Dopo le accuse rivolte al governo australiano (“E’ asservito agli Usa”) da parte di Julian Assange, è arrivata la risposta di Canberra. “Assange non è responsabile della diffusione non autorizzata di 250 mila documenti dalla rete Usa di comunicazioni diplomatiche. I responsabili sono gli Stati Uniti”. Con queste parole il ministro degli Esteri australiano Kevin Rudd si è schierato a sorpresa al fianco del suo concittadino che da ieri si trova in stato di detenzione a Londra. Rudd ha anche detto che il consolato australiano sta assicurando assistenza legale al fondatore di Wikileaks in merito alle sue udienze in tribunale e alla sua possibile estradizione in Svezia dove è accusato di stupro e molestie sessuali.
Geoffrey Robertson, un notissimo avvocato esperto in diritti civili, ha deciso di scendere in campo per affiancare Julian Assange nel tentativo di bloccare la sua estradizione dalla Gran Bretagna alla Svezia. Lo ha confermato il suo studio legale a Londra. Robertson – che ha doppia nazionalità, sia australiana che britannica – è specializzato proprio in estradizioni e ha fatto parte dei team difensivi in alcuni tra i più importanti processi inerenti il diritto alla libertà di parola, nella storia britannica.
Assange, fondatore di Wikileaks,è stato arrestato ieri mattina dalla polizia britannica e resterà in custodia cautelare nel carcere di Londra fino al 14 dicembre. Lo ha deciso il tribunale di Westminster. Il giudice distrettuale Howard Riddle ha respinto la richiesta di cauzione giudicando Assange a rischio di fuga. Il legale ha riferito che il fondatore di Wikileaks “sta bene” e che la consegna a Scotland Yard si è svolta “in modi molto cordiali”. Lo stesso capo di Wikileaks ha dichiarato al giudice Caroline Tubbs di non voler tornare in Svezia.
Nei giorni scorsi il cybergiornalista aveva accusato il governo laburista australiano di Julia Gillard di “sparare al messaggero” perché non voleva che fossero rivelate verità scomode sui suoi maneggi diplomatici e politici. Nel frattempo s’infittisce l’intrigo internazionale su una sua possibile consegna da parte di Stoccolma alle autorità americane. Secondo il quotidiano The Indipendent che cita fonti diplomatiche, Stati Uniti e Svezia hanno avviato una serie di contatti per fare in modo che l’hacker più inviso al governo di Washington sia consegnato alla giustizia a stelle e strisce.
Queste rivelazioni sono state seccamente smentite dal titolare degli Esteri del Paese scandinavo che ha detto che non è in corso nessun contatto fra “le autorità politiche svedesi e altre autorità”. Quel che è certo è che il ministero della Giustizia di Washington sta valutando se incriminare il direttore di Wikileaks per spionaggio dopo la pubblicazione dei documenti riservati del Dipartimento di Stato.
Ieri, dopo che la magistratura britannica aveva rifiutato la libertà su cauzione ad Assange, il suo avvocato, Mark Stephens, aveva prospettato il rischio di “forze occulte in azione” nel caso in cui il suo cliente fosse estradato in Svezia. E aveva evocato il ruolo che il Paese nord europeo aveva avuto nelle extraordinary rendition e nei rimpatri segreti ordinati dalla Cia per i sospetti terroristi.
Gli avvocati di Julian Assange avevano offerto di pagare 180mila sterline per rimettere in libertà su cauzione il capo di Wikileaks: “A Julian Assange è stata negata la cauzione, questo è un vero peccato – aveva dichiarato l’avvocato del fondatore di Wikileaks – Presto presenteremo una nuova richiesta di libertà su cauzione. Ci troviamo nella strana posizione di non aver visto ancora nessuna prova. Wikileaks continuerà nelle sue operazioni”. Ci saranno “molte altre persone” che si presenteranno per garantire che “Julian Assange è innocente”, ha detto il legale, ribadendo che il processo “ha motivazioni politiche” e che sono “in molti a pensarlo”.
Gli agenti della Unità estradizioni londinese hanno bloccato Assange alle 9.30 di ieri mattina “su appuntamento” in un commissariato della capitale britannica. “Abbiamo agito senza paura, per l’interesse pubblico”, ha spiegato Assange in un articolo pubblicato dopo l’arresto sul quotidiano The Australian (Leggi l’articolo in italiano) In tribunale hanno testimoniato a favore di Julian Assange il regista Ken Loach e la ex fidanzata di Hugh Grant Jemima Kahn. A favore di Assange ha parlato anche il giornalista australiano John Pilger, celebre inviato in Vietnam e autore di un documentario, “Year Zero”, che nel 1979 ha portato alla ribalta le atrocità dei Khmer Rossi in Cambogia.
Il portavoce di Wikileaks Kristinn Hrafnsson ha detto che l’arresto di Julian Assange è un attacco alla libertà dei media ma non fermerà il gruppo nella sua missione: “Wikileaks è operativa. Continuiamo come prima sugli stessi binari. Ogni sviluppo su Assange non cambia i piani per la pubblicazione dei documenti oggi e nei prossimi giorni”, ha detto il portavoce precisando che le operazioni saranno coordinate da un gruppo di persone a Londra e in altre sedi”.
Nel frattempo, Stoccolma ha precisato i quattro capi di accusa formulati nei confronti di Assange. Come ha reso noto Gemma Lindfield, la prima presunta vittima, identificata come “Miss A”, Assange avrebbe compiuto su di lei “costrizione illecita” lo scorso 14 agosto, quando avrebbe usato il peso del suo corpo per tenerla sdraiata. Secondo le accuse, Assange non avrebbe usato il preservativo mentre “Miss A” aveva “espresso il desiderio” di usarne uno. La donna sarebbe poi stata nuovamente “molestata in modo deliberato” quattro giorni dopo. Inoltre Il 17 agosto, il fondatore di WikiLeaks avrebbe avuto un rapporto sessuale sempre senza preservativo con una seconda donna, “Miss W”, mentre era addormentata nella sua casa di Stoccolma.
I documenti pubblicati da Wikileaks in questi giorni “non sono utilizzabili” dalla Corte penale internazionale dell’Aja, nemmeno se contengono indizi che documentano eventuali crimini di guerra. Lo ha detto Luis Moreno-Ocampo, procuratore generale della Corte, durante una conferenza stampa alle Nazioni Unite. Rispondendo a una domanda sui cablogrammi divenuti pubblici, in particolare quelli sulle operazioni militari in Afghanistan che potrebbero costituire prove di crimini di guerra, Ocampo ha detto: “Penso che nessun giudice li userebbe in una corte” perchè “si tratta di documenti che non hanno validità legale”.
Nella giornata di ieri pirati informatici hanno attaccato Paypal e Postfinance. “La banca svizzera (PostFinance) che ha chiuso il conto a Assange è stata tirata giù oggi con un ‘Ddos attack’ (negazione del servizio, lo stesso lanciato in più occasioni contro i domini di Wikileaks in questi giorni)”, recita un annuncio del gruppo su Twitter. Qualche ora prima, un altro assalto informatico era stato lanciato contro PayPal, sempre dal gruppo, denominato Operation Payback, operazione ‘resa dei conti’. Le due società non hanno confermato la notizia. Su Twitter, il gruppo aveva annunciato con anticipo “l’ora X” invitando i membri a “fare fuoco” al momento convenuto. Operation Payback è un gruppo hacker di “difensori della pirateria informatica” nato per rispondere ai tentativi di oscurare Torrent e altri programmi di condivisione dei file in rete messi in atto da “hacker pagati dalle aziende” per tutelare il copyright.
E intanto Wikileaks non smette di creare polemiche. Il ministero degli Esteri russo ha espresso “stupore” per le nuove rivelazioni sull’esistenza di un piano Nato per proteggere i tre paesi baltici, Lettonia, Estonia e Lituania, da possibili azioni aggressive di Mosca . “Simili pubblicazioni provocano una serie di interrogativi e stupore”. “I fatti – spiega una fonte del ministero – dimostrano che la Russia non solo non sta aumentando la sua presenza militare ai confini con i paesi baltici menzionati ma anzi sta riducendo gli armamenti pesanti dislocati nella regione di Kaliningrad e sta anche tagliando il suo potenziale militare alle frontiere occidentali”. “Abbiamo sempre espresso perplessità – conclude – quando i caccia dei paesi Nato stavano pattugliando i paesi baltici sottolineando che la Nato avrebbe, invece, dovuto esprimere il proprio potenziale per affrontare le minacce reali, come quelle terroristiche dell’area. Non quelle false”.
Un gruppo di intellettuali, fra cui Noam Chomsky, ha firmato ieri una lettera in favore di Assange, diretta al premier australiano, Julia Gillard. Chomsky, docente di linguistica al Mit (Massachusetts Institute of Technology), molto critico con la politica estera statunitense, si è unito a un gruppo di decine di esponenti del mondo intellettuale australiano (scrittori, giornalisti e avvocati). I firmatari si dicono “gravemente preoccupati” per la sicurezza del 39enne australiano e chiedono al governo di affermare pubblicamente l’impegno a tutelare la libertà di comunicazione e i diritti fondamentali di Assange. La lettera aperta chiede anche al premier di fornire sostegno ad Assange e di “compiere tutto quanto in suo potere per garantire che vengano rispettati i diritti fondamentali” del fondatore di Wikileaks nei procedimenti giudiziari che lo riguardano.
Tra le prime reazioni quella del ministro Franco Frattini che ha detto: “Era ora, l’accerchiamento internazionale per fortuna ha avuto successo”. Secondo il nostro ministro degli Esteri, il fondatore di Wikileaks Julian Assange dovrebbe essere processato anche per altri reati oltre che per quello di stupro per cui è stato arrestato a Londra: “Siamo di fronte anche a un altro crimine molto grave”, quello delle rivelazioni dei dispacci diplomatici segreti. Pertanto, secondo il titolare della Farnesina, “non ci si deve limitare alle indagini sullo stupro e si deve andare avanti”. Frattini ha ribadito come siano stati rivelati “segreti talvolta rilevanti della sicurezza nazionale”, e come “le ultime pubblicazioni sui siti sensibili di molti paesi” costituisca un crimine “grave perchè è stata fornita una mappatura gratis ai terroristi”. Sulle prospettive di ulteriori rivelazioni da parte del sito il ministro ha detto di non credere “che finirà, perchè è stato detto che continuerà lo stillicidio”. “Mi auguro quindi che Assange sia processato anche per altri reati”, ha proseguito il titolare della Farnesina ricordando che “il collaboratore di Assange ha detto con chiarezza che ci sono 2.700 file che riguardano l’Italia dal 2000 al 2010, quindi non si tratta solo di questi ultimi che abbiamo visto”. In merito alle azioni legali contro Assange, Frattini ha concluso affermando di immaginarsi che “i paesi cui i documenti classificati sono rivelati debbano reagire”. L’arresto di Julian Assange è “una buona notizia”: questo il commento del segretario alla Difesa americano, Robert Gates. A margine di un incontro con le truppe americane in Afghanistan, Gates ha appreso dai giornalisti dell’arresto del fondatore di Wikileaks: “Non lo sapevo, ma mi sembra una buona notizia”, ha commentato il capo del Pentagono.