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I libri dei piccoli guerriglieri urbani

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Perché non lo diciamo come va detto? Si può essere contro le riforme-truffa della Gelmini, si può – anzi si deve – essere contro la precarietà come destino, si può e si deve manifestare e chiedere di poterlo fare vicino alle istituzioni. Ma bisogna farlo in modo rigorosamente non violento. Quello che non si può fare, soprattutto dopo Genova, soprattutto a sinistra, soprattutto nei movimenti, è giocare al sovversivismo di piazza, alla passarella dei piccoli condottieri che scherzano con il fuoco (non metaforicamente, ma appiccandolo), alle guerriglie contro le zone rosse di ogni città, che poi sono sempre costruite e predisposte come una trappola per gli allocchi, come un’esca per far entrare il topo nel labirinto, come un pezzo di formaggio vicino a una tagliola (chi si mette nella trappola di Maroni è molto peggio di Maroni).




Ho già detto, quando è accaduto, solo pochi giorni fa, che l’assalto al Senato era una follia, sia dal punto di vista materiale che da quello simbolico. Oggi, dopo essermi trovato con i miei colleghi de il Fatto nella trappola fumogena di largo Goldoni, fra sassaiole e colpi d’ariete, non ho nessun problema a dire che chi sfascia i bancomat, chi si mette a divellere sampietrini dalla strada, chi da fuoco alle macchine e alle autoblindo o inscena il pestaggio di un finanziere catturato, o tira petardi sui poliziotti, perde qualsiasi giustificazione e diventa semplicemente un teppista.

C’è stato in questi giorni un certo entusiasmo romantico, quando sono comparsi i primi scudi con i titoli dei grandi classici – da Elsa Morante a Bradbury – che venivano opposti alla cultura del taglio indiscriminato e alla follia dell’aziendalismo feroce. Adesso bisogna dire (senza nessun dubbio e senza nessuna attenuante) che usare quei grandi libri per mascherare le piccole miserie del vecchio gioco al massacro praticato dagli ex autonomi del Settantasette (e dei loro maldestri apprendisti stregoni di oggi) è una ingiuria alla bellezza, alla verità, alla politica, e anche alla letteratura. Una scelta ancora più grave, perchè in questo azzardo dannunziano, si triturano in primo luogo i ragazzi che volevano semplicemente dire la loro, gli si toglie il loro diritto a protestare.

Se dovete giocare alla guerra, giovani irresponsabili guerriglieri, lasciate i libri a casa. Voi con la cultura c’entrate meno della Gelmini.

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