A volte il Fato disegna i suoi ghirigori con l’inchiostro della crudele ironia. L’uomo che piu’ di tutti ha combattuto per non soccombere alle leggi vigenti alla fine potrebbe crollare di fronte ad una non scritta. Berlusconi ricorderà il 2010 come l’anno della Legge di Murphy: l’anno in cui, contro ogni previsione, tutto ciò che poteva andar male è andato effettivamente male. Dopo le elezioni regionali sembrava che tutti gli ostacoli si fossero polverizzati. Dai suoi ventriloqui arrivavano tronfi proclami sui radiosi prossimi tre anni: senza il fastidio e la distrazione di tornate elettorali fino al 2013 era possibile dedicarsi alla mitica Realizzazione del Programma.
L’ectoplasma dell’opposizione non era riuscito a scalfire l’enorme vantaggio elettorale della maggioranza neanche dopo un’infilzata senza paragoni di scandali e sentenze abbattutisi in rapida successione sul presidente del Consiglio da tutti i lati: escorts, Protezione Civile, indebite pressioni sulla Rai e sull’AgCom, Lodo Alfano, sentenza Mills, Spatuzza, danni per la vicenda Mondadori (tanto per limitarsi al bouquet di quelli piu’ noti). Per cui non si intravedeva alcun freno sostanziale ai diktat dell’Unto. La strada era spianata per riscrivere la Costituzione in salsa peronista (o Pa-peronista come avrebbe detto Cossiga, con tocchi papi-ronisti, aggiungerei io) e regolare una volta per tutte i conti con la magistratura e quel poco di stampa libera che resisteva con i denti e le unghie.
Poi, senza che gli aruspici di corte ne cogliessero le avvisaglie, il meccanismo si e’ inceppato e con i primi caldi l’Unto ha iniziato a sciogliersi. Qualche utilizzato finale e un utilizzato intermedio hanno spezzato l’incantesimo che li teneva legati al Circe di Arcore. Difficile dire dove sia stato piazzato l’innesco, ma dalla fatidica direzione nazionale del PdL in cui Fini salto’ giu’ da predellino, la Legge di Murphy ha messo in moto i suoi ineluttabili effetti letali. I tre anni di legislatura senza ostacoli sono solo un lontano ricordo.
Ma lo zenith non è stato ancora raggiunto. Siamo in quella fase delle tragedie in cui il protagonista mostra ancora la forza di reagire, il desiderio di non rasseganrsi al destino. E Pa-peron raccoglie le truppe, dai colonnelli ai caporali, compreso qualche kamikaze di Via Mazzini per puntellare i fronti sguarniti dove urgono i rinforzi. E su questo che si gioca lo scontro con il Fato. Ma il cammino appare segnato. Perche’ la campagna acquisti richiede moneta politica (e non solo) sonante, ma quella rimasta nel portafogli di Berlusconi ricorda i marchi di Weimar o i dollari dello Zimbabwe.
I conti, sia pure a spanne, dicono che il PdL perdera’ 60 o 70 deputati e non si sa quanti senatori. Quindi l’appello agli “amici” a tornare all’ovile in cambio di una rielezione sicura suona come una promessa di Mussolini nell’inverno del 1945. E seppure qualche allocco fosse tentato, il posto in lista se lo dovra’ contendere in una titanica lotta tra le piu’ capaci e rodate ghiandole salivari in circolazione, pronte a tutto pur di strappare un posto al sole nelle liste bloccate. Non ci vorra’ molto a rendersi conto che l’ovile è solo un set di cartapesta falso quanto una capigliatura trapiantata.
Ma poi siamo proprio sicuri che le liste saranno effettivamente bloccate? C’e’ una discreta probabilità che la legge elettorale venga cambiata se gli oppositori una volta tanto capissero la posta in gioco e si mettessero d’accordo su un sistema che ponga fine al Porcellum. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di fare un nuovo governo, basterebbe portare la proposta in Parlamento ed approvarla.
E poi non e’ detto che debba essere Berlusconi il Presidente del Consiglio che conduce il paese alle urne. Una volta che l’Unto si dimettesse Napolitano potrebbe comunque affidare l’incarico di formare un nuovo governo ad una personalita’ fuori dai giochi che chieda la fiducia al Parlamento. Anche se non dovesse ottenerla Berlusconi perderebbe lo scudo del legittimo impedimento e dovrebbe fare i conti con i processi. Magari con una sentenza sul caso Mills. Il ritrovato gusto del buon umore che promana dal Quirinale potrebbe essere dovuto a questa gradevole prospettiva dopo due anni di insulti, pressioni, diatribe e minacce.
Rimane solo da augurarsi ardentemente che a questo giro i grandi strateghi del PD se ne stiano in barca con la loro ciurma. Perche’ solo loro sarebbero capaci di far perdere la partita nonostante il carico di briscole che il Fato in questa mano folle, ha voluto, imprescrutabilmente, servire a chi puo’ ancora raddrizzare la barra di questo disgraziato Paese.