Ho già avuto modo di discutere le gesta del prof. Giavazzi, “economista” nostrano, e del suo feroce fanatismo intellettuale, conosciuto infatti per averci spiegato che “il sistema universitario e della ricerca in Italia non sono riformabili… Illudendosi che sia possibile migliorare l’esistente in realtà si fa il gioco dei conservatori, cioè di coloro che sono responsabili del disastro in cui ci troviamo…”. L’unica soluzione diviene dunque quella di distruggere il sistema. Ringraziamo il prof. Giavazzi per la citazione, ma tale posizione ricorda molto (troppo) quella che il nostro paese ha già conosciuto in un recente passato, figlia di un pensiero massimalista tanto squilibrato quanto pericoloso. Nel giorno della sua approvazione, per rettilinea coerenza, il prof. Giavazzi ci delizia con un dotto editoriale in difesa del ddl Gelmini, che viene presentato come la migliore riforma possibile in accordo sia con quel mondo politico che dell’università ha una conoscenza piuttosto approssimativa e sicuramente del tutto settoriale (o piuttosto, a cui non importa nulla), sia con un improbabile gruppo di sedicenti docenti universitari della Fondazione Magna Carta, il cui presidente è tal Gaetano Quagliariello (forse un omonimo del senatore Pdl? Chissà!).
L’incipit della difesa giavazziana è una frase ritagliata da uno scritto di Luigi Einaudi “Del valore dei laureati unico giudice è il cliente:…”; sarebbe interessante conoscere quale sia il cliente, per esempio, di un fisico teorico, di un matematico, di un filologo, di un sociologo o di uno storico. Probabilmente lo scritto di Einaudi, esautorato dal suo contesto originario, assume un significato diverso da quello che il suo autore gli voleva impartire. Infatti, la citazione continua con “…questi (il cliente, ndr) sia libero di rivolgersi, se a lui così piaccia, al geometra invece che all’ingegnere, e libero di fare meno di ambedue se i loro servigi non gli paiano di valore uguale alle tariffe scritte in decreti che creano solo monopoli e privilegi”. Come è noto Einaudi in tale scritto si riferiva a tutt’altro problema, ovvero alla questione del valore legale del titolo di studio in particolare nel mondo delle professioni, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in un albo. La citazione è dunque fuori luogo sia per il contesto in cui essa era stata utilizzata sia perché in ogni caso non si può in nessun modo assimilare la ricerca di base, scientifica o umanistica, all’esercizio delle attività professionali. Come si può assimilare il lavoro del fisico teorico a quello del geometra e dell’ingegnere ?
Ovviamente si tratta di attività diverse e bisogna avere una visione dell’istruzione e della ricerca microscopicamente limitata e pesantemente schiacciata da un’ideologia aberrante per estendere questa considerazione all’università nella sua complessità ed eterogeneità di compiti, insegnamenti e ricerca. Ma, come ho già avuto modo di notare, sono proprio queste idee ottocentesche che abitano nella testa di chi intende riformare il sistema universitario italiano nel 2010. E dunque di chi difende e avalla lo sciagurato ddl Gelmini.
Questo inizio è utilizzato dal nostro eroe per bacchettare la riforma Gelmini poiché non permette di aumentare a piacimento le tasse universitarie e non abolisce il valore legale del titolo di studio (altre manie bocconiane, come ci insegnerebbe il prof. Perotti). Certo, la riforma perfetta sarebbe stata quella di radere al suolo il sistema universitario pubblico, ma in assenza di questa possibilità, contentiamoci di una legge che paralizza le università per i prossimi anni, le ridimensiona sensibilmente e umilia quel corpo docente fatto solo di perversi baroni e dei loro servi della gleba, i ricercatori. Tanto l’eccellenza nel sistema pubblico non c’è. Si conclude questa introduzione – presa di distanza fittizia – con: “Il ministro Gelmini non ha il coraggio di Luigi Einaudi”. Probabilmente non è l’unica qualità d’Einaudi che la nostra ministra non ha.
Nella lista dei presunti meriti del ddl Gelmini, secondo il prof. Giavazzi, ci sono una serie di affermazioni che distorcono la realtà, in quanto false. Vediamone qualcuna. “Il risultato, nonostante tutto, non è poca cosa. La legge abolisce i concorsi, prima fonte di corruzione delle nostre università”. Forse il prof. Giavazzi intende dire che con il taglio del 20% effettuato nel 2008 al finanziamento universitario le risorse per nuovi posti non ci saranno più e dunque niente più concorsi. Perché, altrimenti non c’è nessuna traccia d’abolizione di concorsi nel ddl Gelmini!
“Crea una nuova figura di giovani docenti «in prova per sei anni», e confermati professori solo se in quegli anni raggiungano risultati positivi nell’insegnamento e nella ricerca. Chi grida allo scandalo sostenendo che questo significa accentuare la «precarizzazione» dell’università dimostra di non conoscere come funzionano le università nel resto del mondo”. E quali sarebbero le università del mondo in cui non si assicura all’origine la copertura finanziaria di una tenure-track (sottoposta a valutazione, ovviamente)? Una bugia ripetuta mille volte non diventa necessariamente verità, soprattutto per coloro che la dovranno sperimentare sulla propria pelle. Ma certo che può diventare realtà virtuale per un’opinione pubblica distratta e offuscata da un’incalzante propaganda di disinformazione.
Prosegue il Nostro: “«Non si fanno le nozze con i fichi secchi», è la critica più diffusa. Nel 2007-08 il finanziamento dello Stato alle università era di 7 miliardi l’anno. Il ministro dell’Economia lo aveva ridotto, per il 2011, di un miliardo. Poi, di fronte alla mobilitazione di studenti, ricercatori, opinione pubblica e alle proteste del ministro Gelmini, Tremonti ha dovuto fare un passo indietro: i fondi sono 7,2 miliardi nel 2010, 6,9 nel 2011, gli stessi di tre anni fa”.
Addirittura le proteste del ministro Gelmini? Ci erano proprio sfuggite. Comunque, fin quando le prossime finanziarie non verranno approvate, questi sono numeri a casaccio. E, come notato dal direttore de “Le Scienze” Marco Cattaneo: “In realtà, come tutte le riforme che praticano la politica dei tagli lineari – ah, se solo il presidente della Camera fosse coerente con i suoi proclami – anche la riforma Gelmini penalizzerà la parte sana dell’Università italiana e lascerà indenne quella malata”.
Inoltre aggiunge il prof. Giavazzi: “La legge innova la governance delle università: limita l’autoreferenzialità dei professori prevedendo la presenza di non accademici nei consigli di amministrazione (seppure il ministro non abbia avuto la forza di accentuare la «terzietà» del cda impedendo che il rettore presieda, al tempo stesso, l’ateneo e il suo cda)”. Abbiamo già visto quali siano gli effetti dei “non accademici” nei consigli di amministrazione delle università e a quali risultati di eccellenza questi conducano come nel caso della LUISS e dell’IIT, grazie. Prosegue: “Per la prima volta prevede che i fondi pubblici alle università siano modulati in funzione dei risultati.
La valutazione è l’unico modo per non sprecare risorse, per consentirci di risalire nelle graduatorie mondiali e fornire agli studenti un’istruzione migliore”. La legge, però, prevede solo deleghe (chi le farà?) in tema di valutazione (l’ANVUR è una scatola vuota da parecchi anni e tale è rimasta sotto l’epocale ministero Gelmini).
Infine: “Davvero Bersani pensa che se vincesse le elezioni riuscirebbe a far approvare una legge migliore? Migliore forse per chi nell’università ha avuto la fortuna di riuscire a entrare. Dubito per chi ne è fuori nonostante spesso nella ricerca abbia ottenuto risultati più significativi di chi è dentro”. A prescindere da Bersani (sic), una riforma sensata dell’università si potrà fare solo a condizione di svolgere uno studio approfondito sullo stato attuale dell’università italiana confrontandolo con quanto avviene in paesi europei, che conoscono sistemi vicini al nostro, e individuando un modello di riferimento realistico (quello della Francia ad esempio). Soprattutto si potrà fare quando si ascolterà anche la voce di coloro che nell’università ci sono appena entrati e ne rappresentano la parte più innovativa e dinamica, come la voce di coloro che ancora non hanno avuto la possibilità di essere assunti o semplicemente di fare un concorso degno di questo nome. Certamente non si farà una riforma sensata seguendo le elucubrazioni di un economista passatista ottenebrato da un’ideologia di riporto. E chi ci prova ora, ne pagherà, prima o poi, le conseguenze politiche, culturali ed intellettuali.
Segnalazioni
I pensieri di una ricercatrice sui tetti dell’università di Roma: Francesca Coin alla trasmissione Via con me
Lettera aperta ai Rettori, ai Presidi di Facoltà, ai Direttori di Dipartimento e ai Presidenti di Consiglio di Corso di Studio delle Università Statali Italiane
Ricercatori e professori non disponibili a distruggere l’università pubblica
Francesco Sylos Labini
Astrofisico
Scuola - 1 Dicembre 2010
L’ideologia e i suoi difensori
Ho già avuto modo di discutere le gesta del prof. Giavazzi, “economista” nostrano, e del suo feroce fanatismo intellettuale, conosciuto infatti per averci spiegato che “il sistema universitario e della ricerca in Italia non sono riformabili… Illudendosi che sia possibile migliorare l’esistente in realtà si fa il gioco dei conservatori, cioè di coloro che sono responsabili del disastro in cui ci troviamo…”. L’unica soluzione diviene dunque quella di distruggere il sistema. Ringraziamo il prof. Giavazzi per la citazione, ma tale posizione ricorda molto (troppo) quella che il nostro paese ha già conosciuto in un recente passato, figlia di un pensiero massimalista tanto squilibrato quanto pericoloso. Nel giorno della sua approvazione, per rettilinea coerenza, il prof. Giavazzi ci delizia con un dotto editoriale in difesa del ddl Gelmini, che viene presentato come la migliore riforma possibile in accordo sia con quel mondo politico che dell’università ha una conoscenza piuttosto approssimativa e sicuramente del tutto settoriale (o piuttosto, a cui non importa nulla), sia con un improbabile gruppo di sedicenti docenti universitari della Fondazione Magna Carta, il cui presidente è tal Gaetano Quagliariello (forse un omonimo del senatore Pdl? Chissà!).
L’incipit della difesa giavazziana è una frase ritagliata da uno scritto di Luigi Einaudi “Del valore dei laureati unico giudice è il cliente:…”; sarebbe interessante conoscere quale sia il cliente, per esempio, di un fisico teorico, di un matematico, di un filologo, di un sociologo o di uno storico. Probabilmente lo scritto di Einaudi, esautorato dal suo contesto originario, assume un significato diverso da quello che il suo autore gli voleva impartire. Infatti, la citazione continua con “…questi (il cliente, ndr) sia libero di rivolgersi, se a lui così piaccia, al geometra invece che all’ingegnere, e libero di fare meno di ambedue se i loro servigi non gli paiano di valore uguale alle tariffe scritte in decreti che creano solo monopoli e privilegi”. Come è noto Einaudi in tale scritto si riferiva a tutt’altro problema, ovvero alla questione del valore legale del titolo di studio in particolare nel mondo delle professioni, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in un albo. La citazione è dunque fuori luogo sia per il contesto in cui essa era stata utilizzata sia perché in ogni caso non si può in nessun modo assimilare la ricerca di base, scientifica o umanistica, all’esercizio delle attività professionali. Come si può assimilare il lavoro del fisico teorico a quello del geometra e dell’ingegnere ?
Ovviamente si tratta di attività diverse e bisogna avere una visione dell’istruzione e della ricerca microscopicamente limitata e pesantemente schiacciata da un’ideologia aberrante per estendere questa considerazione all’università nella sua complessità ed eterogeneità di compiti, insegnamenti e ricerca. Ma, come ho già avuto modo di notare, sono proprio queste idee ottocentesche che abitano nella testa di chi intende riformare il sistema universitario italiano nel 2010. E dunque di chi difende e avalla lo sciagurato ddl Gelmini.
Questo inizio è utilizzato dal nostro eroe per bacchettare la riforma Gelmini poiché non permette di aumentare a piacimento le tasse universitarie e non abolisce il valore legale del titolo di studio (altre manie bocconiane, come ci insegnerebbe il prof. Perotti). Certo, la riforma perfetta sarebbe stata quella di radere al suolo il sistema universitario pubblico, ma in assenza di questa possibilità, contentiamoci di una legge che paralizza le università per i prossimi anni, le ridimensiona sensibilmente e umilia quel corpo docente fatto solo di perversi baroni e dei loro servi della gleba, i ricercatori. Tanto l’eccellenza nel sistema pubblico non c’è. Si conclude questa introduzione – presa di distanza fittizia – con: “Il ministro Gelmini non ha il coraggio di Luigi Einaudi”. Probabilmente non è l’unica qualità d’Einaudi che la nostra ministra non ha.
Nella lista dei presunti meriti del ddl Gelmini, secondo il prof. Giavazzi, ci sono una serie di affermazioni che distorcono la realtà, in quanto false. Vediamone qualcuna. “Il risultato, nonostante tutto, non è poca cosa. La legge abolisce i concorsi, prima fonte di corruzione delle nostre università”. Forse il prof. Giavazzi intende dire che con il taglio del 20% effettuato nel 2008 al finanziamento universitario le risorse per nuovi posti non ci saranno più e dunque niente più concorsi. Perché, altrimenti non c’è nessuna traccia d’abolizione di concorsi nel ddl Gelmini!
“Crea una nuova figura di giovani docenti «in prova per sei anni», e confermati professori solo se in quegli anni raggiungano risultati positivi nell’insegnamento e nella ricerca. Chi grida allo scandalo sostenendo che questo significa accentuare la «precarizzazione» dell’università dimostra di non conoscere come funzionano le università nel resto del mondo”. E quali sarebbero le università del mondo in cui non si assicura all’origine la copertura finanziaria di una tenure-track (sottoposta a valutazione, ovviamente)? Una bugia ripetuta mille volte non diventa necessariamente verità, soprattutto per coloro che la dovranno sperimentare sulla propria pelle. Ma certo che può diventare realtà virtuale per un’opinione pubblica distratta e offuscata da un’incalzante propaganda di disinformazione.
Prosegue il Nostro: “«Non si fanno le nozze con i fichi secchi», è la critica più diffusa. Nel 2007-08 il finanziamento dello Stato alle università era di 7 miliardi l’anno. Il ministro dell’Economia lo aveva ridotto, per il 2011, di un miliardo. Poi, di fronte alla mobilitazione di studenti, ricercatori, opinione pubblica e alle proteste del ministro Gelmini, Tremonti ha dovuto fare un passo indietro: i fondi sono 7,2 miliardi nel 2010, 6,9 nel 2011, gli stessi di tre anni fa”.
Addirittura le proteste del ministro Gelmini? Ci erano proprio sfuggite. Comunque, fin quando le prossime finanziarie non verranno approvate, questi sono numeri a casaccio. E, come notato dal direttore de “Le Scienze” Marco Cattaneo: “In realtà, come tutte le riforme che praticano la politica dei tagli lineari – ah, se solo il presidente della Camera fosse coerente con i suoi proclami – anche la riforma Gelmini penalizzerà la parte sana dell’Università italiana e lascerà indenne quella malata”.
Inoltre aggiunge il prof. Giavazzi: “La legge innova la governance delle università: limita l’autoreferenzialità dei professori prevedendo la presenza di non accademici nei consigli di amministrazione (seppure il ministro non abbia avuto la forza di accentuare la «terzietà» del cda impedendo che il rettore presieda, al tempo stesso, l’ateneo e il suo cda)”. Abbiamo già visto quali siano gli effetti dei “non accademici” nei consigli di amministrazione delle università e a quali risultati di eccellenza questi conducano come nel caso della LUISS e dell’IIT, grazie. Prosegue: “Per la prima volta prevede che i fondi pubblici alle università siano modulati in funzione dei risultati. La valutazione è l’unico modo per non sprecare risorse, per consentirci di risalire nelle graduatorie mondiali e fornire agli studenti un’istruzione migliore”. La legge, però, prevede solo deleghe (chi le farà?) in tema di valutazione (l’ANVUR è una scatola vuota da parecchi anni e tale è rimasta sotto l’epocale ministero Gelmini).
Infine: “Davvero Bersani pensa che se vincesse le elezioni riuscirebbe a far approvare una legge migliore? Migliore forse per chi nell’università ha avuto la fortuna di riuscire a entrare. Dubito per chi ne è fuori nonostante spesso nella ricerca abbia ottenuto risultati più significativi di chi è dentro”. A prescindere da Bersani (sic), una riforma sensata dell’università si potrà fare solo a condizione di svolgere uno studio approfondito sullo stato attuale dell’università italiana confrontandolo con quanto avviene in paesi europei, che conoscono sistemi vicini al nostro, e individuando un modello di riferimento realistico (quello della Francia ad esempio). Soprattutto si potrà fare quando si ascolterà anche la voce di coloro che nell’università ci sono appena entrati e ne rappresentano la parte più innovativa e dinamica, come la voce di coloro che ancora non hanno avuto la possibilità di essere assunti o semplicemente di fare un concorso degno di questo nome. Certamente non si farà una riforma sensata seguendo le elucubrazioni di un economista passatista ottenebrato da un’ideologia di riporto. E chi ci prova ora, ne pagherà, prima o poi, le conseguenze politiche, culturali ed intellettuali.
Segnalazioni
I pensieri di una ricercatrice sui tetti dell’università di Roma: Francesca Coin alla trasmissione Via con me
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Roma, 24 feb (Adnkronos) - Opposizioni compatte domani alla Camera per il doppio appuntamento con la sfiducia. Destinatari delle mozioni sono i ministri della Giustizia Carlo Nordio e del Turismo Daniela Santanchè. Solo nel secondo caso, però, l'aula di Montecitorio si esprimerà con un voto. Per un 'verdetto' su Nordio, salvo clamorosi (e inattesi) cambiamenti dell'ordine del giorno, questa settimana non se ne farà nulla.
La mozione contro il ministro della Giustizia nasce dalla vicenda Almasri e dalle 11 di domani è prevista solo la discussione generale. Politicamente (e anche formalmente) la sfiducia a Nordio ha una base ampia, pur se perimetrata al solo campo dell'opposizione. La mozione è stata presentata dalla capogruppo del Pd Chiara Braga ed è stata sottoscritta dai capigruppo M5s (Riccardo Ricciardi), Avs (Luana Zanella), Iv (Davide Faraone), +Europa (Riccardo Magi). Il leader di Azione Carlo Calenda si è invece detto più volte contrario alla sfiducia al ministro.
Diverso il discorso per la mozione Santanchè, legata alle vicende giudiziarie delle sue società. Nell'aula della Camera si è già svolta la discussione generale e per domani, dalle 15,30, è in programma il seguito della discussione. A partire dalla replica della ministra del Turismo attesa, salvo novità, in apertura di seduta. A seguire il voto. Anche qui il fronte delle opposizioni risulta compatto. La mozione Santanchè è del M5s, prima firma dell'ex capogruppo Francesco Silvestri, ed è stata sottoscritta dalle capogruppo del Pd (Braga) e di Avs (Zanella). Formalmente mancano all'atto le firme di +Europa e Azione, che però avrebbero assicurato il proprio supporto al momento del voto, e di Italia viva.
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - “Un ente come Fondazione Bicocca è assolutamente innovativo perché apre totalmente al privato. Una formula coerente con le intenzioni del governo, che sta novellando le norme legate al partenariato pubblico-privato per un equilibrato rapporto tra gli interessi pubblici e l'interesse privato”. Così Alessandro Morelli, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, in occasione della presentazione della Fondazione Bicocca, svoltasi presso l’Aula magna dell’Ateneo milanese.
“Bicocca, pertanto, sta facendo una bellissima esperienza: una start up all'interno della start up. Ci auguriamo, quindi, che il buon successo di questa iniziativa possa essere preso come esempio da molti altri. Il giusto e sano collegamento tra un'accademia, come questa l'università, e le imprese è una cosa buona e giusta che perseguiamo con grande attenzione”, conclude.
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - "Oggi presentiamo Fondazione Bicocca a tutta la comunità e a tutti i nostri possibili stakeholders. Lo scopo della Fondazione è quello di mettere in relazione il territorio con l'università. È un facilitatore e quindi speriamo di ottenere dei grossi risultati. Oggi il primo evento di una lunga serie”. Così Marco Orlandi prorettore vicario dell'università Milano-Bicocca e presidente di Fondazione Bicocca durante l'evento "Connessioni per il futuro". Un incontro pensato per presentare Fondazione Bicocca, un nuovo ente in grado di supportare e valorizzare le attività di alta formazione, ricerca e trasferimento tecnologico dell’ateneo. “Siamo molto orgogliosi, siamo un'università giovane nata 26 anni fa, ma in questi 26 anni abbiamo ottenuto degli ottimi risultati e questo era il momento di dotarsi di un altro strumento per essere ancora più attrattivi per il territorio e per i nostri stakeholders" conclude Orlandi.
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - “La presentazione di Fondazione Bicocca è un momento importante perché Bicocca ha già dimostrato, spostandosi in quest'area geografica della città, di fare tanto per il territorio in cui è immersa, con una trasformazione ambientale e strutturale". Lo afferma Alessia Cappello, assessora allo Sviluppo economico e politiche del lavoro del Comune di Milano, in occasione della presentazione della Fondazione Bicocca, svoltasi presso l’Aula magna dell’Ateneo milanese.
"Basti pensare - dice - a tutti gli investimenti sul verde che ha fatto e che circondano quest'area, ma soprattutto culturale, sulla parte che riguarda la proprietà intellettuale, il trasferimento tecnologico, la possibilità di avvicinare e orientare ancora di più tante ragazze e ragazzi alle materie che l’Università Bicocca rappresenta in questo territorio. Ora attraverso la Fondazione, si cerca di creare quel ponte ancora più esplicito, ancora più forte con il mercato del lavoro”.
"L’obiettivo della Fondazione è trasformare da un lato il mercato del lavoro, avvicinandolo sempre di più alle aspettative di tante ragazze e ragazzi, dall'altro lato avvicinare questo patrimonio di giovani alle proposte che ci sono nel mercato del lavoro, orientandoli e formandoli nel modo corretto a fronte delle tante vacancies che ci sono in diversi settori. Un obiettivo molto utile non solo a Milano, ma al nostro Paese”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il costo delle bollette in Italia ha raggiunto picchi insostenibili per famiglie e imprese. Oggi la segretaria Schlein ha dimostrato che sono possibili interventi urgenti e immediati per abbassare il costo dell’energia. Nello stesso giorno in cui il governo Meloni fa slittare il cdm per affrontare la questione: sono nel caos. Seguano le proposte del Pd, perché gli italiani non possono rimetterci di tasca propria per l’incompetenza di questa destra". Lo scrive sui social Alessandro Zan del Pd.
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - “Il valore di Fondazione Bicocca è un atto di coraggio, ma anche di eredità, perché questo è il mio ultimo anno di mandato. Pertanto, l'ottica è mettere a disposizione le competenze, ma anche il coraggio, di un grande ateneo pubblico multidisciplinare, come Bicocca, a disposizione della società civile a 360 gradi”. Così Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’università degli studi di Milano-Bicocca, in occasione della presentazione della Fondazione Bicocca, svoltasi presso l’Aula magna dell’Ateneo milanese.
“Tutti noi sappiamo dell'incertezza economica, dei problemi relativi al mancato sviluppo delle competenze e dell'inverno demografico. Queste sfide non sono solo italiane, ma anche europee, rispetto a colossi come Stati Uniti e Cina e fanno riflettere sul gap di innovazione tecnologica che caratterizza tutta l'Europa e in particolare il nostro Paese. Pertanto - spiega la rettrice Iannantuoni - è motivo di orgoglio avere da un lato lo sviluppo delle competenze e dall’altro mettere a disposizione i nostri laboratori e le nostre migliori menti insieme alle imprese per fare sviluppo e crescita. Non c'è innovazione tecnologica se non c’è giustizia sociale, cioè se l’innovazione non è a favore di tutti. Un esempio sono le polemiche legate alle auto elettriche”.
“Quindi, il nostro approccio è multidisciplinare, innovativo e diverso, com’è diversa Bicocca, e si propone come una piattaforma di connessioni per il futuro, come abbiamo voluto chiamare la giornata di oggi e aspettiamo tutte le imprese del terzo settore, gli Irccs, gli istituti di cura, le scienze della vita, Tutti insieme per dare una speranza diversa al nostro Paese”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il governo Meloni, in quasi due anni, non ha adottato alcuna misura efficace per contrastare l’aumento delle bollette, preferendo smantellare il mercato tutelato e aggravando così la situazione di famiglie e imprese". Lo afferma Ubaldo Pagano, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Bilancio alla Camera, sottolineando la necessità di un cambio di rotta immediato. Il Partito Democratico torna a chiedere interventi concreti, proponendo due soluzioni centrali: separare il costo dell’energia da quello del gas e istituire un ente pubblico che possa garantire prezzi più accessibili.
"Non possiamo accettare – aggiunge Pagano – che il nostro sistema energetico rimanga vincolato a un meccanismo che pesa enormemente sulle tasche di cittadini e aziende. Il gas è la fonte più costosa e instabile, e continuare a legare il prezzo dell’elettricità a questa risorsa è un errore che il governo deve correggere subito. Le bollette stanno raggiungendo livelli insostenibili proprio nei mesi di maggiore consumo: Meloni e la sua maggioranza si decidano ad agire, perché gli italiani non possono più aspettare", conclude Pagano.