Il fattoquotidiano.it di oggi pubblica un pezzo di Maurizio Viroli titolato Il Paese Bordello.
“Bordello State e Whoreocracy – “stato bordello” e “il governo delle puttane”, riporta Viroli – sono due espressioni che (…) ben caratterizzano l’immagine dell’Italia negli Stati Uniti. (…) Pochi giorni orsono, la parola bordello campeggiava [anche] in un articolo del New York Times. Questa volta però – precisa Viroli – erano dei manifestanti che reggevano un cartello con la scritta ‘l’Italia non è un bordello’”.
Il nostro paese non è un bordello perché da noi i bordelli sono fuori legge. Perché la prostituzione, pur non ancora proibita, non è regolamentata. Perché se un comune cittadino s’azzarda a imitare i comportamenti dei vip, su di lui piovono multe, gabelle, segnalazioni foto, videoregistrazioni e in taluni casi, persino il sequestro dell’auto nel quale avesse avuto l’ardire di appartarsi con una prostituta – il tutto grazie al tipico costume italiota dei due pesi e delle due misure. Escort con tariffe da capogiro per il premier e i suoi accoliti e vessazioni di ogni genere, compresa la vergogna di vedersi recapitare a casa la foto che ritrae il malcapitato appartato nella sua auto con una meretrice occasionale.
“La domanda che l’opinione pubblica americana si pone a proposito dell’Italia, non è tanto che cosa succede – argomenta Viroli – quanto ma cosa avete fatto per ridurvi così”. In altre parole gli americani, più che interessati alla nostra squallida cronaca politica di questi giorni, non capiscono come sia stata possibile l’ascesa del bucaniere in questione e soprattutto di come noi italiani lo si possa continuare a sopportare.
Gli americani – e non soltanto loro, basti dare una rapida scorsa a quasi tutta la stampa internazionale per rendersene conto – sembra non si capacitino di come noi italiani non si abbia ancora capito “il principio fondamentale del liberalismo, quello che insegna – come sintetizza Viroli – a temere il potere illimitato, di chiunque lo detenga”.
Ora, che l’esiziale domanda “perché non siete liberali?” se la ponga e ce la ponga il famoso americano medio è persino ovvio, ma che lo stesso retorico quesito esca dalla bocca di un James Walston del Foreign Policy, o tracimi dai pensieri di tanti celebri editorialisti d’oltre oceano, come per esempio il nostro Alexander Stille, i due campioni citati da Viroli – pare davvero troppo. Che l’élite d’oltre oceano, costituita da tanti esimi docenti, non esclusi gli annessi & connessi analisti della Cia, tanto per citare la più nota delle numerose american intelligences, ignori i motivi storici e politici, talvolta indotti se non determinati dalla politica estera americana degli ultimi decenni, e finga di ignorare il fatto che questo nostro ex bel paesino è sempre stato dominato, per non dire schiacciato, dalla presenza delle due chiese, quella cattolica e quella marxista, spesso convergenti proprio sui temi delle libertà individuali, dei quali la prostituzione fa parte, oltre che grottesco è ipocrita tout court.
Da quel che finora ci è stato concesso sapere, pare che i finanziamenti degli Usa all’Italy, siano stati per lo più distribuiti alla democrazia cristiana e ad altri partiti della sinistra moderata così/detta, piuttosto che a foraggiare liberal parties degni di questo nome o associazioni o singoli intellettuali liberal, perennemente derisi quando non esplicitamente esclusi, dalle egemonie catto-comuniste insieme e/o separatamente considerate.
Quel che a mia volta vorrei chiedere agli americani che contano qualcosa, è se si accorgono solo adesso che il Berlusconi’s system, lungi dall’essere definitivamente abbattuto a casa nostra (sic!), potrebbe trovare imitatori in altri paesi più o meno democratici, come già avvenne per il fascismo?