Nel mio ultimo post qui ho cercato di illustrare le ragioni per le quali è un errore gravissimo ridurre il tema della legalità alla questione della impunità per il dott. Berlusconi e i suoi amici e sodali.
La legalità non è solo “dare una giusta pena” a chi viola la legge.
La legalità – o, come nel caso del nostro Paese, l’illegalità – caratterizza e qualifica – o squalifica – tutta la vita della società e le sue speranze di futuro.
Forse due esempi possono rendere più convincente quanto ho scritto nei giorni scorsi.
Il figlio di una mia cara amica ha ventiquattro anni. Si è laureato in fisica, materia che amava, nonostante tanti gli dicessero che sarebbe stato più facile avere un futuro economicamente sostenibile dedicandosi ad altri studi.
Dopo la laurea ha fatto uno stage negli USA, alla fine del quale ha scritto un articolo che è stato ospitato su una rivista scientifica.
All’Università di Losanna hanno letto l’articolo e lo hanno invitato per un colloquio, dopo il quale gli hanno fatto un contratto da ricercatore e gli hanno affidato un intero laboratorio del quale oggi è responsabile.
Nel frattempo ha anche ottenuto un posto di ricercatore all’Università di Harvard, al cui concorso aveva partecipato; posto al quale ha dovuto rinunciare, avendo già “firmato” per Losanna.
E’ pacifico che tutto questo è stato possibile perché a Losanna e ad Harvard hanno un tasso di legalità decisamente molto più alto che in Italia.
In Italia, purtroppo, nessuna università si sogna di “invitare” di sua iniziativa un valente studioso né di dare un posto di ricercatore a un giovane non raccomandato da nessuno e, addirittura, straniero.
In Svizzera e negli Stati Uniti, per contro, nessuno si sogna proprio di dare il posto di ricercatore all’amante del professore invece che a uno studioso capace: verrebbe subito denunziato e immediatamente rimosso e condannato.
L’altra vicenda che voglio raccontare è quella di una azienda che produce sacchetti di polietilene (i sacchetti di plastica della spesa).
Aveva evaso tasse per un miliardo di lire.
Accertamento tributario, ricorso giudiziario, mia sentenza che condanna la società a pagare la somma evasa.
Nel corso del giudizio di appello arriva uno dei condoni del dr Berlusconi e la ditta estingue il suo debito pagando solo il 20% del dovuto.
Tutti pensano che la questione qui sia solo il furto – ai danni di noi tutti contribuenti – degli ottocento milioni condonati.
Ma non è così.
Nella piccola cittadina in cui opera l’azienda in questione adesso ci sono due aziende che producono sacchetti per la spesa.
Una – onesta – che ha sempre pagato le tasse.
Questa azienda ha costruito il suo capannone e acquistato i macchinari per la produzione facendo un mutuo in banca e paga le rate mensili di questo mutuo.
Dunque, quando vende i suoi sacchetti li fa pagare a un prezzo che comprende una piccola quota destinata al mutuo.
L’altra azienda – disonesta – il capannone e i macchinari se li è comprati con i soldi che ha evaso dalle tasse. Con i soldi nostri.
Questa azienda non ha mutui da pagare e può vendere i suoi sacchetti a un prezzo un po’ più basso di quelli dell’altra.
Quindi, l’azienda disonesta in breve tempo metterà fuori mercato l’azienda onesta.
Così come l’impresa che ottiene gli appalti delle opere pubbliche non per merito ma per sporchi legami – di tangenti, di puttane o di altro – con questo o quel Ministro, Assessore, Sottosegretario, Sindaco, ecc. mette in breve tempo fuori mercato le imprese che non pagano tangenti e si impegnano a migliorare la qualità del loro prodotto.
In definitiva, l’illegalità devasta le strutture portanti della società.
Non ha alcun senso parlare di riforma dell’università e degli appalti se non si persegue con sincerità e determinazione la legalità.
Qualunque sistema presuppone il rispetto delle regole su cui si fonda.
La legalità, l’efficienza delle Procure e dei Tribunali (proprio l’esatto opposto del programma degli ultimi enne governi in carica nel nostro Paese) sono il presupposto indispensabile di qualunque modello sociale.
La Svizzera e gli Stati Uniti sono paesi con le loro colpe, alcune anche gravi. Con cose che funzionano e altre che non funzionano.
Ma lì possono sperare. Perché hanno ancora studiosi scelti per le loro qualità, imprese che lavorano per i loro meriti, politici che sono stati davvero “eletti”.
Che speranza può avere, invece, un paese come il nostro, nel quale, grazie all’impunità assicurata a tutti i ricchi e potenti, le elìte universitarie hanno come uniche qualità le parentele baronali, gli imprenditori sono capaci solo di assumere puttane per conto terzi e i politici vanno avanti con la forza dei ricatti a mezzo stampa?
Un paese così dovrebbe desiderare la legalità più di ogni altra cosa. Un paese così dovrebbe pretendere che la legge non si tocchi e che si ricreino le condizioni perché essa sia applicata.
Un paese così dovrebbe rendere assolutamente impensabile qualsiasi ulteriore attentato a quel poco di legalità che resta.
Invece il nostro Parlamento è da anni impegnato sui temi della giustizia, ma non per ottenere ai cittadini più giustizia, ma ai delinquenti più impunità.
Tutte le leggi e i progetti di leggi portati avanti da molti anni a questa parte servivano e servono solo a proteggere chi vive di illegalità e nella illegalità.
E a neutralizzare il lavoro dei giudici e della giustizia, ridotta a un cumulo di macerie, salvo poi stupirsi ipocritamente quando questo o quell’assassino tornano liberi per gli effetti di questa o quella legge “SalvaSilvio” o “SalvaCesare” o “SalvaMarcello”.
Tutti i popoli hanno le loro difficoltà, ma a Losanna e ad Harvard un giovane competente presenta i suoi titoli e gli viene riconosciuto ciò a cui ha diritto.
In Italia un giovane competente può solo allenarsi a leccare il c… al politicante di turno e anche così difficilmente avrà il posto, posto che “non gli spetta”, perché in Italia non ci sono più diritti, ma solo “promesse del padrone”.
E, dunque, non ci sono più speranze, ma solo illusioni.