Quattro colpi al volto in un pomeriggio di luglio. A terra tra i tavolini di un circolo di combattenti a San Vittore Olona finisce Carmelo Novella, boss scissionista che in mente ha il progetto di distaccare la Lombardia dalla Calabria. Lui battezza i luogotenenti, decide le strategie dei vari gruppi. Una vero colpo “all’ortodossia della ‘ndrangheta”. I big boss però non ci stanno. Si riuniscono e decidono. “Nuzzo Novella è finito oramai, la Provincia lo ha licenziato”. E dunque, niente rivoluzione copernicana. Ciò che invece resta sono i numeri, clamorosi e impressionanti: venti gruppi criminali, 500 affiliati e una complessa rete di rapporti politici. Sì, perché è questa la ‘ndrangheta che oggi fa affari in Lombardia, cerca appoggi politici e allo stesso tempo prosegue nella sua tradizione di organizzazione criminale arcaica con pranzi negli orti a base di carne di capra e vino.
Lo scenario è tratteggiato, intercettazione dopo intercettazione, in ben tre ordinanze tra la Calabria e il nord. In totale gli arresti sono stati 300 con oltre 3.000 uomini delle forze dell’ordine impegnati. Prende così corpo una struttura piramidale che in Lombardia ha deciso su tutto. Dagli omicidi alle infilitrazioni negli appalti pubblici fino alla gestione di pacchetti di voti per le elezioni. Argomento, questo, caldissimo e che ha visto finire in carcere Carlo Chiriaco, direttore dell’Asl di Pavia, ma soprattutto grande elettore di Giancarlo Abelli, ex ras della sanità lombarda, poi deputato Pdl, eletto in consiglio regionale. Un ingresso, quello nel Pirellone ( a cui però Abelli ha preferito il parlamento), portato avanti dallo stesso Chiriaco, il quale però ha un picoclo difetto: parla troppo spesso con i boss della ‘ndrangheta. Tante le intercettazioni che lo immortalano al telefono con Cosimo Barranca, padrino di Caulonia, ritenuto uno dei capi della Lombardia, la struttura mafiosa che comanda oggi al nord Italia. Resta poi confermata l’infiltrazione nel tessuto imprenditoriale lombardo. Tra gli arrestati c’è anche Francesco Bertucca, imprenditore edile del pavese e Rocco Coluccio, biologo e imprenditore residente a Novara.
In manette sono finiti decine di padrini direttamente collegati ai vertici assoluti della ‘ndrangheta internazionale. Tra loro Nunziato Mandalari di Bollate fratello del più potente e influente Vincenzo, che però è riuscito a sfuggire dalla sua villa blindata di via San Bernardo. Una vero fortino protetto da muri, telecamere a vista e cani. Avvicinarsi questa mattina non è stato facile. Con i carabinieri a blindare gli accessi e i famigliari dei boss a lanciare insulti.
In manette sono finiti anche Cosimo Barranca, capo del gruppo milanese e Giuseppe Neri di Pavia. Erano loro a gestire la struttura cosiddetta “La Lombardia”, il supergruppo autonomo voluto da Carmelo Novella. Il suo progetto, però, è stato spezzato a metà dai big boss calabresi. I quali, due anni dopo, per sanare il contrasto e ricomporre l’armonia tra le varie cosche organizzano un summit nel centro anziani di Paderno Dugnano (nella foto) intitolato ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e inaugurato nel 2008 dal fratello di Borsellino, Salvatore. Qui si è deciso di affidare la carica di “mastrogenerale”, ovvero referente per il Nord Italia, al platiota Pasquale Zappia.
Una situazione definita dai magistrati “di importanza assoluta” e che viene raccontata, fotogramma per fotogramma, da una clamorosa videoripresa. Ad officiare la cena è il boss Pino Neri: “Io vi saluto a tutti e vi dico che sono contento che ci siamo trovati qua stasera, perché se siamo qui è perché tutti ci teniamo allo stesso scopo. Questo è un chiarimento che voglio fare e tutte le parti hanno stabilito patti e prescrizioni che valgono non solo per la Lombardia, ma pure per tutti. Noi dobbiamo pensare a cogghimu e non a dividere (raccogliere, riunire, sistemare)”. A quel punto prende la parola Vincenzo Mandalari: “L’armonia e questa e bisogna scegliere un uomo che ci rappresenta tutti”. E alla fine la decisione spetta allo stesso Neri: “Io direi che per quanto mi riguarda darei il voto a Pasquale Zappia”. Brindisi finale.
Lo steso Neri, inoltre, avrebbe indirizzato, su indicazione di Chiriaco, voti a favore del deputato del Pdl, Giancarlo Abelli, che al momento risulta estraneo ai fatti e non indagato. Ma il nome di Chiriaco torna fuori anche a proposito della cosca Valle, sgominata poche settimane ed egemone nel territorio tra Vigevano e Pavia. Chiriaco, infatti, non ha mai nascosto la sua amicizia con il boss Francesco Valle. Un cognome quello dei Valle che si porta dietro un altro politico: l’ex assessore provinciale al Turismo (nella giunta Penati) Antonio Oliverio. Sarà, infatti, lo stesso Oliverio (accusato anche di bancarotta per i suoi rapporti la Perego strade controllata dalla famiglia Strangio) ad appoggiare la candidatura di Leonardo Valle alle comunali del 2009 a Cologno Monzese. “Rapporti di cointeressenza” con la mafia vengono attribuiti anche all’ex assessore regionale Pdl Massimo Ponzoni e all’esponente dell’Udc prima in An Emilio Santomauro, coinvolto in una sparatoria fuori dal suo studio il 25 gennaio 2000.
Seguendo Oliverio, che attualmente risulta indagato, l’intreccio politico si allarga dal comune di Milano fino al Consiglio regionale. A palazzo Marino, infatti, sono stati documentati incontri e telefonate tra Giulio Lampada, amico di Oliverio, con il consigliere Pdl Armando Vagliati. Si tratta dello stesso Lampada che come ha documentato ilfattoquotidiano.it partecipò, nel 2006, alla festa per la fine della campagna elettorale dell’allora candidato sindaco Letizia Moratti. Lo stesso Lampada che in un’intercettazione racconta di aver partecipato a una cena dove era presente il governatore Roberto Formigoni. Regione Lombardia, dunque, dove oggi a tremare è soprattutto Angelo Giammario, ex sottosegretario oggi in consiglio dopo le ultime elezioni di maggio. Il suo nome compare nelle intercettazioni tra Chiriaco e Cosimo Barranca. In particolare, Chiriaco chiederebbe al boss di recuperare denaro da dare al politico in cambio di favori. Denaro che a dire del direttore dell’Asl il politcio del Pdl avrebbe investito per la campagna elettorale.
di Enrico Fierro e Davide Milosa