Oggi pubblico questo invito a un sit in di “assordante silenzio” che si terrà alla stazione Garibaldi di Milano dalle 17 alle 19 del 15 dicembre. Cioè il giorno (meglio la notte) in cui Giuseppe Pinelli volò dal quarto piano della Questura di Milano.
Un sit in promosso dalla Cub trasporti a cui hanno aderito diverse organizzazioni libertarie e anarchiche (Unione Sindacale Italiana, Federazione Anarchica Milanese, Centro Studi Libertari/Archivio Giuseppe Pinelli, A Rivista Anarchica, Libertaria) con il sostegno di molti nomi della cultura, delle scienze e dell’informazione: Sabino Acquaviva, Gianni Barbacetto, Luca Boneschi, Pino Cacucci, Sveva Casati Modignani, Franco Corleone, Andrea De Carlo, Roberto Escobar, Paolo Flores d’Arcais, Goffredo Fofi, Giulio Giorello, Maurizio Mori, Simona Morini, Maria Rita Parsi, Giuliano Pisapia, Paolo Rossi, Guido Salvini, Arturo Schwarz, Benedetta Tobagi, Giovanni Valentini, Gianni Vattimo. Lo scopo? Installare nella stazione Garibaldi un monumento a Pinelli, cioè il luogo dove lavorava.
Un monumento per Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico
15 dicembre 1969 – 15 dicembre 2010
“È alla memoria attiva, alla memoria come funzione vitale che ci riferiamo quando diciamo che Giuseppe Pinelli e i morti di piazza Fontana sono e devono restare nella memoria di un’epoca e di un paese.
È a questo tipo di memoria che pensiamo quando promuoviamo iniziative come questa: installare alla stazione Garibaldi di Milano una scultura per ricordare Giuseppe Pinelli. Con questa iniziativa non intendiamo commemorare Pino come si ricorda con tristezza un amico morto più di quarant’anni fa. Oggi intendiamo invece rafforzare la memoria attiva di un episodio esemplare della violenza di Stato.
Perché la morte di Pinelli ha un peso particolare nella storia italiana: essa si è trovata a essere centrale, simbolicamente, non solo a tutta la macchinazione connessa alla vicenda di piazza Fontana e a un lungo periodo di stragi di cui gli apparati statali sono risultati complici o conniventi, ma centrale anche a un periodo importante ancor oggi coperto da misteri e depistaggi.
Ma il 12 e il 15 dicembre 1969 non sono già nella memoria collettiva? Che senso ha dunque continuare a parlarne? Ebbene, farlo ha un senso: serve a rafforzare il ricordo vero di quei fatti tanto lontani. Ma tanto vicini perché mai conclusi. Serve a rafforzare una memoria collettiva estremamente labile, vista l’intensità con cui l’intero Mondo politico e i mass media (grande macchina di costruzione e ricostruzione del consenso) lavorano per modificareil significato di quel ricordo, per capovolgerne addirittura la valenza.
Ecco perché dobbiamo anche simbolicamente, difendere la memoria di quel dicembre, oggi sfacciatamente manipolata per i più banali scopi elettorali da una politica tutta volta al recupero del consenso istituzionale e votata all’amnesia storica“.