elettricità per i cittadini europei mediante lo sfruttamento dell’energia solare dei deserti del Nord Africa e del Medio Oriente. Qualche giorno fa il piano è stato discusso ad Algeri dallo stesso Oettinger e da Youcef Yousfi, Amina Benkhadra e Afif Chelbi, ministri responsabili dell’energia di Algeria, Marocco e Tunisia. “Sono certo – ha sostenuto al termine del vertice Oettinger – che nei prossimi cinque anni arriverà al mercato europeo la produzione elettrica dei primi impianti localizzati nell’area nord africana”. Per il commissario la strada è ancora lunga – si parla di 20-40 anni per portare a termine l’intero progetto – ma fattibile anche se serviranno ingenti capitali per poterla percorrere.

Il principio cardine di Desertec si fonda sullo sfruttamento dei raggi solari nelle zone desertiche che verranno trasformati, grazie all’uso di grandi impianti, in vapore che, a sua volta, attiverà una turbina che genererà elettricità come una comune centrale. I numeri prospettati dal consorzio Desertec, responsabile del progetto e formato da 12 aziende, sono davvero impressionanti: basterebbe coprire con campi collettori tre millesimi di area desertica, 40 milioni di km quadrati, per soddisfare la domanda energetica mondiale equivalente a 18 mila TW/h all’anno.

L’obiettivo fissato ad Algeri con un piano d’azione concreto sottoscritto dai responsabili dell’Energia è, per ora, molto meno ambizioso e punta a rifornire nei prossimi cinque anni l’area EUMENA (Europa, Medio Oriente e Nord Africa) grazie all’attivazione di un progetto pilota. La porzione elettrica destinata al fabbisogno degli abitanti del Vecchio Continente sarà, per il momento, solo del 15 percento. Ma l’impegno di Bruxelles sembra essere molto serio in virtù dell’approssimarsi della scadenza, fissata entro il 2020, dell’obbligo per l’Ue di produrre da fonti verdi il 20 percento della sua energia totale. Desertec, secondo quanto sostenuto da Oettinger, potrebbe permettere di raggiungere questo e altri risultati visto che, come sostiene Gerhard Knies, il presidente del Consiglio di vigilanza del consorzio, “In meno di sei ore i deserti ricevono più energia dal sole di quanto l’umanità ne consuma in un anno”. Per i promotori della piattaforma, fra cui l’italiana Enel Green che è entrata nel consorzio a marzo, i vantaggi sarebbero più d’uno. Con un lavoro costante volto alla costruzione della rete di collegamento sottomarina destinata al trasporto di tutte le forme di energia non inquinante, la rete Desertec potrebbe, con un’area di impianti estesa quanto la Lombardia, dare accesso sufficiente all’energia al 90 percento della popolazione mondiale. Nessun problema neanche per quanto riguarda le distanze dal momento che le linee moderne di alta tensione che si useranno manterranno il livello delle perdite di energia sotto il 3 percento per ogni 1000 km. E ancora, potranno attivarsi nuovi posti di lavoro nei paesi del Maghreb: per la costruzione di un pannello da 250 MW saranno impiegate mille unità fra operai e ingegneri per circa 2-3 anni. In più, l’enorme quantità d’energia, basterà anche per desalinizzare grosse quantità di acqua marina che sarà destinata a quei Paesi che già da ora arrancano a trovare risorse disponibili di acqua potabile. Gli studi già effettuati sostengono che con un campo di collettori da 250 MW e una turbina da 200 MW si potranno depurare 100 mila metri cubi d’acqua al giorno: più di 4 milioni di litri all’ora.

Nonostante i vantaggi sulla carta c’è già chi solleva numerose obiezioni. In primo luogo sulla voce “costi d’opera” che, secondo un primo preventivo, ammonterebbero a 450 miliardi di euro: necessari a costruire 20 linee di trasmissione da 5 GW l’una. Un’enormità che, rassicurano dal consorzio, potrebbe essere raggiunta da subito “con le misure adeguate come le tariffe fisse, già sperimentate in Spagna e Germania. La necessità di questi provvedimenti – aggiungono da Monaco – si ridurrebbe o sparirebbe se si sopprimessero le sovvenzioni statali alle energie fossili o nucleari e si fabbricassero componenti su larga scala”. Attualmente le tariffe sarebbero proibitive se si pensa che sull’elettricità generata dal sole graverebbe una spesa che oscilla fra i 125 e i 130 euro per MW/ora contro i 48 euro dell’energia prodotta da centrali a carbone. Uno sforzo economico che, tuttavia, potrebbe diminuire con la standardizzazione del prodotto che, quando definitivamente operativo, potrà garantire un perfetto equilibrio domanda/offerta e, quindi, evitare gli sprechi. Così come sarà assicurata la disponibilità di elettricità anche durante la notte e i periodi di eccessiva nuvolosità visto che la super-griglia di collegamento potrà essere usata anche per il trasporto di gas e biocombustibili. Il procedimento è già operativo dal 1985 in California dove più di un’azienda vi ha fatto ricorso per uso commerciale. Il taglio economico coinvolgerebbe anche, leggi caso BP, i costi addizionali diretti o indiretti per possibili danni ambientali e per l’eliminazione di scorie nell’ambiente.

Cosa manca dunque? Dal consorzio ripetono che l’unico elemento che impedisce l’avvio del progetto è la mancanza di un quadro politico solido in alcuni stati che saranno i potenziali produttori di elettricità solare. Non sembrano bastare le previsioni degli ideatori che sostengono “In caso di una interruzione volontaria di fornitura, i Paesi produttori perderanno immediatamente le entrate provenienti dalla vendita di energia, al contrario di quanto accade per le energie sviluppate dai combustibili fossili che possono conservarsi e vendersi in un secondo momento a prezzo più alto. A questo si sommerebbe la perdita di fiducia nelle nazioni del Medio Oriente e del Nord Africa da parte dei loro clienti e dei futuri finanziatori”. Questi ultimi, sia pubblici che privati, per quanto estremamente interessati all’affaire, non metteranno un centesimo senza aver precedentemente ricevuto garanzie sulla sicurezza dei propri investimenti.

di Antonio Marafioti

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