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Battisti e il sanguinoso teatrino della politica

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Cesare Battisti, con tutti i suoi protettori illustri, da Bernard Henry-Levy alla pluridecorata dal successo commerciale Fred Vargas, non suscita simpatia. Era un piccolo malavitoso, dice un suo ex compagnuccio dei Pac ( una delle tante sigle stupide che, in nome del comunismo, si davano da fare per fottere definitivamente il comunismo). E’ un assassino, dicono quelli che fanno baccano perché sia sepolto definitivamente nelle patrie galere. E’ un assassino di sinistra, dicono quelli che fanno baccano perché seppellisca definitivamente anche la sinistra (o almeno collabori al processo). Chi se ne frega se è uno scrittore, dicono quelli a cui, comunque, gli scrittori stanno sulle palle. Bisogna tagliare i ponti col Brasile che non vuole restiturcelo, dicono i berluscones. Bisogna farcelo restituire dal Brasile ma senza tagliare i ponti perché i ponti rendono, dice Berlusconi.

Bisogna appenderlo per i piedi. Metterlo in galera e buttare la chiave. Bisogna metterlo in una galera nostra, che i sorci verdi glieli facciamo vedere noi. Perché noi lo odiamo veramente, e gli altri molto meno. In questo crescendo di grida, in questo lievitare di anime improvvisamente commosse dagli orfani delle vittime degli anni di piombo, mi nasce il sospetto che la Presidente Brasiliana, abbia ragione a non spedircelo, il Battisti. Tutto c’è , in Italia, fuorchè una garanzia di rispetto, quando un essere umano diventa un simbolo, un oggetto significativo nello scambio di colpi bassi. La maschera del terrorista rosso, snob infingardo e tracotante, nel sanguinoso teatro della politica.

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