Doveva essere il gruppo di solidarietà, il “pronto soccorso” – per dirla con Vittorio Feltri – per garantire la maggioranza in Parlamento ad un governo esangue. Eppure il gruppo parlamentare dei 20, prima ancora del suo varo, non ha certo mostrato di essere una squadra, e i soccorritori si muovono in ordine sparso. Così che l’intera operazione ha cominciato ad assumere gli sgradevoli contorni di una mossa mediatica ideata per dimostrare che il governo non traballa sotto i colpi dei finiani. Anzi, sarebbe persino in grado di raccogliere nuove adesioni.
I distinguo e le smentite
Uscendo ieri sera da Palazzo Grazioli dove aveva incontrato il presidente del Consiglio, il segretario del Pri Francesco Nucara aveva annunciato: “Ci sono i numeri un gruppo di responsabilità”. “Sono amico di Berlusconi da dieci anni – aveva subito precisato per prevenire le malizie – non mi deve niente, io gli devo tutto”. Insomma, un disinteressato gesto per il bene del governo. Ma sulla fuga in avanti di Nucara, probabile candidato a guidare il gruppo parlamentare, è caduta una pioggia di no, di ni, di distinguo e di smentite. A cominciare dall’ex segretario del suo stesso partito, Giorgio La Malfa, decisamente irritato dall’iniziativa (guarda il video di David Perluigi).
Ma è sul totonomi che si è scatenata la vera bagarre. Chi, come il segretario siciliano dell’Udc Saverio Romano è stato tirato dentro si è affrettato a smentire: “Non conosco Nucara, non so cosa stia facendo, faccio tanti auguri a lui e al suo gruppo dei 20, la nostra è una battaglia che si gioca tutta interna all’Udc per stabilizzare una linea politica che negli ultimi tempi sembra essere un po’ troppo ondivaga”. L’Udc non è in vendita, è sembrato il messaggio, ma l’avvertimento deve essere arrivato chiaro e forte anche a Casini: non giochi troppo con la sinistra o il partito al Sud non tiene.
Smentite secche invece sono arrivate dai tre deputati liberal democratici, da quelli di Svp – “non entreremo in maggioranza” – e da Antonio Razzi (Idv). Diverso discorso per l’Mpa che ha annunciato, per voce di Aurelio Misiti, di essere “intenzionato a votare la fiducia sui 5 punti programmatici del Pdl solo se saranno adottati provvedimenti concreti per il Sud”. Quanto alla partecipazione al nuovo gruppo Misiti ha seccamente negato: “Stiamo bene dove stiamo”.
Pronti a fare parte della ‘legione straniera’ invece, i deputati di Noi Sud, rappresentati da Arturo Iannacone e Vittorio Belcastro, salvo contestare la leadership di Nucara: “Nessuno è autorizzato a rappresentarci – ha dichiarato Belcastro – tanto meno Nucara che forse farebbe bene a recuperare La Malfa”. Noi Sud, ha rincarato Iannacone, ha “contatti diretti con il Premier” e “non ha bisogno di mediatori”.
Punto e a capo
Insomma, in questo contesto la situazione del governo non migliora, anzi, se possibile peggiora, lasciando a Berlusconi spazi sempre più stretti, tanto che lo stesso Nucara ha fatto marcia indietro: “Silvio è stato troppo ottimista”. Ormai, però, con i potenziali “salvatori” pronti a passare all’incasso in nome del Sud, anche la Lega ha mostrato irritazione verso la ‘pesca’ dei parlamentari: “Se c’è una maggioranza che ogni giorno deve cercare i voti in Parlamento, si lavora male”, ha osservato Roberto Maroni. D’altro canto, il premier è stretto all’angolo dalle sue stesse dichiarate intenzioni di “governare per i prossimi tre anni”, ancor di più ora che il suo proposito ha incassato il sostegno del presidente della Repubblica.
A questo si aggiunge il boomerang – pubblico, e quindi ancora più pericoloso per il Cavaliere – di quella che da più parti è stata chiamata “compravendita”. A cominciare dal Pd, passando per Vendola – “Siamo al calciomercato, le istituzioni parlamentari ridotte a una specie di souk arabo” – fino alla più dura delle critiche, quella del quotidiano di casa. “Berlusconi – scriveva stamattina Vittorio Feltri su il Giornale – si è rivolto ad un gruppo di deputati senza fissa dimora che si è precipitato sul luogo del sinistro”. Quanto potrà durare questo “male minore”? “Noi, risponde Feltri, pensiamo che una maggioranza raffazzonata, per quanto ben guidata, non abbia un gran futuro”. Quanto dura, aggiungeremmo noi, non ci interessa. Semmai la domanda è “a che prezzo?”.