Sarà ricordato come il Piano di San Valentino. Al Piano di Governo del Territorio (Pgt) sono appese le sorti della giunta di Letizia Moratti che per sperare in una rielezione deve farlo approvare entro il termine tassativo del 14 febbraio (se non ci riuscisse, il Pgt dovrebbe ripetere l’iter e il documento sarebbe quindi adottato dalla prossima giunta dopo le elezioni comunali). Anche a costo di raccogliere le 4.765 osservazioni dei cittadini (sostenute da 2.748 emendamenti dell’opposizione) in otto grandi gruppi. Un blitz. Così in Consiglio Comunale le osservazioni saranno votate a botte di mille per volta. Soltanto il 7 per cento sono state recepite dalla Giunta.
Non c’era altra strada. “Il tempo stringe e il consiglio ormai è un fantasma. Sembra il Parlamento, svuotato di ogni funzione”, racconta Basilio Rizzo (professore e consigliere della lista per Dario Fo). Spiega: “Manca continuamente il numero legale, e gli assenti sono proprio nella maggioranza. Ma il centrodestra è diviso e chi dispone di un voto lo fa valere caro. Ci sono consiglieri ricomparsi in aula dopo aver ottenuto poltrone nelle municipalizzate”, accusa Rizzo.
Già, le elezioni comunali, i posti in Consiglio sono ridotti da 60 a 48, l’arma di molti consiglieri per la poltrona è questo voto. L’Expo annaspa, la città ogni giorno si guadagna nuovi record di inquinamento e il sindaco Moratti deve per forza sventolare almeno una bandiera.
“È il provvedimento più importante di questi cinque anni”, ha detto Moratti. L’ansia di approvare il documento potrebbe, però, essere un boomerang. Della “borghesia milanese” è difficile trovare tracce dopo il ciclone Berlusconi, ma la società civile si ribella, Libertà e Giustizia lancia un appello. Tra i firmatari Gae Aulenti, Umberto Eco, don Gino Rigoldi. E Milly Moratti, consigliera comunale dell’opposizione, che della cognata sindaco non condivide molto.
L’appello svela l’osso della questione: il Pgt disegna la mappa urbanistica di Milano, ma anche quella del potere economico.
“Il Pgt permetterà 35 milioni di metri cubi di nuove costruzioni, come 341 Pirelloni”, racconta Michele Sacerdoti, ambientalista candidato alle primarie del centrosinistra. Aggiunge: “Saranno realizzate abitazioni per 400mila nuovi abitanti, ma secondo lo stesso Comune la città fino al 2030 crescerà di 60mila”. Milly Moratti non usa giri di parole: “Il Pgt segue un mosaico di richieste dei potenti”.
Non è d’accordo Carlo Masseroli, assessore all’Urbanistica: “Il concetto di destinazioni d’uso era superato. Lo abbiamo sostituito con poche regole essenziali che favoriscono lo sviluppo della città pubblica”.
Ecco le parole chiave del Pgt: destinazioni d’uso, cooperative e perequazione. La prima rivoluzione, appunto, è quella di cancellare le destinazioni d’uso. Un modo per “favorire lo sviluppo senza ingessarlo”, come dice Masseroli, oppure il rischio di un far west urbanistico? Rizzo segnala un pericolo: “La scomparsa delle aree produttive, perché tutti preferiscono puntare sulle case”. Anche se restano vuote.
Poi c’è la fetta per le cooperative. È certo un caso che l’assessore all’Urbanistica del Comune, Carlo Masseroli, sia un ciellino come il predecessore, Maurizio Lupi (oggi vicepresidente della Camera). Ma che vantaggio avranno le cooperative? Sacerdoti non ha dubbi: “Si dice che il 35 per cento delle costruzioni sono destinate al social housing, ma solo il 5 per cento diventeranno vere case popolari (una quota conquistata dopo una battaglia dell’opposizione, ndr). Un buon 20 per cento sarà affidato alle cooperative – bianche e rosse – che magari venderanno a prezzi ridotti, ma comunque a famiglie con un reddito fino a ottantamila euro l’anno”. Il grande regalo alle cooperative, secondo i critici, è nel “Piano dei servizi”, scuole, strutture sanitarie, tanto per dire. Sostiene Sacerdoti: “Il documento si apre con una citazione di don Giussani. Ma il Comune rinuncia ai nuovi servizi che passeranno ai privati”. Alle cooperative dove la Compagnia delle Opere la fa da padrone.
Ma la parolina magica del Pgt è “perequazione”. In soldoni: si prende un’area vincolata come il Parco Sud (l’ultimo polmone verde di Milano) e le si attribuiscono indici di edificabilità. Poi si proclama di voler salvare il verde trasferendo il diritto a costruire nella città che già scoppia.
“Qui non si tratta soltanto di un’operazione immobiliare, ma anche finanziaria, che rimette in piedi i bilanci”, racconta Milly Moratti. Aggiunge: “I diritti di edificazione potranno iscriversi in un’agenzia che favorisce l’incontro tra venditori e compratori, una specie di borsa”.
La vera partita del Pgt e del potere è, però, quella meno nota ai cittadini. Il Piano può garantire a Moratti il gradimento della Milano che conta davvero. Imprenditori e banche che investono miliardi nel mattone sono poi gli stessi che siedono nel cda dei principali quotidiani cittadini. Gente che è meglio avere dalla tua parte, come Salvatore Ligresti. Scorrendo i nomi nelle sue società si trova mezza famiglia di Ignazio La Russa che a Roma è ministro della Difesa, ma che a Milano conta davvero. Nel cda di Fondiaria Sai si trova suo fratello Vincenzo, che siede anche nell’Immobiliare Lombarda. Il figlio di Ignazio, Geronimo, è nel cda della stessa Premafin nel posto del nonno Antonino. Non sono dettagli, il partito di La Russa ha un ruolo importante negli enti pubblici che approvano i progetti delle società di Ligresti.
“Con il nuovo Pgt”, sostiene Milly Moratti, “la densità degli abitanti passerà da 7mila a 12mila per chilometro quadrato”. Ma a Milano l’orizzonte è già oggi segnato da gru alte centinaia di metri. La Madonnina e il Pirellone sono dei nani se confrontati con i nuovi grattacieli. Alla vecchia Fiera, che secondo l’allora sindaco Gabriele Albertini doveva diventare “il Central Park di Milano”, ecco invece arrivare le tre immense torri di City Life. E non importa se pare difficile trovare chi comprerà.
È soltanto il primo progetto di una lunga serie: l’Expo, poi il megainsediamento di Santa Giulia, impantanato per le note vicissitudini del gruppo Zunino, e ancora Porta Garibaldi, la sede della Regione realizzata a memoria dell’era Formigoni. Per non parlare del Pir di Salvatore Ligresti (che realizza anche City Life), della nuova sede del Comune, del progetto per l’Isola, fino alle Varesine. Decine di nuovi edifici, milioni di metri cubi, griffati da grandi progettisti: Hadid, Libeskind, Isozaki, Pei, Cobb e lo studio Kohn, Fox e Pedersen.
Costruire, costruire, costruire. Ecco la parola d’ordine oggi a Milano. Perfino, come ha appurato la Procura, se si realizzano interi quartieri su discariche non bonificate. Poi negli asili costruiti sui depositi di mercurio e cloroetilene intanto ci vanno i bambini.
da Il Fatto quotidiano dell’1 febbraio 2011