Ora si indaga sulle spese della “Cricca pompeiana”, sulla gestione dei Bertolaso Boys all’ombra del Vesuvio. Venerdì la Guardia di Finanza è tornata negli uffici della Soprintendenza del più grande sito archeologico al mondo: è la terza volta dall’inizio dell’anno. Questa volta, però, il mandato era preciso: acquisire la copia dei documenti contabili, le delibere, i contratti e i mandati di pagamento relativi alle spese sostenute dal 28 agosto 2008 fino al 31 luglio 2010. Tutti, nessuno escluso. Dopo le inchieste sui crolli e quella sul restauro-monstre del Teatro Grande, ora la procura della Repubblica di Torre Annunziata punta a capire come siano stati spesi gli 80 milioni di euro dati in dote al defunto prefetto Renato Profili prima e a Marcello Fiori, fedelissimo dell’ex capo della Protezione Civile, poi.
Gli uomini delle Fiamme Gialle del gruppo di Torre Annunziata si sono presentati di primo mattino negli uffici della Soprintendenza: due sottufficiali e un giovane ufficiale, il tenente Benito Addolorato, in borghese. Una presenza volutamente più discreta del solito, per evitare che il clamore possa essere strumentalizzato dai partiti di governo a pochi giorni dalla discussione sulla mozione di sfiducia sul ministro Sandro Bondi. Il clima fra esecutivo e procure è rovente. Per questo, il capo della procura oplontina, Diego Marmo, appena diffusa la notizia ha smorzato i toni parlando di “attività ordinaria per un fascicolo già aperto”.
Un procedimento avviato a fine novembre, all’indomani delle due inchieste pubblicate sull’Espresso – “Cricca pompeiana” e “Cin cin di spesa” – a firma Emiliano Fittipaldi e Claudio Pappaianni. I due cronisti del settimanale di Largo Fochetti avevano documentato, punto su punto, le discutibili spese della gestione Profili-Fiori. Stipendi da record, consulenze, operazioni di marketing: degli 80 milioni di euro impegnati, solo una minima parte è andata alla manutenzione e al restauro della città degli scavi. Spese fuori controllo, soldi che finiscono agli amici degli amici: “Quasi 47mila euro sono serviti per metter in piedi l’evento ‘Torna la vite’; 185mila per il progetto PompeiViva: soldi dati alla onlus romana CO2 Crisis Opportunity fondata da Giulia Minoli, figlia di Gianni e Matilde Bernabei, che ha avuto Gianni Letta come testimone di nozze. Lo sposo? Salvo Nastasi, direttore generale del ministero dei Beni culturali”, scrivevano a novembre Pappaianni e Fittipaldi. E ancora: “Più di 34mila euro sono stati investiti per due video promozionali, 90mila per l’organizzare un concorso di poesia (l’ideatore ha preso una consulenza da 22mila euro). Un posto di primo soccorso gestito dalla Croce Rossa è costato 336mila euro (per un anno), 71mila euro sono finiti alla Pasquale Di Paolo Sas per “la fornitura, il trasporto e l’installazione di Totem”, senza dimenticare i 45mila dati alla stessa ditta per la fornitura segnaletica esterna e materiale grafico”.
Supermarcellino, come gli amici chiamano affettuosamente Marcello Fiori, oltre a garantirsi un assegno annuale da 150mila euro, aveva messo in conto alla gestione degli Scavi di Pompei pure 1.668 euro per i nuovi arredi del suo ufficio, 4mila per la “parete attrezzata” e 1.700 euro per la divisa del suo autista. Con lui, le spese previste per lo staff erano lievitate da 200mila a 800mila euro, anche se per il “funzionamento” la spesa complessiva alla fine è stata 3 volte superiore: oltre 2milioni e 300mila euro. Dopo le inchieste dell’Espresso, Fiori si era difeso utilizzando il solito refrain berlusconiano: “Sono ricostruzioni fantasiose e distorte della realtà”. Ora la Guardia di Finanza ci dirà quanta fantasia c’era. O se, come spesso accade negli ultimi tempi, la realtà abbia superato l’immaginazione.