Nei prossimi giorni saremo costretti a subire la storia dell’ennesima ragazza uccisa. Non c’è niente da fare. Anche se appena la tv inizia a parlarne giri canale hai già sentito troppo. Solo pensare alla faccia della madre, che apprende che è stato lo zio a ucciderla mi fa star male. Una vertigine. Non sono fatti che la nostra mente può accettare. Sono storie che ci ributtano addosso l’inconsistenza della vita. Lo squilibrio. Quella sensazione di precarietà e di ingiustizia che ti viene addosso quando scopri di avere una malattia. Quando ti ricordi che prima o poi devi morire. Che carognata!
E’ questa la molla profonda di tutte le fughe, di tutte le tecniche di autoanestesia (droghe, alcol, fondamentalismo, videogames, pillole legali, sesso compulsivo, cibo compulsivo). Dietro a tutti i complessi, i traumi, le fobie, c’è la paura del dolore e della morte. Ti risparmio una facile soluzione del problema. Non ce ne sono.
Alla fine è un conteggio che ognuno deve fare per suo conto: vale la pena vivere la mia vita nonostante tutto quel che può succedere? Allora mi chiedo: esiste un altro modo di vedere la questione? Esistono persone che vedono tutto a rovescio.
Una domanda preliminare: siamo d’accordo che le persone più povere del mondo hanno il diritto di curare i malati senza dover pagare una tassa onerosa? Lo so che sembra una domanda assurda. Ma ha delle implicazioni interessanti. A chi verrebbe in mente di chiedere del denaro a una persona che vive a stento, per permetterle di curare i malati?
Anni fa ho letto su Nigrizia, il mensile dei missionari Comboniani (fonte credibile) una lettera di una ragazza che vive in uno sperduto villaggio africano. Scrive al comitato del villaggio. Ringrazia: sono arrivata qui con i miei genitori. Eravamo ammalati. Ci avete curati. I miei sono morti e voi mi permettete di vivere lavorando nell’orto del villaggio. Grazie. Ora vi scrivo perché ho un sogno: curare i malati. Ma non ho i soldi per pagare. Vorrei chiedervi se posso invece di pagare con i soldi pagare con un turno supplementare di lavoro nell’orto. Questa ragazza chiedeva di poter pagare il diritto di curare i malati non con denaro che non aveva ma con un baratto. Assurdo?
Per loro è assurdo quel che facciamo noi, che narcotizziamo la nostra paura della morte ingurgitando tonnellate di scene di morte sciroppate dai tg, e siccome non ci basta spendiamo denaro per avere film di massacri veri e finti, violenze e torture 24 ore al giorno con la pay tv. In Africa c’è gente che ha capito che l’unica cosa che può lenire la paura della fine della vita è stare vicino a una persona di valore che sta morendo e ti dice: ne è valsa la pena, di vivere. Non vale se te lo dice il prete o il filosofo. Te lo dive dire una persona che sa di essere sul punto di morire e dopo avertelo detto muore veramente. Solo così ha valore. E se sai quanto vale ti viene naturale pagarlo. Sta morendo, magari ha un ultimo desiderio, non ha tempo di fare un baratto, tocca darle i contanti.
Per tutta la vita ho avuto paura di trovarmi vicino a un moribondo. Poi l’età mi ha portato a non poter sfuggire alla necessità di stare vicino ad amici che stavano lasciando questo mondo. E ho avuto la fortuna di incontrare persone di valore, che avevano vissuto e che mi hanno potuto “certificare” che vivere aveva avuto un senso. E da allora la mia angoscia si è stemperata. Non che sia passata ma ha raggiunto un peso sopportabile. Conosco quel modo di accettare l’inevitabile, di guardare oltre la mera fine per vedere la storia di una vita e benedirla anche se finisce, magari troppo presto, magari in modo ingiusto.
Io credo che sia questo il grande bandolo della questione esistenziale. E’ qui l’ombelico del mondo. Capirlo rende ancor più insopportabile che un nugolo di bestie senz’anima non senta fratellanza con tutti noi e sia disposto a depredare e uccidere, a rendere doppio il peso dell’assurdità del mondo. Menti malate, giocattoli rotti.
E credo che da qui debba partire la nuova politica. Quella che potrà sollevare l’umanità dal trogolo della violenza. Ma non sento parlare di questo, nei discorsi dei leader progressisti. Per questo spesso sono perdenti. Gente come Berlusconi lavora tutto il giorno per costruire un teatrino dell’assurdo che funziona come una specie di anestesia totale verso le vere questioni del vivere. Proprio per questo trova consenso. La gente lo sa che è tutto finto. Come sa che le pasticche non risolvono i problemi. Ma Berlusconi, con la sua cripta piena di sculture dove forse si farà surgelare con i suoi compari, parla alla gente di un mondo dove non si muore, si esce soltanto un attimo di scena, per rientrare subito dopo.
Un mondo dove i seni delle ballerine dimostrano incontrovertibilmente che la morte capita solo agli stupidi e tutto va bene, che basta accumulare denaro e potere per sfuggire a qualunque legge. Come si può pensare che un uomo che ha avuto mille donne ed è sfuggito a mille processi possa poi morire? E se non muore lui potrei farcela anch’io. Immagina la scena: Berlusconi e la Morte. E lui che dice: cosa vuoi per chiudere un occhio?