La notizia data dal ministro dell’Interno Roberto Maroni a margine del Consiglio dei Ministri di questa mattina è una notizia attesa da oltre cinque anni: dal 1° gennaio 2011, anche nel nostro Paese – come avviene da sempre nel resto del mondo – chiunque potrà entrare in un bar, aprire il suo PC, e leggersi un giornale online mentre prende un caffè, senza bisogno di farsi identificare attraverso un documento di identità. Ci avviamo, semplicemente, a diventare – almeno sotto questo punto di vista – un Paese normale e, pertanto, non ci sarebbe nulla da festeggiare ma, considerato il lungo periodo di forzata anormalità, la notizia è, comunque, da salutare con favore.
Senza, tuttavia, voler rovinare la giornata di festa, occorre sottolineare alcune note davvero stonate. La prima – e spiace doverlo constatare – è l’estemporanea sortita del Procuratore Nazionale antimafia Piero Grasso che, appresa la notizia, sembrerebbe aver manifestato grande preoccupazione per le indagini di mafia in quanto, a suo dire, l’abrogazione del Decreto Pisanu – ammesso che di ciò si tratti – ridurrebbe “moltissimo la possibilità di individuare tutti coloro che commettono reati attraverso Internet“. Il dubbio a sentire dichiarazioni di questo genere è che il supermagistrato non abbia ben compreso che la norma di cui si discute riguarda esclusivamente gli accessi a internet attraverso posti pubblici di connettività: bar, ristoranti e internet café.
Siamo davvero sicuri che gli episodi di criminalità informatica di “stampo mafioso” che, giustamente, preoccupano il Dr. Grasso, siano generalmente perpetrati attraverso wifi pubblici e non piuttosto attraverso utenze di internet mobile intestate a prestanome o, magari sim card usa e getta o, ancora, attraverso wifi “scroccato” ad ignari cittadini? Quante volte, negli ultimi cinque anni, nelle indagini relative a questo genere di episodi criminali, sono risultati davvero determinanti i dati relativi alla navigazione della clientela, raccolti dai gestori di pubblici esercizi?
Si tratta di un dato che se tanto importante da giustificare le preoccupazioni di Grasso, andrebbe reso pubblico [n.d.r. in termini anche solo “quantitativi”] perché, in difetto, l’attività di schedatura di massa di milioni e milioni di cittadini che si sono limitati a prendersi un caffè, navigando in rete per scopi assolutamente leciti, risulterebbe, evidentemente, ingiustificata.
E’ stato, d’altro canto, lo stesso Ministro Pisanu, nelle scorse settimane, a riconoscere che le disposizioni in tema di wifi pubblico contenute nel suo decreto erano, già all’epoca del suo varo, di dubbia costituzionalità ma vennero ritenute necessarie nel clima di urgenza dell’epoca, rispetto alla minaccia terroristica internazionale in atto.
Troppo raramente, negli ultimi cinque anni, ci si è fermati a riflettere sulla enorme compressione della privacy dei cittadini italiani perbene, insita nelle misure di contrasto al terrorismo internazionale “a mezzo internet” contenute nel Decreto Pisanu.
La seconda nota stonata della giornata è rappresentata dall’immensa confusione che, ancora, regna attorno alla vicenda ed alla reale portata del provvedimento assunto dal Governo.
Il ministro Maroni in conferenza stampa ha parlato di “liberalizzazione dell’accesso al wifi pubblico a far data dal prossimo primo gennaio” e dell’impegno, nei prossimi mesi, a studiare misure di identificazione “light”, sostitutive dell’attuale obbligo di identificazione a mezzo carta di identità. Lo stesso ministro ha, inoltre, parlato di possibilità di libera navigazione attraverso smartphone. Palazzo Chigi, nel suo comunicato stampa, parla di “rimozione delle restrizioni in materia di accesso alla rete wifi“.
Ma cosa ha deciso davvero il Consiglio dei Ministri di questa mattina? L’abrogazione immediata dell’art.7 del Decreto Pisanu, attraverso il Decreto legge sulla sicurezza varato?
Possibile ma, parrebbe di no perché, altrimenti, non si spiegherebbe il differimento della sua efficacia sino al 1° gennaio 2011, data a partire dalla quale Maroni ha promesso di “liberare il wifi”.
L’eventuale abrogazione dell’art. 7 del Decreto Pisanu, d’altro canto, significherebbe che da domani mattina sarebbe possibile sedersi a un bar e leggersi un giornale online senza bisogno neppure di una forma di identificazione light che, invece, il ministro Maroni sembra ritenere indispensabile.
E allora cosa ha deciso Palazzo Chigi? Semplicemente di non prorogare l’efficacia dell’art. 7 del Decreto Pisanu, oltre il prossimo 31 dicembre 2010 e, frattanto, di studiare diversi modelli di identificazione dei clienti di un esercizio pubblico con i quali sostituire l’attuale? Possibile anche questa ipotesi ma, se così fosse, oggi, ci sarebbe ancora poco da festeggiare. In caso di “semplice” mancata proroga dell’art. 7 del Decreto Pisanu, infatti, il 1° gennaio 2011, nulla cambierebbe sul versante dell’obbligo dei gestori di bar e ristoranti di identificare, attraverso documento di identità, la propria clientela e di tenere traccia della loro navigazione online.
L’unica differenza – benché comunque importante – rispetto all’attuale regime, sarebbe rappresentata dalla possibilità per i gestori di pubblici esercizi di iniziare a rendere disponibili risorse wifi senza bisogno della speciale licenza del questore, benché, naturalmente, nel rispetto di ogni altra norma di legge relativa a tale genere di attività.
Il Decreto Pisanu, infatti, mentre prevede un termine di scadenza [n.d.r. originariamente 31 dicembre 2007] per l’obbligo relativo alla richiesta di licenza al questore, non precede alcuna “scadenza” per le altre previsioni contenute nello stesso art. 7, in materia di obbligo di identificazione degli utenti.
Si tratta di una circostanza chiara a Palazzo Chigi? C’è ancora un’altra possibilità: il governo potrebbe solo aver deciso di presentare un disegno di legge attraverso il quale prevedere la contestuale abrogazione dell’art. 7 del Decreto Pisanu e la sostituzione delle attuali norme in materia di identificazione degli utenti con disposizioni che prevedano un meccanismo più “leggero”.
In questo caso, tuttavia, nulla cambierebbe – nonostante la promessa di Maroni di liberalizzare il wifi entro il 1° gennaio – sino all’entrata in vigore della nuova legge e, in questa stagione politica, sembra difficile scommettere su una celere conclusione dell’iter normativo di una legge, per di più, in materia di internet.
Davvero troppa confusione in relazione al rilievo della questione. Senza arrivare a sognare l’attuazione dell’opengov statunitense, sarebbe tuttavia auspicabile che, almeno i provvedimenti adottati dal Governo in Consiglio dei Ministri, fossero accessibili, in modo trasparente ai cittadini in forma tale da non lasciare spazio alcuno a interpretazioni e/o ipotesi.
In attesa che qualcuno dal ministero dell’Interno o da Palazzo Chigi, faccia chiarezza, per il momento sembra opportuno ricordare che se si vuole davvero raggiungere l’obiettivo annunciato occorre abrogare l’intero art. 7 del Decreto Pisanu e, eventualmente, sostituire le disposizioni in materia identificazione attraverso documento di identità con le nuove regole elaborate dagli uomini del Ministero di Maroni.
A quest’ultimo proposito, tuttavia, vale la pena ricordare che tali misure dovranno consentire a tutti i cittadini UE di beneficiare delle risorse di connettività pubbliche e, soprattutto, tener conto della circostanze che, l’identificazione a monte dell’attivazione di un’utenza telefonica è una buona soluzione in relazione agli aspetti contrattuali nei rapporti tra gestore ed utente ma non è tanto sicura da poter addirittura essere utilizzata per finalità di antiterrorismo online.
E’, innegabile, che un passo avanti sia stato fatto ma, sfortunatamente, la strada per diventare un Paese “normale” nell’approccio alla diffusione e promozione delle risorse di connettività pubbliche è ancora lunga.
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