Che senso ha, che scopo, e quali conseguenze, la boutade di Bersani sui dieci milioni di firme che il Pd raccoglierà a tambur battente? Perché, di una boutade si tratta, questo è fuori di dubbio. Dieci milioni è grosso modo il numero di voti di cui è accreditato il Pd nei sondaggi. E il rapporto tra consenso elettorale e capacità di mobilitazione (di piazza, di raccolta firme “fisiche”, perfino di adesioni via internet) è di trenta a uno, venti a uno, dieci a uno in casi eccezionalissimi, come sa chiunque, dirigenti del Pd compresi. Raggiungere un rapporto di uno a uno, far firmare un appello “Berlusconi dimissioni” nei gazebo a dieci milioni di cittadini in pochi giorni è realistico quanto annunciare di voler sbarcare su Marte questa notte. Talmente inverosimile, che prima di scrivere questa breve nota sono andato a rileggermi i titoli dei giornali – dico sul serio – per il dubbio di aver avuto una illusione ottica.
Se si fosse trattato di un milione di firme, infatti, l’obiettivo sarebbe stato altissimo, al limite del possibile, ma proprio il carattere di “sfida temeraria” avrebbe potuto significare una volontà risoluta di accettare e vincere lo “scontro finale”, quello “senza rivincite”, quello in cui “chi prevale prende tutto”, secondo il virgolettato attribuito a Berlusconi in un articolo di Claudio Tito su “la Repubblica”, la cui fonte è palesemente una persona del più ristretto “inner circle” del Putin di Arcore. Una volontà incrollabile di catalizzare e galvanizzare tutte le energie in una lotta ad oltranza, frontale, che solo la definitiva disfatta del regime potrebbe chiudere.
Ma dieci milione, no, non è la diana per la mobilitazione generale in difesa della Repubblica. E’ una boutade. Dunque un atto di irresponsabilità. Della cui realizzazione si smetterà di parlare, contando sulla memoria-zero cui è stato ormai assuefatto il paese, o che viceversa verrà magnificata con tromboneggiar di pompa magna, e sarà allora una di quelle menzogne ciclopiche che caratterizzano Berlusconi e si rivolgono solo a chi ancora crede alla Befana, menzogna che non dovrebbe neppure tentare chi – sebbene in altre età – ha frequentato il detto gramsciano “la verità è rivoluzionaria”.
La già fioca credibilità dei dirigenti Pd vedrà così estinguersi anche il residuo lumicino, ma intanto la boutade ha l’effetto immediato di poter “bruciare” le iniziative vere, di “mobilitazione generale repubblicana” che stavano (e spero ancora stiano) rapidamente maturando nella società civile. Perché è davvero impensabile che di fronte ad una definitiva dichiarazione di guerra contro la Costituzione (questo è il “punire i magistrati!”, come se le istituzioni fossero privata proprietà arcoriana), i premi Nobel, e i pochissimi scrittori e registi che in Europa e nel mondo fanno ancora scattare presso l’opinione pubblica più larga l’equazione Italia=cultura, non stiano già apprestandosi a fare da catalizzatori per quella gigantesca rivolta morale che, sola, può ancora salvare l’Italia.
da il Fatto Quotidiano del 23 gennaio 2011