Quella del Corso di Laurea in Scienza e Tecnologia del Packaging è stata un’esperienza molto positiva. Lo testimoniano il prof. Angelo Montenero, Ordinario di Chimica generale e inorganica presso l’Università di Parma, e il dott. Paolo Pelloni, coordinatore dell’Associazione Laureati in Packaging.
Professor Montenero, mi risulta che il Corso di laurea in Scienze e Tecnologie del packaging presso il quale insegna preveda discipline molto diverse fra loro, che spaziano al design alla chimica, dalla microbiologia alla logistica, dal diritto all’informatica applicata ai processi industriali, il tutto per venire maggiormente incontro alle esigenze del mercato. Si tratta di insegnamenti in genere di pertinenza di facoltà e indirizzi differenti. Come avete risolto il problema?
“Quale è il problema? Il nostro scopo era proprio quello di uscire dai soliti e ristretti schemi in modo da fornire ai nostri laureati la capacità di interloquire con i diversi attori, spesso ultra specializzati, del Packaging. Ci siamo rivolti a professionisti nei vari settori che si sono comportati in modo eccezionale, sia dal punto di vista delle competenze, che dal punto di vista didattico. I commenti delle aziende sono sempre stati molto positivi”.
So che le imprese del settore hanno spinto per la nascita del corso di laurea e che hanno contribuito in vari modi alla sua realizzazione. Quali sono stati gli aspetti salienti di questa collaborazione e, dopo oltre dieci anni di esperienza, Lei ritiene che essa sia stata efficace?
“Il corso è nato proprio su spinta, anche economica, delle aziende del settore tramite l’Istituto Italiano Imballaggio. Da sempre, prima con il contributo di alcuni associati all’Istituto Italiano Imballaggio, poi con il contributo del Conai, abbiamo coperto i costi vivi del Corso di Laurea, dove per costi vivi intendo il pagamento dei Professori a contratto, scelti tra i più competenti esistenti in Italia. A carico dell’Università ci sono stati i costi generali, mentre i docenti interni all’Università di Parma hanno svolto la loro opera gratuitamente negli ultimi nove anni aggiungendo ai loro impegni didattici anche quelli derivanti dal Corso di Laurea in Packaging.
“Ogni semestre organizzavamo dei seminari tenuti da esperti provenienti dal settore industriale e visite a stabilimenti. – continua il prof. Montenero – La tesi di Laurea veniva svolta presso aziende del settore grazie al costante aiuto dell’Istituto Italiano Imballaggio. Per potere sostenere ogni esame di profitto era necessaria la presenza al 75% delle lezioni, e al 90% dei laboratori. Si faceva l’appello ogni giorno. L’Associazione GIFCO, Gruppo Italiano Fabbricanti di Cartone Ondulato, caso unico in Italia, provvedeva a bandire ogni anno borse di studio triennali a favore di studenti meritevoli già a partire dal primo anno. L’efficacia di questo approccio didattico, sicuramente fuori dalla norma, ha portato ad avere praticamente una percentuale di assunzioni vicina al 100% entro pochi mesi dalla laurea”.
Paolo Pelloni, dopo la laurea, ha lavorato per tre anni in un’azienda leader europea dove è stato assunto per “organizzare, innovare, gestire” il settore packaging in quanto non c’era prima di lui una persona che se ne curasse. Ora è proiettato verso un altro impiego in una azienda leader mondiale.
Dott. Pelloni, secondo la sua esperienza personale e come coordinatore dell’associazione dei laureati in packaging, questa figura offre un valore aggiunto in termini di imballaggi ecosostenibili o comunque aiuta concretamente a ridurre il volume degli imballaggi e quindi quello dei rifiuti?
“Sicuramente sì. Ci sono due compiti tra quelli che il laureato in packaging può svolgere che interessano in modo particolare l’ambiente: 1) Ottimizzazione/riduzione degli attuali materiali di packaging 2) Progettazione di un pack ecosostenibile, cercando di non utilizzare più materiale del necessario e andando sempre di più verso pack Riciclabili/Riutilizzabili. Attingendo dalla mia esperienza professionale, ho seguito in prima persona progetti che hanno portato su scala annuale ad una riduzione di 25 t di cartone, 4 t di metallo, 200 camion in meno per le strade. Non numeri strabilianti, ma a mio parere indicativi delle potenzialità di questa figura professionale”.
La collaborazione fra università e impresa ha costituito una “marcia in più” per il corso di laurea e quindi per i laureati che lo hanno seguito?
“L’essere a stretto contatto con le imprese tramite stage e seminari è uno dei punti forti del corso perché permette al laureando di conoscere nel concreto le dinamiche aziendali. Anche le imprese ne traggono vantaggio in quanto hanno l’occasione di “testare sul campo” queste figure professionali, che finiscono molto spesso con l’essere assunte. Esiste un connubio migliore?”
E’ un percorso di studi che si sentirebbe di consigliare ad altri studenti?
“Assolutamente sì. Premetto che nessuno nasce con la vocazione nel campo dell’imballaggio, ma è un settore molto affascinante; così dinamico, vario, pieno di rigore ma che lascia spazio anche alla creatività. In 3 anni sei già sul mondo del lavoro con l’opportunità di operare in qualsiasi settore perché ogni azienda che produce un bene lo deve poi proteggere,movimentare e vendere. Quello del packaging è un mondo ancora poco conosciuto e capito, non molto valorizzato e molte volte demonizzato dall’opinione pubblica che non si accorge che prima del rifiuto ha usufruito di un servizio. Consiglio agli studenti di buttarsi in questo settore come l’ho fatto io a suo tempo, un atto di fede a fronte di un occupazione sicura in un settore davvero interessante”.