di Alessandro Pezzella*
La firma del presidente Napolitano alla riforma universitaria è arrivata ieri accompagnata, preceduta si potrebbe dire per un senso mediatico di attesa, da una “nota di criticità” che si distingue per affermazioni in negativo, che, invece di sostenere l’opportunità della firma, suggeriscono la lettura “ho firmato non perché buona legge, ma perché non abbastanza malfatta da poter evitare di firmarla”. Senza seguire la strada dell’interpretazione, chi scrive ha una precisa valutazione di questa “riforma” e potrebbe essere portato a falsare il senso della nota. Cercando quindi di procedere con piena onestà intellettuale, ripercorriamo alcuni passaggi.
A fine luglio il Presidente Napolitano riceve dalla Rete29Aprile una lettera in cui si fa il punto su mesi di proteste che il mondo universitario ha ritenuto di mettere in atto contro una riforma che, al di là di specifici affondi su ricerca e diritto allo studio, mina l’università pubblica nel suo impianto. A tale lettera il Presidente risponde con una nota pubblica che invita l’esecutivo ad ascoltare la voce della ricerca.
L’invito del Presidente è disatteso, le proteste ignorate, sminuite o peggio confuse artatamente con altre iniziative. L’iter della legge procede con l’approssimazione che tutti ricordiamo e che può essere rappresentata, nel merito, dai precisi richiami della nota del Presidente; nella forma, dallo spettacolo dell’ultima presidenza dei lavori al Senato.
Nei mesi, il lavoro di protesta spicca al confronto del “lavoro” dell’esecutivo e del Parlamento per la serietà ed autorevolezza dei tanti ricercatori, studenti, precari e professori, che, data l’importanza di una riforma universitaria, hanno sentito il dovere di analizzare, denunciare, protestare e proporre. E’ proprio questa serietà ed autorevolezza ad imporre il dibattito alla stampa ed alla televisione, fornendo all’opinione pubblica occasioni di confronto.
In quel confronto tra chi “protesta” e chi “fa la legge” cosa emerge ? Che il consulente del ministro, Roger Abravenel, il lunedì precedente la discussione alla Camera, in diretta su La7, alla domanda su se sia un bene l’approvazione di questa riforma in queste condizioni risponde: “Non lo so”… Oppure che, secondo Valentina Aprea (presidente della commissione Cultura della Camera), sempre su La7, i politici non devono essere soggetti a valutazione, a differenza degli universitari…
In sintesi, fretta, approssimazione, presunzione, assenza di dialogo, il tutto con lo sfondo di una maggioranza sul limite della sfiducia e per una legge in cui errori e deleghe rendono appunto necessario accompagnare la firma del presidente della Repubblica con una nota esplicativa. E’ mettendo in prospettiva tutti questi elementi che vanno lette le parole del presidente Napolitano: “Promulgo la legge, ai sensi dell’art. 87 della Costituzione, non avendo ravvisato nel testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle Camere, correttiva della legge approvata a conclusione di un lungo e faticoso iter parlamentare. L’attuazione della legge è del resto demandata a un elevato numero di provvedimenti, a mezzo di delega legislativa, di regolamenti governativi e di decreti ministeriali; quel che sta per avviarsi è dunque un processo di riforma”.
Come a dire: gli errori ci sono ma non è grave perché le legge non c’è, quindi, invece di rimandarla alle camere, si confida in un cambio di condotta nella fase dei decreti attuativi. Non appare questo certo uno scenario adeguato ad un atto di firma pieno. Con le stesse premesse si sarebbe potuto dire che gli errori ci sono ma le legge non c’è e quindi, invece di confidare in un cambio di condotta nella fase dei decreti attuativi, si rinvia alle camere il testo.
Se gli aspetti giuridico-legislativi non sono quindi determinanti, quelli politici prevalgono, così una firma finisce anche col divenire firma di una certa conduzione squalificata della Presidenza del Senato, di una approssimazione di consulenti ministeriali, di una ostentata autoreferenzialità di un presidente di commissione Cultura, di una pericolosa prassi per cui si legifera alla leggera, tanto poi… e della stessa indifferenza al richiamo al dialogo del Capo dello Stato.
E’ certo che quest’ultimo ha agito nella consapevolezza di tutto ciò ed è certo anche che ha agito nell’interesse del Paese, quindi devono esserci state solide valutazioni ed elementi, oltre quanto contenuto nella nota che anzi suggerirebbe per il rinvio alle Camere, ad aver fatto propendere il presidente per la firma. Per la serietà della protesta, per il lavoro profuso, per il continuo rifiuto di scorciatoie, tutti quanti finora hanno protestato – gli stessi ragazzi e ricercatori ricevuti in Quirinale – tutti noi abbiamo diritto di conoscere queste valutazioni. Presidente ci spieghi.
* Rete29Aprile
Rete 29 Aprile
Ricercatori per una Università pubblica, libera, aperta
Scuola - 31 Dicembre 2010
Presidente Napolitano, perché ?
di Alessandro Pezzella*
La firma del presidente Napolitano alla riforma universitaria è arrivata ieri accompagnata, preceduta si potrebbe dire per un senso mediatico di attesa, da una “nota di criticità” che si distingue per affermazioni in negativo, che, invece di sostenere l’opportunità della firma, suggeriscono la lettura “ho firmato non perché buona legge, ma perché non abbastanza malfatta da poter evitare di firmarla”. Senza seguire la strada dell’interpretazione, chi scrive ha una precisa valutazione di questa “riforma” e potrebbe essere portato a falsare il senso della nota. Cercando quindi di procedere con piena onestà intellettuale, ripercorriamo alcuni passaggi.
A fine luglio il Presidente Napolitano riceve dalla Rete29Aprile una lettera in cui si fa il punto su mesi di proteste che il mondo universitario ha ritenuto di mettere in atto contro una riforma che, al di là di specifici affondi su ricerca e diritto allo studio, mina l’università pubblica nel suo impianto. A tale lettera il Presidente risponde con una nota pubblica che invita l’esecutivo ad ascoltare la voce della ricerca.
L’invito del Presidente è disatteso, le proteste ignorate, sminuite o peggio confuse artatamente con altre iniziative. L’iter della legge procede con l’approssimazione che tutti ricordiamo e che può essere rappresentata, nel merito, dai precisi richiami della nota del Presidente; nella forma, dallo spettacolo dell’ultima presidenza dei lavori al Senato.
Nei mesi, il lavoro di protesta spicca al confronto del “lavoro” dell’esecutivo e del Parlamento per la serietà ed autorevolezza dei tanti ricercatori, studenti, precari e professori, che, data l’importanza di una riforma universitaria, hanno sentito il dovere di analizzare, denunciare, protestare e proporre. E’ proprio questa serietà ed autorevolezza ad imporre il dibattito alla stampa ed alla televisione, fornendo all’opinione pubblica occasioni di confronto.
In quel confronto tra chi “protesta” e chi “fa la legge” cosa emerge ? Che il consulente del ministro, Roger Abravenel, il lunedì precedente la discussione alla Camera, in diretta su La7, alla domanda su se sia un bene l’approvazione di questa riforma in queste condizioni risponde: “Non lo so”… Oppure che, secondo Valentina Aprea (presidente della commissione Cultura della Camera), sempre su La7, i politici non devono essere soggetti a valutazione, a differenza degli universitari…
In sintesi, fretta, approssimazione, presunzione, assenza di dialogo, il tutto con lo sfondo di una maggioranza sul limite della sfiducia e per una legge in cui errori e deleghe rendono appunto necessario accompagnare la firma del presidente della Repubblica con una nota esplicativa. E’ mettendo in prospettiva tutti questi elementi che vanno lette le parole del presidente Napolitano: “Promulgo la legge, ai sensi dell’art. 87 della Costituzione, non avendo ravvisato nel testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle Camere, correttiva della legge approvata a conclusione di un lungo e faticoso iter parlamentare. L’attuazione della legge è del resto demandata a un elevato numero di provvedimenti, a mezzo di delega legislativa, di regolamenti governativi e di decreti ministeriali; quel che sta per avviarsi è dunque un processo di riforma”.
Come a dire: gli errori ci sono ma non è grave perché le legge non c’è, quindi, invece di rimandarla alle camere, si confida in un cambio di condotta nella fase dei decreti attuativi. Non appare questo certo uno scenario adeguato ad un atto di firma pieno. Con le stesse premesse si sarebbe potuto dire che gli errori ci sono ma le legge non c’è e quindi, invece di confidare in un cambio di condotta nella fase dei decreti attuativi, si rinvia alle camere il testo.
Se gli aspetti giuridico-legislativi non sono quindi determinanti, quelli politici prevalgono, così una firma finisce anche col divenire firma di una certa conduzione squalificata della Presidenza del Senato, di una approssimazione di consulenti ministeriali, di una ostentata autoreferenzialità di un presidente di commissione Cultura, di una pericolosa prassi per cui si legifera alla leggera, tanto poi… e della stessa indifferenza al richiamo al dialogo del Capo dello Stato.
E’ certo che quest’ultimo ha agito nella consapevolezza di tutto ciò ed è certo anche che ha agito nell’interesse del Paese, quindi devono esserci state solide valutazioni ed elementi, oltre quanto contenuto nella nota che anzi suggerirebbe per il rinvio alle Camere, ad aver fatto propendere il presidente per la firma. Per la serietà della protesta, per il lavoro profuso, per il continuo rifiuto di scorciatoie, tutti quanti finora hanno protestato – gli stessi ragazzi e ricercatori ricevuti in Quirinale – tutti noi abbiamo diritto di conoscere queste valutazioni. Presidente ci spieghi.
* Rete29Aprile
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Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Grazie Fulco per aver insegnato a intere generazioni la cura e la conservazione della natura. Fondatore del WWF, parlamentare, sempre attento a portare fuori dai recinti l'ambientalismo convinto che doveva vivere soprattutto nella società e nei comportamenti individuali e collettivo per cambiare anche la politica. In un mondo in grave crisi climatica la Sua saggezza e conoscenza divulgativa ci mancherà molto". Lo dice Paolo Cento, già parlamentare dei Verdi e direttore della rivista ambientalista 'Articolo 9'.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Giorgia Meloni non ha nulla da dire sulle parole dell’inviato speciale di Trump?". Lo scrive sui social al deputato di Iv Maria Elena Boschi, rilanciando il colloquio di Paolo Zampolli con il Foglio.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - A sedici anni dall'ultima presenza di un Capo dello Stato, in quel caso Giorgio Napolitano, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, torna in Giappone per una visita ufficiale in programma da lunedì 3 a domenica 9 marzo. Un appuntamento che suggella una fase di svolta nei rapporti tra l'Italia e il Paese del Sol Levante, visto che l'entrata in vigore nel 2023 del Partenariato strategico e il successivo Piano di azione siglato tra i rispettivi Governi l'estate scorsa in occasione del G7 a Borgo Egnazia segnano l'avvio di un rapporto caratterizzato da un nuovo dinamismo, che si preannuncia foriero di conseguenze positive e di prospettive da esplorare, che vanno ad inserirsi in una già collaudata comunanza di vedute e di interessi sul piano politico ed economico.
Basti pensare all'attenzione sempre crescente dell'Italia per le problematiche del Sud-est asiatico, con l'intensificazione di un dialogo a livello Nato e tra Unione europea e Giappone, per il quale il partenariato con gli Stati Uniti rappresenta un pilastro fondamentale, anche per la stabilità dell'Indo-pacifico. Con la necessità per il Paese del Sol Levante di trovare un equilibrio nei rapporti con la Cina, tra tensioni di carattere geopolitico da governare e interessi commerciali da salvaguardare.
Le circa 150 nostre aziende che operano in Giappone e le circa 380 giapponesi che sono nel nostro Paese, il Business-Forum in programma a Roma il prossimo 13 maggio, con la partecipazione di circa 200 imprese nipponiche e italiane, sono invece la dimostrazione di quanto sia rilevante e in crescita la partnership economica, che oltre alla presenza italiana nei tradizionali settori del design, della moda e dell'agroalimentare vede aumentare la collaborazione sul piano industriale e tecnologico. Si inserisce proprio in questo contesto il progetto Gcap per il caccia di sesta generazione basato sulla collaborazione tra Italia, Giappone e Regno Unito.
Si svilupperà quindi lungo questa direttrice il programma della visita di Mattarella, con impegni di carattere istituzionale, economico e culturale. Lunedì 3 marzo alle 19 ora locale (8 ore avanti il fuso orario rispetto all'Italia dove quindi saranno le 11), il Capo dello Stato vedrà a Tokyo la comunità italiana. Poi martedì l'incontro con l'imperatore Naruhito e l'imperatrice Masako e i colloqui con gli speaker, rispettivamente, della Camera dei Rappresentanti e della Camera dei Consiglieri. Quindi il concerto del tenore Vittorio Grigolo, offerto dall'Italia alla presenza dei rappresentanti della Casa imperiale.
Mercoledì 5 alle 11 (le 3 di notte in Italia) è previsto un confronto del presidente della Repubblica con rappresentanti della Confindustria giapponese ed esponenti dell'imprenditoria italiana, mentre alle 18 Mattarella vedrà il premier giapponese, Shigeru Ishiba.
Nelle giornate di giovedì e venerdì il Capo dello Stato sarà invece a Kyoto, dove sono in programma appuntamenti di carattere artistico e culturale e l'incontro con i nostri connazionali. Particolarmente significativa, anche per i risvolti legati alla attuale e delicata situazione internazionale, l'ultima tappa a Hiroshima, prevista sabato 8 marzo, con la visita al Museo della Pace e l'incontro con l'Associazione dei sopravvissuti ai bombardamenti nucleari e con l'organizzazione Nihon Hidankyo, impegnata per l'abolizione delle armi nucleari e insignita lo scorso anno del Premio Nobel per la pace. Domenica 9 il rientro a Roma.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Mentre la vigilanza resta bloccata dal ricatto della maggioranza, gli ascolti della Rai continuano a precipitare, soprattutto nel settore dell’informazione, dove assistiamo a una vera e propria desertificazione. Un tempo i programmi di approfondimento erano punti di riferimento, oggi vengono sistematicamente penalizzati da scelte di palinsesto incomprensibili". Lo dicono i parlamentari del M5s della commissione di Vigilanza Rai.
"Un esempio? Fiction di grande successo, capaci di catalizzare milioni di spettatori, vengono mandate in onda in diretta concorrenza con trasmissioni storiche d’informazione. È successo con Rocco Schiavone contro Chi l’ha visto?, e si ripete con Imma Tataranni opposta a Report -proseguono-. Chi ha interesse a sabotare l’informazione di qualità? Come se non bastasse, la Rai autorizza con leggerezza la partecipazione di suoi volti di punta sulle reti concorrenti, depotenziando i propri programmi".
"Domani sera, Stefano De Martino sarà ospite di Fabio Fazio: un conduttore che già raccoglie ottimi ascolti, ha bisogno di fare promozione sul Nove? Ma a chi serve davvero questa ospitata, a De Martino o a Fazio? È solo una coincidenza che entrambi abbiano lo stesso agente? Di certo, non si può pensare di premiare chi è responsabile di tutto questo affidandogli la supergestione dei palinsesti. Per salvare la Rai serve competenza, non amichettismo", concludono gli esponenti M5s.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Tra l’invasore Putin e il bullo Trump, noi stiamo con Zelensky, con l’Ucraina e con l’Unione europea, ormai unico argine al neocolonialismo e al neo imperialismo di Usa e Russia. Per questo +Europa parteciperà alle piazze per l’Ucraina che si stanno organizzando in tutta Italia, comprese quelle di oggi a Milano davanti al consolato USA e di domani in piazza dei Mercanti, così come a Roma in Piazza Santi Apostoli sempre domani. Non possiamo più stare a guardare. È il momento che tutti coloro che credono nell’Europa Unita e nella democrazia si schierino dalla parte di Kiev, dell’Europa, dei diritti e della libertà”. Lo annuncia il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Apprezzabile la manifestazione in favore dell’Ucraina, domani pomeriggio. Ridicolo però che venga da Carlo Calenda, che ha distrutto il progetto Stati Uniti d’Europa non aderendo alla lista e regalando posti al parlamento europeo ai sovranisti filo Putin". Lo scrive sui social il senatore di Iv Ivan Scalfarotto.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Le immagini di ieri dallo Studio ovale hanno sconvolto il mondo. Siamo in una situazione internazionale senza precedenti e il comunicato della premier Meloni, giunto ben ultimo dopo altri leader europei, non fa chiarezza sulla posizione dell’Italia". Lo dicono Chiara Braga e Francesco Boccia, capigruppo Pd alla Camera e al Senato.
"Meloni deve spiegare al paese se ha intenzione di abbandonare l’Ucraina al suo destino, se pensa di distinguersi dal resto dell’Europa e come intende rispondere all’arroganza degli Stati Uniti e di Trump. Non può continuare a nascondersi e a scansare la questione di fondo: dove colloca l’Italia nel mondo in questo drammatico frangente. Basta video e comunicazioni tardive, venga in Parlamento già prima del vertice europeo straordinario del 6 marzo", aggiungono Braga e Boccia.