L’ 8 settembre alla mostra del cinema di Venezia verrà presentato “E’ stato morto un ragazzo” il film di Filippo Vendemmiati sulla vicenda di Federico morto ammazzato a 18 anni il 25 settembre 2005.
Ho conosciuto la madre Patrizia. La madre più querelata d’ Italia solo per avere definito “delinquenti” gli uomini che le hanno ucciso il figlio.
Di seguito, oltre ad alcune immagini del film, trovate una lettera che Patrizia ha pubblicato sul suo blog.
Oggi, mentre stavo riposando a casa, è suonato il campanello. Sono andata ad aprire stanca per il caldo e per una giornata di lavoro appena terminata. La stanchezza per me è pericolosa perché la stanchezza uccide l’adrenalina e l’adrenalina è quella che ti fa vivere giorno per giorno cercando di dimenticare il fatto che Federico non c’è più.
La stanchezza è la mia vera nemica. e purtroppo sono molto stanca.
Ho aperto la porta e c’erano due ufficiali di polizia che si sono subito qualificati e mi hanno “identificata”. Tanto ormai tutti sanno chi sono.
Ma quando mi identificano capisco che sono sottoposta a procedimento penale, ormai sono esperta in materia per tutte le querele che mi hanno fatto per il solo fatto che mi sono ribellata al silenzio, alla mistificazione, agli insulti e alle intimidazioni. Ho pensato: sarà una delle solite querele che coloro che hanno causato la morte di Federico hanno avuto ed hanno il coraggio di farmi.
Non hanno ancora capito, ho pensato, che queste querele non mi fermano, non mi fanno paura, anzi mi aiutano perché mi fanno tanta rabbia e mi restituiscono quell’adrenalina che sto purtroppo esaurendo e che mi consente di non fare i conti col mio dolore, o quantomeno di avere qualche sconto.
Ma questa era una querela diversa, perchè chi si è preso la briga di denunciarmi è proprio la dottoressa Mariaemanuela Guerra, il pm che ha condotto quelle che io ritengo essere le non-indagini fino all’apertura di questo blog.
In tutta sincerità io ho sempre portato rispetto per il magistrato e per la madre, però non capisco perché lei ce l’abbia tanto con me. Non sono bastate due sentenze, le risultanze di tutte le indagini successivamente fatte dal dott. Proto a farle capire che comunque, sia pure in buona fede, gli errori che sono stati commessi durante la conduzione di quelle prime indagini sono stati contro di me, contro la mia famiglia e contro la verità.
Ora lei mi querela, e immagino che vorrà da me i danni che io le ho causato. In tutta sincerità e con tanta franchezza mi sembra veramente grottesco.
Guardi io proprio non capisco. Avevo appena finito di parlare con Ilaria Cucchi, dalla quale avevo raccolto un accorato sfogo per il fatto di avare letto dalle intercettazioni del suo processo che uno degli imputati anzichè ricredersi, o comunque esprimere dispiacere per la morte di Stefano, lo definiva in una conversazione tossico di merda.Francamente non ci si aspetta, da servitori dello stato, da persone che comunque portano la divisa o hanno un ruolo importante e delicato, una tale mancanza di sensibilità e di violenta ignoranza.
Poi suonano e mi dicono che il primo pm del processo per mio figlio mi ha querelata e vuole da me dei danni. Io non ho mai offeso nessuno ma ho solo preteso verità e senso di responsabilità da coloro che hanno sbagliato.
Il pm vuole da me i danni. Dopo che non si è recata sul posto quella mattina, dopo che non ha sequestrato subito i manganelli rotti, dopo che non ha sequestrato l’autovettura contro la quale si sarebbe fatto male Federico e sulla quale c’era il sangue di mio figlio, dopo tutto ciò adesso vuole da me i danni alla sua immagine.
L’unica cosa positiva è che mi è tornata l’adrenalina per la rabbia di fronte a tutto questo. la rabbia perché si vuole mettere a tacere la verità, la rabbia perché si vuol mettere a tacere coloro che della verità danno prova, la rabbia perché si vuol far tacere coloro che denunciano il sopruso e che protestano in modo civile contro l’ingiustizia.
Finchè dura va bene così. se ho sbagliato pagherò, tanto che cosa volete che mi interessi…
Patrizia Aldrovandi
Elisabetta Reguitti
Giornalista
Cronaca - 23 Agosto 2010
Caso Aldrovandi: un pm querela la madre
L’ 8 settembre alla mostra del cinema di Venezia verrà presentato “E’ stato morto un ragazzo” il film di Filippo Vendemmiati sulla vicenda di Federico morto ammazzato a 18 anni il 25 settembre 2005.
Ho conosciuto la madre Patrizia. La madre più querelata d’ Italia solo per avere definito “delinquenti” gli uomini che le hanno ucciso il figlio.
Di seguito, oltre ad alcune immagini del film, trovate una lettera che Patrizia ha pubblicato sul suo blog.
Oggi, mentre stavo riposando a casa, è suonato il campanello. Sono andata ad aprire stanca per il caldo e per una giornata di lavoro appena terminata. La stanchezza per me è pericolosa perché la stanchezza uccide l’adrenalina e l’adrenalina è quella che ti fa vivere giorno per giorno cercando di dimenticare il fatto che Federico non c’è più.
La stanchezza è la mia vera nemica. e purtroppo sono molto stanca.
Ho aperto la porta e c’erano due ufficiali di polizia che si sono subito qualificati e mi hanno “identificata”. Tanto ormai tutti sanno chi sono.
Ma quando mi identificano capisco che sono sottoposta a procedimento penale, ormai sono esperta in materia per tutte le querele che mi hanno fatto per il solo fatto che mi sono ribellata al silenzio, alla mistificazione, agli insulti e alle intimidazioni. Ho pensato: sarà una delle solite querele che coloro che hanno causato la morte di Federico hanno avuto ed hanno il coraggio di farmi.
Non hanno ancora capito, ho pensato, che queste querele non mi fermano, non mi fanno paura, anzi mi aiutano perché mi fanno tanta rabbia e mi restituiscono quell’adrenalina che sto purtroppo esaurendo e che mi consente di non fare i conti col mio dolore, o quantomeno di avere qualche sconto.
Ma questa era una querela diversa, perchè chi si è preso la briga di denunciarmi è proprio la dottoressa Mariaemanuela Guerra, il pm che ha condotto quelle che io ritengo essere le non-indagini fino all’apertura di questo blog.
In tutta sincerità io ho sempre portato rispetto per il magistrato e per la madre, però non capisco perché lei ce l’abbia tanto con me. Non sono bastate due sentenze, le risultanze di tutte le indagini successivamente fatte dal dott. Proto a farle capire che comunque, sia pure in buona fede, gli errori che sono stati commessi durante la conduzione di quelle prime indagini sono stati contro di me, contro la mia famiglia e contro la verità.
Ora lei mi querela, e immagino che vorrà da me i danni che io le ho causato. In tutta sincerità e con tanta franchezza mi sembra veramente grottesco.
Guardi io proprio non capisco. Avevo appena finito di parlare con Ilaria Cucchi, dalla quale avevo raccolto un accorato sfogo per il fatto di avare letto dalle intercettazioni del suo processo che uno degli imputati anzichè ricredersi, o comunque esprimere dispiacere per la morte di Stefano, lo definiva in una conversazione tossico di merda.Francamente non ci si aspetta, da servitori dello stato, da persone che comunque portano la divisa o hanno un ruolo importante e delicato, una tale mancanza di sensibilità e di violenta ignoranza.
Poi suonano e mi dicono che il primo pm del processo per mio figlio mi ha querelata e vuole da me dei danni. Io non ho mai offeso nessuno ma ho solo preteso verità e senso di responsabilità da coloro che hanno sbagliato.
Il pm vuole da me i danni. Dopo che non si è recata sul posto quella mattina, dopo che non ha sequestrato subito i manganelli rotti, dopo che non ha sequestrato l’autovettura contro la quale si sarebbe fatto male Federico e sulla quale c’era il sangue di mio figlio, dopo tutto ciò adesso vuole da me i danni alla sua immagine.
L’unica cosa positiva è che mi è tornata l’adrenalina per la rabbia di fronte a tutto questo. la rabbia perché si vuole mettere a tacere la verità, la rabbia perché si vuol mettere a tacere coloro che della verità danno prova, la rabbia perché si vuol far tacere coloro che denunciano il sopruso e che protestano in modo civile contro l’ingiustizia.
Finchè dura va bene così. se ho sbagliato pagherò, tanto che cosa volete che mi interessi…
Patrizia Aldrovandi
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Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, che già sarebbe una notizia, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all'ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha lavorato per portare il gruppo sull'astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma la frattura non si è ricomposta.
Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le "molte critiche" avanzate su ReArmEu: "Quel piano va cambiato" e per farlo "continueremo a impegnarci ogni giorno", ha detto tra le altre cose. Ma l'onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche la parola 'magica' Congresso. La foto di Strasburgo, del resto, è netta. Per il sì si sono schierati Stefano Bonaccini (il presidente del partito), Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo.
Tra gli astenuti Zingaretti, Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan. Dalle tabelle dell'aula emerge tra l'altro che nel gruppo S&D gli unici ad astenersi sono stati gli italiani più un bulgaro, un irlandese e uno sloveno. Per non farsi mancare nulla, c'è stato anche il 'giallo' Annunziata, inizialmente conteggiata tra i sì e poi conteggiata come astenuta.
(Adnkronos) - Mentre a Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. "C'è stato l'aiutino per non far vincere il sì", ha valutato un eurodeputato dem. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: "Se avessi votato no sarebbe mancato quel po' di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein".
"E' stata sconfitta la linea dell'astensione? E' stato sconfitto il no, perché si partiva dal no", è stata la valutazione di Lia Quartapelle. La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l'apertura di un confronto interno. "Dobbiamo dimostrarci all'altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad oggi non c'è stata", ha spiegato. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: "Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione", ha detto la deputata.
Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: "Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull'astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni". Ma anche nell'area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: "E' giusto che ci sia una discussione seria. E' una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie", ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: "Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente" e per "chiarirsi le idee".
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "Morte naturale per infarto". Sono questi i primi risultati dell'autopsia per Carmine Gallo, l'ex super poliziotto protagonista della lotta contro la criminalità organizzata a Milano e ai domiciliari dallo scorso ottobre per l'inchiesta Equalize sui presunti dossier illeciti, morto domenica nella sua abitazione a Garbagnate Milanese. Si tratta dei primi riscontri dei medici legali, poi "arriveranno i tossicologici" chiesti in via precauzionale per escludere qualsiasi altra causa.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - "Il libro di Follini rappresenta la foto di un mondo rovesciato rispetto al presente, un’America rovesciata, ieri prevaleva il senso della misura e il ragionamento, oggi prevale il populismo”. Lo ha detto il deputato del Pd Stefano Graziano presentando in conferenza stampa a Montecitorio il libro di Marco Follini 'Beneficio d’inventario'.
"Centrale è la parte che racconta della vita politica all’epoca del padre di Marco Follini, Vittorio, e dei leader politici del tempo da Francesco Cossiga, ad Aldo Moro, passando per Marco Pannella. Non tutti avevano la stessa idea politica ma erano tutti uniti nella forza di voler difendere la democrazia, una democrazia ottenuta con lotte, sangue, catastrofi e quindi seppur lontani politicamente, erano uniti dal dialogo. Una differenza abissale con l’Italia di oggi pericolosamente in mano ai sovranisti, dove tutto è concepito fuorché il dialogo. Forse questo abisso non è solo italiano ma sta prevalendo in tutto l’Occidente e la cosa è abbastanza preoccupante”, ha aggiunto Graziano.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "La manovra repentina, improvvisa e del tutto imprevedibile, frutto certamente di una decisione di decimi di secondo attuata dal conducente del motoveicolo TMax non ha consentito al conducente del veicolo Giulietta di poter attuare alcuna manovra difensiva efficace". E' quanto sostiene la consulenza cinematica disposta dalla Procura di Milano e affidata all'ingegnere Domenico Romaniello. La relazione attribuisce la responsabilità dell'incidente a Fares Bouzidi, già indagato per omicidio stradale, l’amico di Ramy Elgaml che guidava lo scooter. Quando lo scooter da via Ripamonti svolta a sinistra verso via Quaranta, "con una deviazione improvvisa", per il consulente Fares imprime "una correzione di rotta verso destra", in direzione del marciapiede, e il carabiniere alla guida "non poteva certamente prevedere tale pericolosissima manovra e nulla ha potuto fare per evitare tale contatto, in ragione della impossibilità di poter attuare sia una correzione di rotta, sia una frenata efficace nello spazio a disposizione".
Non solo: il militare alla guida "non avrebbe altresì potuto neanche sterzare verso destra per la presenza del pedone (il testimone che riprende la scena con il cellulare) che per il conducente dell’autovettura è stato chiaramente percepito con la vista periferica" spiega l'ingegnere che ha realizzato la consulenza ricostruendo le condizioni di visibilità e velocità dell'inseguimento avvenuto la notte del 24 novembre scorso. Quella che mette in atto il carabiniere ora indagato per omicidio stradale (per lui si va verso la richiesta di archiviazione) è "una manovra difensiva obbligata": se lo scooter guidato da Fares avrebbe mantenuto la traiettoria 'naturale' chi guidava la Giulietta "non avrebbe sostanzialmente avuto problemi a mantenere il proprio veicolo iscritto nella curva da percorrere per la svolta a sinistra".
Quando Fares imposta la curva verso via Quaranta il T Max viaggia a una velocità di quasi 55 chilometri l'ora, quando il motociclo finisce la sua corsa contro il palo semaforico l'urto avviene a circa 33 chilometri orari. Per il consulente incaricato dalla procura la macchina che insegue, per evitare l'urto, "avrebbe dovuto disporre di uno spazio complessivo per l’arresto di circa 24 metri", mentre "il conducente aveva a disposizione circa 12 metri soltanto prima di giungere all’urto contro il palo semaforico".