L’altro ieri sera mi sono messo sul divano e ho guardato Kalispera prendendo appunti sul cellulare. Ho obbligato mio padre a seguire il programma del mercoledì sera di Canale5 insieme a me. Gli ho spiegato che, secondo me, Alfonso Signorini contribuisce a formare l’opinione pubblica italiana (e dunque, l’egemonia culturale berlusconiana) molto più dei giornali, dei talk-show politici e dei programmi di approfondimento. Avevo già sbirciato le scorse puntate, ma senza metodo. E ho letto tutte le analisi, da Aldo Grasso ai miei amici di Facebook.
Kalispera è ambientato nell’ipotetico salotto di casa Signorini. Lo studio è allestito in modo tale da indurre lo spettatore a pensare che Signorini si comporti esattamente come si comporterebbe a casa sua, che gli ospiti siano tutti suoi amici. C’è un’abitazione open-space, con tanto di cane (che si chiama ‘Vespa’, come il cognome di chi conduce il programma che in contemporanea occupa il palinsesto di RaiUno) e di colf, Olimpia, donna verace con il gusto per la battuta a effetto e, all’occasione, inviata per saldi, feste e reportage al sapore gossiparo. All’interno dello studio c’è il pubblico, comodamente seduto come se assistesse a una pièce teatrale e c’è anche Elena Santarelli, riapparsa (a sorpresa) dopo essere stata (a sorpresa) conduttrice di TRL, programma generazional/musicale di MTV, per dimenarsi (senza sorpresa) tra balletti e ammiccamenti.
Il programma conferma tutte le promesse. Se non fossi un addetto ai lavori non lo avrei mai guardato; da tecnico, però, devo riconoscere che ogni mercoledì si consuma uno scientifico, drammatico, estasiante capolavoro di spin doctoring. Il formato dell’infotainment, ossia dell’informazione offerta con messaggi leggeri, che non richiedono impegno cognitivo per essere fruiti e dunque accessibili a fasce più ampie della popolazione, conosce un’evoluzione che, ne sono certo, sarà esportato all’estero. Sia chiaro: da cittadino non sono felice di questo. Ma non è un motivo sufficiente per non analizzare un fenomeno e non riconoscerne il valore.
Kalispera nasce con un preciso obiettivo strategico: omogeneizzare e appiattire i linguaggi della comunicazione e, di conseguenza, “normalizzare” le differenze di rango, di cultura, di dignità e di autorevolezza tra personaggi pubblici che appartengono a sfere diverse dell’opinione pubblica. Questo meccanismo, cifra assoluta del berlusconismo, trasforma i politici in starlet e dunque obbliga il cittadino/elettore/telespettatore a misurarne il valore esclusivamente sulla base del loro impatto comunicativo.
E così, si parte con Signorini che racconta la storia di due rane che finiscono nel latte per invitare all’ottimismo, poi dice che gli italiani ridono troppo poco e si prendono troppo sul serio (dove ho già sentito questa teoria?). Subito dopo Emanuele Filiberto entra ballando. Segue Orietta Berti che canta “Finché la barca va”, inno laico dell’Italia contemporanea secondo Signorini, con annessa intervista in cui si scava sui dettagli pruriginosi di una distinta signora della provincia emiliana che difende da 43 anni il suo matrimonio.
E siamo al clou: entra il nemico. Ed è messo a cucinare: è Italo Bocchino, posizionato ai margini (anche fisicamente) del set a preparare spaghetti col tonno. Il tempo di vestirsi da cuoco e di incassare un “Italo, che uomo”, con tanto di abbraccio, dal conduttore, ed è il turno di Belen. Signorini chiede un tango alla signora Corona, “per vedere se sento qualcosa di diverso”. La banalizzazione dell’omosessualità, vissuta come una sorta di moda, di deviazione o di atteggiamento che cambia sulla base dell’interlocutore è un’altra cifra della regressione culturale del nostro Paese. E immaginate la portata devastante di questa operazione, considerando che è condotta proprio da un omosessuale. Nel frattempo c’è tempo anche per far entrare Alessio Vinci, rigorosamente in maniche di camicia.
Nel frattempo il piatto è pronto e Italo Bocchino può farsi intervistare dal re del gossip italiano, il quale si concentra però su una finissima analisi politica: “i finiani sono di destra, e allora perché sembra che siano andati più a sinistra di Vendola, e soprattutto perché non fanno la pace”? A quel punto si realizza l’infelicità della scelta di Bocchino di barattare la visibilità in cambio di un’intervista così ostica: quelle questioni sono le stesse che gli possono essere poste da Santoro, Floris o dai migliori editorialisti italiani, ma con un linguaggio molto più colloquiale e caldo e dunque pericoloso, considerando che Signorini, da padrone di casa e non da semplice conduttore, è in posizione gerarchicamente superiore.
Bocchino si difende come può e disvela una convinzione crescente tra chi mastica politica, la stessa che mi aveva indotto a studiare il caso-Kalispera: “Signorini, allora è vero che sei lo spin-doctor di Berlusconi”. Seguono scambi difensivi tra intervistatore e intervistato, ma è la conferma del potere di un uomo che sfugge ai meccanismi classici dell’analisi politica e che per questo non è combattuto in nessun modo.
C’è anche il tempo per dare il via alla seconda puntata de: “I comunisti non sono più quelli di una volta”. Fausto Bertinotti, pizzicato da Dagospia (sito oramai elevato a autorevole punto di riferimento dell’informazione italiana) alle Bahamas, è offerto al pubblico ludibrio con tanto di domanda di Signorini: “E allora, alla bocciofila di Reggio Emilia, chi ci va?”
Pare che la pubblicità possa salvare Bocchino dal massacro, ma dopo una staffilata di Signorini a Vespa, recentemente disallineatosi da Berlusconi a Cortina, arriva la bomba. Elena Santarelli, solitamente assente durante le interviste “cuore a cuore”, si avvicina al capogruppo alla Camera di Fli e gli chiede “Ma cosa ha la Carfagna che non ho io?”. Basta una frase, proferita da chi dovrebbe solo ballare e sorridere, per evocare una ministra traditrice, un marito fedifrago, le bionde e le brune, i segreti e i non detti, Berlusconi e Fini. Perché subito dopo Signorini ha gioco fin troppo facile per chiedere a Bocchino “se ha mai fatto un pensierino sulla Tulliani”. Risposte imbarazzate. Oppositore umiliato. Politica pop purissima.
Il programma prosegue senza sussulti utili per l’analisi, con Belen che canta “Besame Mucho” e la Santarelli che si struscia su Alessio Vinci fino l’ingresso di un eroico Flavio Insinna, fresco conduttore de “La Corrida”, obbligato a fare passerella per motivi promozionali, pizzicato più volte dalle telecamere con uno sguardo truce, sorrisi di circostanza e la vaga sensazione che vivesse quell’ospitata come una specie di punizione.
La mia analisi si chiude con il casting per cercare il cane con cui far accoppiare Vespa. Dopo laboriose ricerche condotte da Irene Ghergo, autrice di ‘Non è la Rai’, si giunge alla conclusione che il cane è lesbo-chic. Un’altra incivile irrisione dell’omosessualità e degli omosessuali, buoni solo a far spettacolo e moda e a occuparsi di gossip e degnamente rappresentati dal migliore testimonial di questo modello, Alfonso Signorini, il vero maitre a penser di Berlusconi, uno degli uomini più potenti, intelligenti e sottovalutati (dalla sinistra) d’Italia.
A quel punto decido che può bastare e vado a dormire.