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Lo “scoop” del Giornale su Camilleri

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Andrea Camilleri ha un’inventiva strepitosa e una capacità di lavoro impressionante. Ma ha anche la colpa inespiabile (agli occhi del regime putiniano di Arcore) di impegnarsi dalla parte giusta, quella della giustizia e della libertà, in occasione delle lotte che per fortuna la società civile riesce ancora ad animare. Ultima scelta di impegno, in ordine di tempo, la mobilitazione della società civile (ripeto di proposito il termine, proprio perché a molti dispiace) in sinergia con la Fiom, sabato 18 ottobre.

Ovvio che contro Camilleri “il Giornale” del padrone abbia il dente avvelenato. Ma poiché da quelle parti l’inventiva è un tanticchia indigente e la capacità di lavoro un canticchia claudicante, per attaccare Camilleri non trovano di meglio che accusarlo di scrivere troppo, costringendosi in pratica ad “autocopiarsi” per venir meno della fantasia. I “segugi” del “Giornale”, evidentemente “a rota” di nuove rivelazioni su Montecarlo, fanno lo scoop: quella di Camilleri è “una catena di montaggio” e “una certa ripetitività è inevitabile quando si produce in serie”. Il titolo dell’articolo è sensazionale: “Il nuovo Camilleri ‘pricisu’ identico agli altri sette usciti nel 2010” come dimostrato dalla seguente “pistola fumante” (la cucina Scavolini le fa un baffo): nel nuovo libro (“Il Sorriso di Angelica”) “Montalbano questa volta si innamora. Il commissario si sveglia di colpo, o meglio ‘s’arrisbigliò subitaneo’”. Ma, ecco lo scoop, “Montalbano, si era già innamorato di una ragazza dagli occhi chiari nella ‘Età del dubbio’ (il quattordicesimo della serie, edito da Sellerio nel 2008) e anche lì, per pura coincidenza, si svegliava bruscamente in una giornata tempestosa”. Praticamente un plagio, non c’è che dire. Ai segugi del “Giornali” suggeriamo una ulteriore pista: quello dell’autoplagio in Camilleri è un vizio: una lite (anzi “azzuffatina”) tra Montalbano e la fidanzata Livia, per dire, c’è quasi in ogni romanzo.

E poi quelli del “Giornale” si lamentano che al berlusconismo non venga riconosciuta l’egemonia culturale che meriterebbe.

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