Una storia di provincia, che travolge un comune di 1.712 abitanti. Che, però, potrebbe dare grattacapi a personaggi nazionali. Uno per tutti: Renato Brunetta. Il ministro non è indagato, ma qualche spiegazione dovrà darla su quel rustico acquistato nel Parco delle Cinque Terre. E poi sui rapporti con il presidente del Parco, Franco Bonanini, e i suoi amici che nelle intercettazioni si autodefinivano “la cricca”. Ma nelle 900 pagine dell’ordinanza della Procura della Spezia gli arrestati parlano di contatti indiretti anche con Angelino Alfano e Niccolò Ghedini. Millanterie, pensano i pm. Il municipio di Riomaggiore (La Spezia) ieri era quasi deserto. Metà comune è finito in cella o indagato: il sindaco Gianluca Pasini (centrosinistra), il comandante dei vigili, un assessore, dirigenti e impiegati. Poco lontano, nella sede del Parco delle Cinque Terre, una scena simile: arrestato il presidente, sottoposti a misure cautelari il portavoce e diversi consulenti. In tutto 25 indagati, 18 con misure cautelari.
Le accuse per alcuni sono pesanti: associazione a delinquere finalizzata ai reati di falso, corruzione, concussione, violenza privata e calunnia. Per i pm spezzini, Luca Monteverde e Tiziana Lottini, i dirigenti del Comune e dell’Ente Parco avrebbero costituito un inossidabile gruppo di potere. Una rete capace di ottenere finanziamenti pubblici per opere mai realizzate e di intimidire chiunque cercasse di opporsi. Il “dominus” dell’associazione sarebbe Bonanini, un nome noto nel mondo dell’ambientalismo. Il “Faraone”, come lo chiamano qui. Figura complessa: meriti indubbi nel rilancio delle Cinque Terre, ma metodi da accentratore. Uomo del Pd (candidato alle europee) vicino a politici come Claudio Burlando e a Legambiente. Non solo: Bonanini vantava l’amicizia di esponenti del centrodestra, come Brunetta. Una figura che aveva costruito il suo potere sul carisma e su appoggi a 360 gradi. L’inchiesta ha prodotto 900 pagine di ordinanza: “Per il loro losco tornaconto e cercando di coinvolgerlo in modo subdolo, Bonanini arriva a strumentalizzare l’amicizia e il buon rapporto con Brunetta, al quale sembra intenzionato a rivelare l’esistenza di indagini espletate in maniera irregolare… al fine di ottenere un interessamento e un intervento politico – ispezione presso la procura – che possa interrompere l’iter giudiziario”.
Il 13 luglio Bonanini dice: “Ora io chiamo il mio collaboratore… e gli dico che gli dica un messaggio, a Brunetta, poi io vado su e gli faccio fare un’ispezione”. Gli investigatori annotano che Bonanini avrebbe fatto recapitare una busta a Brunetta per informarlo delle indagini. Il Faraone, annotano i pm, sosteneva di aver “interessato nientemeno che il ministro Alfano e il noto avvocato Ghedini, millantando una sorta di potenza derivatagli dalla conoscenza di personaggi influenti”. Come nel caso dei contatti vantati con il procuratore della Spezia: “Bonanini ostenta una sorta di delirante onnipotenza millantando incontri e contatti con personalità… come ad esempio il suggerimento che gli avrebbe dato il procuratore della Repubblica Massimo Scirocco che gli avrebbe detto di presentare esposti anonimi”. Fu il quotidiano Libero a raccontare l’acquisto di un rustico da parte di Brunetta, mentre più d’uno sollevava questioni sul prezzo della casa, piccola, ma in una zona che vale oro.
Il rustico è stato oggetto di accertamenti “sulla ristrutturazione compiuta dal precedente proprietario, quando, però i contatti per la vendita erano già stati avviati”. Gli arrestati chiamano spesso in causa il rustico. Annotano i pm: “Il nome di Brunetta veniva messo in relazione con il finanziamento dell’operazione del Canneto”. Di che cosa si tratta? Una parte dei finanziamenti per i lavori nella zona del Canneto sarebbero stati utilizzati dall’uomo (non indagato) che ha venduto il rustico a Brunetta. Brunetta non avrebbe un ruolo nella vicenda: “L’attività sembrerebbe essere riconducibile al tentativo di aggraziarsi il ministro”. Marco Valerio Corini e Federico Giromini, difensori di Bonanini, sono perplessi sulle accuse e “sulla necessità dell’arresto per una persona che ha subito un trapianto di fegato, un uomo dai modi spicci, ma rispettoso della legge”. Prima di leggere l’ordinanza di arresto, si schierano con Bonanini ambientalisti e centrosinistra. Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, non ha dubbi: “Franco saprà dimostrare la sua estraneità ai fatti. La magistratura faccia presto chiarezza su una vicenda paradossale”. Ermete Realacci, responsabile Green Economy del Pd (ed ex presidente di Legambiente) si dice “sconcertato”. I senatori ecodem del Pd, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, dichiarano: “Rispettiamo la magistratura, ma l’arresto ci pare assurdo”. “Stupore e sconcerto”, da parte del ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo. I pm, però, descrivono “una gestione totalmente criminale della cosa pubblica all’interno del Comune di Riomaggiore”.
I pm ricostruiscono le pressioni sui consiglieri comunali che hanno provato a opporsi: Alessandro Bordone, autore di un messaggio non firmato sul blog di Beppe Grillo critico verso il Faraone, “sarebbe stato ammonito circa il fatto che gli accusati vantavano conoscenze nella polizia postale e che grazie a tali conoscenze lo avevano identificato come autore delle critiche”. Di qui l’avvertimento: “gli avrebbero rovinato la vita” se non avesse ritirato le sue affermazioni. Senza contare i finanziamenti per lavori mai realizzati (intorno a 800 mila euro). Denaro, secondo i sostenitori di Bonanini, mai utilizzato per fini personali, ma per altri interventi utili al territorio. Ma colpiscono frasi come: “Devi falsificare questa qui”. Bonanini, secondo i pm, avrebbe ispirato ai complici missive anonime stile Corvo: “Hanno utilizzato una stampante apposita e guanti in lattice per non lasciare impronte”. Si accenna a personaggi calabresi: “Lo dico a C… fa venire due da Capo Rizzuto e poi la smette davvero”.
da Il Fatto Quotidiano del 29 settembre 2010