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Nastro Fassino-Consorte, indagato Paolo Berlusconi

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Solo qualche giorno fa Berlusconi tuonava contro le intercettazioni. “Non è possibile – diceva – vivere in un Paese in cui non puoi telefonare in tranquillità”. Dopo avere provato in tutti i modi a far passare il bavaglio in Parlamento, il premier ancora oggi vorrebbe limitare il potere investigativo della magistratura e della stampa. Eppure, secondo le carte della procura di Milano, che oggi ha chiuso le indagini sulla fuga di notizie che portò alla pubblicazione della famosa telefonata Fassino-Consorte (“Abbiamo una banca” diceva il leader Ds riferendosi alla scalata di Unipol a Bnl) è proprio Berlusconi ad avere tratto il massimo vantaggio dalle intercettazioni telefoniche, grazie all’apporto del giornale di famiglia.

Come si legge nell’avviso di conclusioni indagini firmato dal pm Maurizio Romanelli, infatti, il fratello del premier Paolo è indagato non solo per ricettazione e millantato credito ma anche per concorso in rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio, in “qualità di editore del quotidiano Il Giornale” che il 31 dicembre 2005 pubblicò la conversazione intercettata tra Fassino e Consorte nonostante fosse coperta ancora da segreto istruttorio. L’avviso di conclusione dell’indagine contiene altre due novità: secondo l’accusa la “rivelazione” di quella conversazione, che suscitò polemiche nel mondo della politica, sarebbe avvenuta “in favore” di “Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio in carica”, il quale a sua volta però risulta “parte lesa” per un tentativo di estorsione da parte di Fabrizio Favata.

Oltre al fratello di Berlusconi, la Procura di Milano ha chiuso le indagini nei confronti Roberto Raffaelli, ex titolare della Research Control System e, appunto, dell’imprenditore Fabrizio Favata. Proprio quest’ultimo, secondo la procura, consegnò il nastro, non ancora trascritto, nelle mani del fratello del premier. L’effetto della pubblicazione fu dirompente, e a pochi mesi dal voto politico del 2006 spinse il centrodestra verso l’inizio di una velocissima rimonta che portò Berlusconi ad un passo dalla rielezione, dopo che i sondaggi per mesi avevano largamente consegnato il paese al centrosinistra. Per Favata le accuse sono di estorsione nei confronti di Roberto Raffaelli e di tentata estorsione nei confronti di Paolo e Silvio Berlusconi (in questo caso parti lese), per aver cercato di ottenere soldi “mediante contatti personali con l’avvocato Ghedini”. Un tentativo di estorsione che, però, non risulta essere mai stato denunciato.

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