Ho già avuto modo di discutere le gesta del prof. Giavazzi, “economista” nostrano, e del suo feroce fanatismo intellettuale, conosciuto infatti per averci spiegato che “il sistema universitario e della ricerca in Italia non sono riformabili… Illudendosi che sia possibile migliorare l’esistente in realtà si fa il gioco dei conservatori, cioè di coloro che sono responsabili del disastro in cui ci troviamo…”. L’unica soluzione diviene dunque quella di distruggere il sistema. Ringraziamo il prof. Giavazzi per la citazione, ma tale posizione ricorda molto (troppo) quella che il nostro paese ha già conosciuto in un recente passato, figlia di un pensiero massimalista tanto squilibrato quanto pericoloso. Nel giorno della sua approvazione, per rettilinea coerenza, il prof. Giavazzi ci delizia con un dotto editoriale in difesa del ddl Gelmini, che viene presentato come la migliore riforma possibile in accordo sia con quel mondo politico che dell’università ha una conoscenza piuttosto approssimativa e sicuramente del tutto settoriale (o piuttosto, a cui non importa nulla), sia con un improbabile gruppo di sedicenti docenti universitari della Fondazione Magna Carta, il cui presidente è tal Gaetano Quagliariello (forse un omonimo del senatore Pdl? Chissà!).
L’incipit della difesa giavazziana è una frase ritagliata da uno scritto di Luigi Einaudi “Del valore dei laureati unico giudice è il cliente:…”; sarebbe interessante conoscere quale sia il cliente, per esempio, di un fisico teorico, di un matematico, di un filologo, di un sociologo o di uno storico. Probabilmente lo scritto di Einaudi, esautorato dal suo contesto originario, assume un significato diverso da quello che il suo autore gli voleva impartire. Infatti, la citazione continua con “…questi (il cliente, ndr) sia libero di rivolgersi, se a lui così piaccia, al geometra invece che all’ingegnere, e libero di fare meno di ambedue se i loro servigi non gli paiano di valore uguale alle tariffe scritte in decreti che creano solo monopoli e privilegi”. Come è noto Einaudi in tale scritto si riferiva a tutt’altro problema, ovvero alla questione del valore legale del titolo di studio in particolare nel mondo delle professioni, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in un albo. La citazione è dunque fuori luogo sia per il contesto in cui essa era stata utilizzata sia perché in ogni caso non si può in nessun modo assimilare la ricerca di base, scientifica o umanistica, all’esercizio delle attività professionali. Come si può assimilare il lavoro del fisico teorico a quello del geometra e dell’ingegnere ?
Ovviamente si tratta di attività diverse e bisogna avere una visione dell’istruzione e della ricerca microscopicamente limitata e pesantemente schiacciata da un’ideologia aberrante per estendere questa considerazione all’università nella sua complessità ed eterogeneità di compiti, insegnamenti e ricerca. Ma, come ho già avuto modo di notare, sono proprio queste idee ottocentesche che abitano nella testa di chi intende riformare il sistema universitario italiano nel 2010. E dunque di chi difende e avalla lo sciagurato ddl Gelmini.
Questo inizio è utilizzato dal nostro eroe per bacchettare la riforma Gelmini poiché non permette di aumentare a piacimento le tasse universitarie e non abolisce il valore legale del titolo di studio (altre manie bocconiane, come ci insegnerebbe il prof. Perotti). Certo, la riforma perfetta sarebbe stata quella di radere al suolo il sistema universitario pubblico, ma in assenza di questa possibilità, contentiamoci di una legge che paralizza le università per i prossimi anni, le ridimensiona sensibilmente e umilia quel corpo docente fatto solo di perversi baroni e dei loro servi della gleba, i ricercatori. Tanto l’eccellenza nel sistema pubblico non c’è. Si conclude questa introduzione – presa di distanza fittizia – con: “Il ministro Gelmini non ha il coraggio di Luigi Einaudi”. Probabilmente non è l’unica qualità d’Einaudi che la nostra ministra non ha.
Nella lista dei presunti meriti del ddl Gelmini, secondo il prof. Giavazzi, ci sono una serie di affermazioni che distorcono la realtà, in quanto false. Vediamone qualcuna. “Il risultato, nonostante tutto, non è poca cosa. La legge abolisce i concorsi, prima fonte di corruzione delle nostre università”. Forse il prof. Giavazzi intende dire che con il taglio del 20% effettuato nel 2008 al finanziamento universitario le risorse per nuovi posti non ci saranno più e dunque niente più concorsi. Perché, altrimenti non c’è nessuna traccia d’abolizione di concorsi nel ddl Gelmini!
“Crea una nuova figura di giovani docenti «in prova per sei anni», e confermati professori solo se in quegli anni raggiungano risultati positivi nell’insegnamento e nella ricerca. Chi grida allo scandalo sostenendo che questo significa accentuare la «precarizzazione» dell’università dimostra di non conoscere come funzionano le università nel resto del mondo”. E quali sarebbero le università del mondo in cui non si assicura all’origine la copertura finanziaria di una tenure-track (sottoposta a valutazione, ovviamente)? Una bugia ripetuta mille volte non diventa necessariamente verità, soprattutto per coloro che la dovranno sperimentare sulla propria pelle. Ma certo che può diventare realtà virtuale per un’opinione pubblica distratta e offuscata da un’incalzante propaganda di disinformazione.
Prosegue il Nostro: “«Non si fanno le nozze con i fichi secchi», è la critica più diffusa. Nel 2007-08 il finanziamento dello Stato alle università era di 7 miliardi l’anno. Il ministro dell’Economia lo aveva ridotto, per il 2011, di un miliardo. Poi, di fronte alla mobilitazione di studenti, ricercatori, opinione pubblica e alle proteste del ministro Gelmini, Tremonti ha dovuto fare un passo indietro: i fondi sono 7,2 miliardi nel 2010, 6,9 nel 2011, gli stessi di tre anni fa”.
Addirittura le proteste del ministro Gelmini? Ci erano proprio sfuggite. Comunque, fin quando le prossime finanziarie non verranno approvate, questi sono numeri a casaccio. E, come notato dal direttore de “Le Scienze” Marco Cattaneo: “In realtà, come tutte le riforme che praticano la politica dei tagli lineari – ah, se solo il presidente della Camera fosse coerente con i suoi proclami – anche la riforma Gelmini penalizzerà la parte sana dell’Università italiana e lascerà indenne quella malata”.
Inoltre aggiunge il prof. Giavazzi: “La legge innova la governance delle università: limita l’autoreferenzialità dei professori prevedendo la presenza di non accademici nei consigli di amministrazione (seppure il ministro non abbia avuto la forza di accentuare la «terzietà» del cda impedendo che il rettore presieda, al tempo stesso, l’ateneo e il suo cda)”. Abbiamo già visto quali siano gli effetti dei “non accademici” nei consigli di amministrazione delle università e a quali risultati di eccellenza questi conducano come nel caso della LUISS e dell’IIT, grazie. Prosegue: “Per la prima volta prevede che i fondi pubblici alle università siano modulati in funzione dei risultati.
La valutazione è l’unico modo per non sprecare risorse, per consentirci di risalire nelle graduatorie mondiali e fornire agli studenti un’istruzione migliore”. La legge, però, prevede solo deleghe (chi le farà?) in tema di valutazione (l’ANVUR è una scatola vuota da parecchi anni e tale è rimasta sotto l’epocale ministero Gelmini).
Infine: “Davvero Bersani pensa che se vincesse le elezioni riuscirebbe a far approvare una legge migliore? Migliore forse per chi nell’università ha avuto la fortuna di riuscire a entrare. Dubito per chi ne è fuori nonostante spesso nella ricerca abbia ottenuto risultati più significativi di chi è dentro”. A prescindere da Bersani (sic), una riforma sensata dell’università si potrà fare solo a condizione di svolgere uno studio approfondito sullo stato attuale dell’università italiana confrontandolo con quanto avviene in paesi europei, che conoscono sistemi vicini al nostro, e individuando un modello di riferimento realistico (quello della Francia ad esempio). Soprattutto si potrà fare quando si ascolterà anche la voce di coloro che nell’università ci sono appena entrati e ne rappresentano la parte più innovativa e dinamica, come la voce di coloro che ancora non hanno avuto la possibilità di essere assunti o semplicemente di fare un concorso degno di questo nome. Certamente non si farà una riforma sensata seguendo le elucubrazioni di un economista passatista ottenebrato da un’ideologia di riporto. E chi ci prova ora, ne pagherà, prima o poi, le conseguenze politiche, culturali ed intellettuali.
Segnalazioni
I pensieri di una ricercatrice sui tetti dell’università di Roma: Francesca Coin alla trasmissione Via con me
Lettera aperta ai Rettori, ai Presidi di Facoltà, ai Direttori di Dipartimento e ai Presidenti di Consiglio di Corso di Studio delle Università Statali Italiane
Ricercatori e professori non disponibili a distruggere l’università pubblica
Francesco Sylos Labini
Astrofisico
Scuola - 1 Dicembre 2010
L’ideologia e i suoi difensori
Ho già avuto modo di discutere le gesta del prof. Giavazzi, “economista” nostrano, e del suo feroce fanatismo intellettuale, conosciuto infatti per averci spiegato che “il sistema universitario e della ricerca in Italia non sono riformabili… Illudendosi che sia possibile migliorare l’esistente in realtà si fa il gioco dei conservatori, cioè di coloro che sono responsabili del disastro in cui ci troviamo…”. L’unica soluzione diviene dunque quella di distruggere il sistema. Ringraziamo il prof. Giavazzi per la citazione, ma tale posizione ricorda molto (troppo) quella che il nostro paese ha già conosciuto in un recente passato, figlia di un pensiero massimalista tanto squilibrato quanto pericoloso. Nel giorno della sua approvazione, per rettilinea coerenza, il prof. Giavazzi ci delizia con un dotto editoriale in difesa del ddl Gelmini, che viene presentato come la migliore riforma possibile in accordo sia con quel mondo politico che dell’università ha una conoscenza piuttosto approssimativa e sicuramente del tutto settoriale (o piuttosto, a cui non importa nulla), sia con un improbabile gruppo di sedicenti docenti universitari della Fondazione Magna Carta, il cui presidente è tal Gaetano Quagliariello (forse un omonimo del senatore Pdl? Chissà!).
L’incipit della difesa giavazziana è una frase ritagliata da uno scritto di Luigi Einaudi “Del valore dei laureati unico giudice è il cliente:…”; sarebbe interessante conoscere quale sia il cliente, per esempio, di un fisico teorico, di un matematico, di un filologo, di un sociologo o di uno storico. Probabilmente lo scritto di Einaudi, esautorato dal suo contesto originario, assume un significato diverso da quello che il suo autore gli voleva impartire. Infatti, la citazione continua con “…questi (il cliente, ndr) sia libero di rivolgersi, se a lui così piaccia, al geometra invece che all’ingegnere, e libero di fare meno di ambedue se i loro servigi non gli paiano di valore uguale alle tariffe scritte in decreti che creano solo monopoli e privilegi”. Come è noto Einaudi in tale scritto si riferiva a tutt’altro problema, ovvero alla questione del valore legale del titolo di studio in particolare nel mondo delle professioni, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in un albo. La citazione è dunque fuori luogo sia per il contesto in cui essa era stata utilizzata sia perché in ogni caso non si può in nessun modo assimilare la ricerca di base, scientifica o umanistica, all’esercizio delle attività professionali. Come si può assimilare il lavoro del fisico teorico a quello del geometra e dell’ingegnere ?
Ovviamente si tratta di attività diverse e bisogna avere una visione dell’istruzione e della ricerca microscopicamente limitata e pesantemente schiacciata da un’ideologia aberrante per estendere questa considerazione all’università nella sua complessità ed eterogeneità di compiti, insegnamenti e ricerca. Ma, come ho già avuto modo di notare, sono proprio queste idee ottocentesche che abitano nella testa di chi intende riformare il sistema universitario italiano nel 2010. E dunque di chi difende e avalla lo sciagurato ddl Gelmini.
Questo inizio è utilizzato dal nostro eroe per bacchettare la riforma Gelmini poiché non permette di aumentare a piacimento le tasse universitarie e non abolisce il valore legale del titolo di studio (altre manie bocconiane, come ci insegnerebbe il prof. Perotti). Certo, la riforma perfetta sarebbe stata quella di radere al suolo il sistema universitario pubblico, ma in assenza di questa possibilità, contentiamoci di una legge che paralizza le università per i prossimi anni, le ridimensiona sensibilmente e umilia quel corpo docente fatto solo di perversi baroni e dei loro servi della gleba, i ricercatori. Tanto l’eccellenza nel sistema pubblico non c’è. Si conclude questa introduzione – presa di distanza fittizia – con: “Il ministro Gelmini non ha il coraggio di Luigi Einaudi”. Probabilmente non è l’unica qualità d’Einaudi che la nostra ministra non ha.
Nella lista dei presunti meriti del ddl Gelmini, secondo il prof. Giavazzi, ci sono una serie di affermazioni che distorcono la realtà, in quanto false. Vediamone qualcuna. “Il risultato, nonostante tutto, non è poca cosa. La legge abolisce i concorsi, prima fonte di corruzione delle nostre università”. Forse il prof. Giavazzi intende dire che con il taglio del 20% effettuato nel 2008 al finanziamento universitario le risorse per nuovi posti non ci saranno più e dunque niente più concorsi. Perché, altrimenti non c’è nessuna traccia d’abolizione di concorsi nel ddl Gelmini!
“Crea una nuova figura di giovani docenti «in prova per sei anni», e confermati professori solo se in quegli anni raggiungano risultati positivi nell’insegnamento e nella ricerca. Chi grida allo scandalo sostenendo che questo significa accentuare la «precarizzazione» dell’università dimostra di non conoscere come funzionano le università nel resto del mondo”. E quali sarebbero le università del mondo in cui non si assicura all’origine la copertura finanziaria di una tenure-track (sottoposta a valutazione, ovviamente)? Una bugia ripetuta mille volte non diventa necessariamente verità, soprattutto per coloro che la dovranno sperimentare sulla propria pelle. Ma certo che può diventare realtà virtuale per un’opinione pubblica distratta e offuscata da un’incalzante propaganda di disinformazione.
Prosegue il Nostro: “«Non si fanno le nozze con i fichi secchi», è la critica più diffusa. Nel 2007-08 il finanziamento dello Stato alle università era di 7 miliardi l’anno. Il ministro dell’Economia lo aveva ridotto, per il 2011, di un miliardo. Poi, di fronte alla mobilitazione di studenti, ricercatori, opinione pubblica e alle proteste del ministro Gelmini, Tremonti ha dovuto fare un passo indietro: i fondi sono 7,2 miliardi nel 2010, 6,9 nel 2011, gli stessi di tre anni fa”.
Addirittura le proteste del ministro Gelmini? Ci erano proprio sfuggite. Comunque, fin quando le prossime finanziarie non verranno approvate, questi sono numeri a casaccio. E, come notato dal direttore de “Le Scienze” Marco Cattaneo: “In realtà, come tutte le riforme che praticano la politica dei tagli lineari – ah, se solo il presidente della Camera fosse coerente con i suoi proclami – anche la riforma Gelmini penalizzerà la parte sana dell’Università italiana e lascerà indenne quella malata”.
Inoltre aggiunge il prof. Giavazzi: “La legge innova la governance delle università: limita l’autoreferenzialità dei professori prevedendo la presenza di non accademici nei consigli di amministrazione (seppure il ministro non abbia avuto la forza di accentuare la «terzietà» del cda impedendo che il rettore presieda, al tempo stesso, l’ateneo e il suo cda)”. Abbiamo già visto quali siano gli effetti dei “non accademici” nei consigli di amministrazione delle università e a quali risultati di eccellenza questi conducano come nel caso della LUISS e dell’IIT, grazie. Prosegue: “Per la prima volta prevede che i fondi pubblici alle università siano modulati in funzione dei risultati. La valutazione è l’unico modo per non sprecare risorse, per consentirci di risalire nelle graduatorie mondiali e fornire agli studenti un’istruzione migliore”. La legge, però, prevede solo deleghe (chi le farà?) in tema di valutazione (l’ANVUR è una scatola vuota da parecchi anni e tale è rimasta sotto l’epocale ministero Gelmini).
Infine: “Davvero Bersani pensa che se vincesse le elezioni riuscirebbe a far approvare una legge migliore? Migliore forse per chi nell’università ha avuto la fortuna di riuscire a entrare. Dubito per chi ne è fuori nonostante spesso nella ricerca abbia ottenuto risultati più significativi di chi è dentro”. A prescindere da Bersani (sic), una riforma sensata dell’università si potrà fare solo a condizione di svolgere uno studio approfondito sullo stato attuale dell’università italiana confrontandolo con quanto avviene in paesi europei, che conoscono sistemi vicini al nostro, e individuando un modello di riferimento realistico (quello della Francia ad esempio). Soprattutto si potrà fare quando si ascolterà anche la voce di coloro che nell’università ci sono appena entrati e ne rappresentano la parte più innovativa e dinamica, come la voce di coloro che ancora non hanno avuto la possibilità di essere assunti o semplicemente di fare un concorso degno di questo nome. Certamente non si farà una riforma sensata seguendo le elucubrazioni di un economista passatista ottenebrato da un’ideologia di riporto. E chi ci prova ora, ne pagherà, prima o poi, le conseguenze politiche, culturali ed intellettuali.
Segnalazioni
I pensieri di una ricercatrice sui tetti dell’università di Roma: Francesca Coin alla trasmissione Via con me
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Caro bollette, a due settimane dagli annunci di Giorgetti il decreto slitta ancora: cdm rinviato a venerdì
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Io sono un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente". Così Simone Cristicchi, ospite a 'Maschio Selvaggio' su Rai Radio 2, risponde alla conduttrice Nunzia De Girolamo quando fa notare al cantautore romano come la canzone sanremese 'Quando sarai piccola' sia piaciuta tanto a Elly Schlein quanto a Giorgia Meloni.
"Si tende sempre a identificare gli artisti politicamente, la musica invece non ha fazioni, non ha colori. Devo dire che tu hai messo insieme la destra e la sinistra", ha detto De Girolamo al cantautore arrivato quinto nella classifica finale. "Questo mi fa sorridere - ha confessato Cristicchi - sono molto contento di questo apprezzamento bipartisan, o anche super partes, che ha generato la mia canzone. Io sono sempre stato un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente, proprio perché volevo che la mia musica e la mia arte potesse arrivare a tutti ed è giusto che sia così".
"Ovviamente ho le mie idee, come tutti, non le rinnego e non mi vergogno di esternarle quando è il momento e quando ho voglia, però - ha concluso il cantautore - sono veramente contento di aver fatto questa canzone che sia piaciuta più o meno a tutti".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il caro bollette è un problema sempre più grave, che non possiamo più far finta di non vedere. Paghiamo le bollette più care d’Europa, che a sua volta paga le bollette più alte tra i competitor internazionali. Siamo i più tartassati tra i tartassati, con un evidente danno alla competitività delle imprese e al potere di acquisto delle famiglie. I lavoratori, in particolare, pagano questi aumenti tre volte: la prima in casa quando arriva la bolletta, la seconda perché le aziende devono metterli in cassa integrazione poiché con l’energia alle stelle perdono produttività, la terza perché l’energia spinge a rialzo l’inflazione e i prodotti nel carrello della spesa costano di più". Lo dice Annalisa Corrado della segreteria del Partito Democratico.
"Agire è possibile e doveroso. Possiamo farlo subito, a partire dalla protezione dei soggetti vulnerabili, oltre 3 milioni e mezzo di utenti, per il quali il governo vuole bandire aste che sarebbero una iattura. Bisogna fermarle immediatamente e riformare piuttosto l’acquirente unico, che al momento gestisce il servizio di tutela della vulnerabilità, perché possa tornare a stipulare i contratti pluriennali di acquisto, agendo come vero e proprio gruppo d’acquisto".
"È necessario inoltre agire ad ogni livello possibile per disaccoppiare il prezzo dell’energia da quello del gas: occorre lavorare ad una riforma europea dei mercati, scenario non immediato, agendo però contemporaneamente ed immediatamente per un “disaccoppiamento di fatto”, come quello che si potrebbe attuare supportando i contratti pluriennali con i produttori di energia da fonti rinnovabili (PPA, Power purchase agreement). Dovremmo prendere esempio dalla Spagna di Sanchez, inoltre, che ha imposto un tetto al prezzo del gas, ottenendo risultati brillanti che hanno trainato la ripresa d’industria ed economia. Dobbiamo fare di più e meglio per la transizione energetica per liberarci dalla dipendenza del gas: oltre ad insistere su sufficienza energetica ed elettrificazione dei consumi, dobbiamo agire ad ogni livello perché la quota di energia da fonti rinnovabili nel nostro mix di produzione cresca: questo è l’unico modo strutturale di far penetrare il beneficio in bolletta del basso costo delle energie pulite".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - “Allarmano e inquietano gli atti violenti rivolti in questi giorni contro le Forze dell’Ordine, a loro va la nostra piena solidarietà”. Lo dichiara la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi dopo gli incendi dolosi che hanno coinvolto questa mattina il commissariato e la Polstrada di Albano Laziale e nei giorni scorsi il comando della Compagnia dei carabinieri di Castel Gandolfo.
“Auguriamo agli agenti intossicati una pronta guarigione. Nell’attesa che sia fatta chiarezza sulle dinamiche e che i responsabili siano consegnati alla giustizia, non possiamo che schierarci senza indugio al fianco di chi ogni giorno si impegna per la sicurezza delle cittadine e dei cittadini”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Le bollette energetiche di famiglie e imprese sono alle stelle. Meloni ha fischiettato per mesi, ignorando anche le nostre proposte. E oggi annuncia il rinvio di un Cdm promesso ormai due settimane fa. Non avevano detto di essere 'pronti'?". Lo ha scritto sui social Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Tutto quello che ha a che fare con le emergenze vere di cittadini, famiglie, imprese passa in secondo piano nell’agenda del governo Meloni. Così è stato ed è per le liste d’attesa e per il diritto alla salute negato a milioni di concittadini, così è per il caro-bollette che da troppi mesi penalizza le aziende italiane e mette in ginocchio le fasce sociali più disagiate". Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e Sanità nella segreteria del Partito Democratico.
"Oggi la segretaria del Pd Elly Schlein ha presentato proposte molto chiare e concrete, che raccolgono peraltro l’interesse di imprenditori e associazioni degli utenti. Il Cdm sul problema del caro energia pare invece che slitti a venerdì. La presidente Meloni ne approfitti per raccogliere le nostre proposte sul disaccoppiamento del prezzo dell’energia da quello del gas e sull’Acquirente unico".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - La lotta alle mafie andrebbe portata avanti "in maniera trasversale. Ma non stiamo vedendo disponibilità all'ascolto e al lavoro comune da parte di questa destra". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno. "Noi continueremo a fare da pungolo costante, il messaggio che deve arrivare chiaro alle nuove generazioni è che la mafia è un male, e un freno al nostro Paese. Il Pd oggi più che mai è intenzionato a portare avanti questo lavoro con determinazione, mano nella mano con le realtà che affrontano il problema ogni giorno e ne sanno certamente più di noi".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Nel contrasto alle mafie "il ruolo delle forze dell'ordine e della magistratura è fondamentale. Noi riconosciamo e sosteniamo il lavoro quotidiano delle forze dell'ordine. Vanno sostenute le forze dell'ordine, come la magistratura, che invece vediamo attaccata tutti i giorni da chi governa". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno.