“Ogni attività della magistratura – e dunque anche quella della procura della Repubblica di Milano – in un ordinamento democratico è soggetta alla valutazione e alla critica della libera stampa; le campagne di denigrazione e l’attacco personale ai magistrati si qualificano da soli e in un sistema di civile convivenza devono essere un problema per chi ne è autore e non per chi ne è vittima”. Queste le parole del procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati. La nota del capo della procura milanese si riferisce ad “Amori privati della Boccassini“. Questo il titolo che Il Giornale ha regalato questa mattina ai suoi lettori. Il quotidiano di via Negri torna indietro di quasi 30 anni per colpire il magistrato milanese, “l’agguerrita pm dello scandaloso caso-Ruby, che ha frugato nelle feste di Arcore e ascoltato le conversazioni pruriginose delle ragazze dell’Olgettina”.
E mentre Il Giornale picchia duro sulla Boccassini, il Pdl ha chiesto che la Camera sollevi in Giunta il conflitto di attribuzione nel caso Ruby. Intervenendo durante i lavori, Maurizio Paniz ha esposto una tesi curiosa: il tribunale di Milano non è competente sull’inchiesta (che va trasferita al tribunale dei ministri) dal momento che Silvio Berlusconi avrebbe agito per motivi istituzionali quando si è mosso per Ruby fermata dalla questura di Milano, pensando che fosse la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak.
Il Giornale sceglie di scavare nel passato del magistrato piuttosto che parlare delle nuove carte che inguaiano il premier. Per farlo, tira fuori una storia già usata dallo stesso quotidiano a metà degli anni ’90 in occasione delle inchieste sulla corruzione dei giudici. E’ il 1981 – scrive Gian Mario Chiocci – quando il procuratore capo Mauro Gresti scrive alla procura generale per segnalare “atteggiamenti amorosi” della Boccassini con un giornalista di Lotta Continua. Gresti arriva a chiedere “se non sia inopportuno che detto magistrato continui a prestare servizio presso la procura di Milano”. La richiesta non avrà alcun seguito (ma questo Il Giornale lo dice solo a metà pagina): il procuratore generale Sofo Borghese spedisce tutto al Csm che poi archivierà assolvendo la Boccassini (ma anche questo Il Giornale lo mette tra parentesi, come “nota del redattore”).
In ogni caso, il quotidiano di Alessandro Sallusti racconta di “ben 27 colleghi di Ilda che insorgono per iscritto contro il loro capo lamentando una sproporzione dell’iniziativa ‘per un episodio di scarsa rilevanza’”. Gresti – continua Il Giornale – rincara la dose con ulteriori “comportamenti tenuti in ufficio dal sostituto Ilda Boccassini in un lasso di tempo tra l’autunno del 1979 e l’inverno del 1980”. Ma quali sono le fonti del procuratore capo? Un addetto delle pulizie del tribunale. Una “soffiata” insomma, ma abbastanza per Il Giornale per sbatterne il contenuto nell’occhiello dell’articolo in bella evidenza: “La dottoressa era seduta a gambe aperte sulle gambe di un uomo e di fronte allo stesso”. Peccato che si tratti di un triplo avvitamento: la soffiata dell’addetto delle pulizie in realtà è di seconda mano perché una volta interrogato l’uomo preciserà “di aver solo detto a un colonnello dei carabinieri ciò che gli era stato detto da un avvocato”. Non basta. A sollevare dubbi sul teste sono anche due colleghe della Boccassini che al difensore di Ilda, il pm Armando Spataro, riferiranno di confidenze ricevute dallo stesso addetto delle pulizie che parlava di altri incontri in ufficio con altre donne in toga ma non con la Boccassini. Preso in contropiede, Gresti la butta in politica: il suo j’accuse alla Boccassini dipenderebbe dal “turbamento per il rapporto del magistrato con un giornalista critico con l’azione della procura di Milano sul fronte della fermezza nella lotta al terrorismo”.
Il quadro che ne esce è quello del ‘tutti colpevoli, nessuno colpevole’. Chi non ha qualche scheletro nell’armadio? I “soloni” che criticano il Cavaliere dovrebbero tenerlo bene a mente. Ma l’episodio che si contesta alla Boccassini, (un bacio per strada il 15 ottobre del 1981) non ha nulla a che fare con il “puttanaio” emerso dalle 700 pagine di atti sui festini hard non di un uomo qualunque, ma del presidente del Consiglio. Atti che raccontano anche di droga, regali e soprattutto soldi. Carte che non compaiono mai sul sito internet IlGiornale.it se non indirettamente. Solo alle 16 compare un articolo dal titolo “Ruby, la Giunta vota la restituzione degli atti/Minetti: “Solo uno sfogo la telefonata sul Cav'”. Peccato che manchi del tutto il contenuto del cosiddetto “sfogo” della consigliera della Regione Lombardia (“Silvio è un pezzo di merda, vuole solo salvare il suo culo flaccido. Vuole metterci in Parlamento così ci paga lo Stato”). Di più, la parola “sfogo” è collegata a una galleria di foto di Nicole Minetti mentre esce dal palazzo della Regione. L’articolo sottostante non menziona mai le parole esatte o gli sms intercettati dalla procura. Si fa riferimento solo alla giustificazione della ex igienista dentale del San Raffaele comparsa questa mattina su Il Corriere della Sera: “Di cose ne ho dette tante: chi non l’avrebbe fatto al posto mio in una situazione come questa?”. In ogni caso, “non le ho mai pensate: ci mancherebbe altro…”. Di cosa si stia parlando esattamente, il lettore de Il Giornale non deve capirlo.
Guarda il video de ilfattoquotidiano.it sulla replica dell’Anm (l’Associazione nazionale magistrati) all’articolo de Il Giornale contro Ilda Boccassini