”Il capitano Angeli mi disse che, nel corso di una perquisizione a casa di Ciancimino, trovò il papello di Totò Riina”. Ad aprire un nuovo squarcio sulla ipotesi della trattativa tra Stato e Mafia è il maresciallo Saverio Masi che oggi ha deposto al processo al generale dell’Arma Mario Mori e accusato di favoreggiamento alla mafia.”Masi aveva informato della scoperta il suo superiore, il colonnello Sottili, ma questi gli ordinò di non sequestrarlo sostenendo che già lo avevano”. Oggi il maresciallo è uno degli agenti di scorta del pm antimafia, Antonino Di Matteo, uno dei due magistrati che oggi lo hanno interrogato.
Il teste, prima in servizio al Reparto Operativo e ora nella scorta del pm Nino Di Matteo, pubblica accusa nello stesso dibattimento Mori, ha raccontato quanto appreso dall’allora capitano Antonello Angeli che effettuò una perquisizione a casa di Massimo Ciancimino, nel 2005 indagato per il riciclaggio del tesoro del padre, l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito. In casa del superteste della trattativa, nascosto in un controsoffitto, ci sarebbe stato l’elenco con le richieste di Riina allo Stato. Esterrefatto dall’ordine del superiore di non sequestrare il papello, Angeli lo fece fotocopiare di nascosto a un collega.
Angeli informò della vicenda il maresciallo circa un anno dopo la perquisizione a casa di Massimo Ciancimino e gli raccontò di averne poi discusso animatamente con Sottili e con un altro ufficiale del Reparto Operativo, Francesco Gosciu. Il capitano scelse il sottufficiale per la confidenza sapendo che questi aveva avuto rapporti conflittuali sia con Sottili che con Gosciu, quindi essendo certo di trovare in lui un “alleato”. Angeli e Masi, molto preoccupati per la decisione di non sequestrare il papello, decisero di far filtrare la notizia sulla stampa. Una mossa che, secondo loro, avrebbe “costretto” i magistrati a convocarli e gli avrebbe consentito di rivelare all’autorità giudiziaria una circostanza che ritenevano inquietante.
Nel giugno del 2006 Masi, insieme a un altro sottufficiale, contattò allora il giornalista dell’Unità, Saverio Lodato proponendogli un appuntamento con un collega, ma non facendogli il nome di Angeli, e dicendogli di essere intenzionati a dargli una notizia importante. Al cronista chiesero però la garanzia della pubblicazione del pezzo. Per questo anche lui è ascoltato dalla quarta sezione del Tribunale subito dopo Masi. Lodato ha in parte smentito quanto affermato dal maresciallo. Al papello, secondo quanto riferito dal giornalista, non fu fatto riferimento alcuno.
L’inviato dell’Unità ha confermato, invece, di avere ricevuto la visita di due carabinieri che, nella primavera estate del 2006, andarono a trovarlo a casa. Uno di questi era Masi. “Non riuscii a capire, per quanto mi fossi sforzato, di cosa mi volessero parlare – ha detto il teste -. Continuavano a comportarsi come se fossimo in una fiction, a dire di non poter parlare a casa mia perché temevano ci fossero microfoni e telecamere. Io ero andato ad abitare lì da poco, e solo perché mia madre stava male. Escludevo dunque che quella abitazione potesse essere tenuta sotto controllo. I due carabinieri fecero riferimento a fatti gravissimi e alla mancata cattura di Matteo Messina Denaro. Io dopo averli ascoltati e non avere capito di cosa parlassero li congedai consigliando loro di rivolgersi a magistrati, più che a giornalisti”.
Dai giudici è stato ascoltato anche l’appuntato Samuele Lecca. Il sottuficiale ha riferito di avere partecipato alla perquisizione di Massimo Ciancimino il 16 febbraio del 2005 e anche a un magazzino che si trovava poco distante. Lecca ha riferito di essere stato mandato dal suo superiore, il capitano Antonello Angeli, a fare delle fotocopie di un documento che lui stesso aveva ritrovato durante la perquisizione. Il fascicolo era stato oggetto di una disussione telefonica tra il capitano e un’altra persona e subito dopo Angeli aveva ordinato al sottufficiale di andare a fare le fotocopie, che furono pagate di tasca dal sottufficiale. Secondo l’accusa tra queste carte c’era il papello, anche se questa circostanza non viene confermata in alcun modo.
Il processo è stato rinviato all’11 gennaio e tra gli altri saranno ascoltati l’ex vicedirettore del Dap, Edoardo Fazioli, che riferirà sul dibattito che si aprì nella seconda metà del 1992 sulla possibilità di estendere ai mafiosi dissociati il regime carcerario differenziato già adottato per le Brigate rosse. Questo era uno dei punti del cosiddetto papello.