“Neopuritani che vogliono l’autoritarismo”, “Golpe degno della Ddr”. Sono lontani i tempi in cui il presidente del Consiglio diceva urbi et orbi di disinteressarsi dei media che gli appartengono. Adesso il presidente incontra direttamente tutti i fedelissimi direttori, per dettare, o farsi dettare, la strategia di comunicazione per resistere alle inchieste e salvare la sua immagine. Così a Palazzo Grazioli si sono presentati ieri tutti i big dell’editoria del biscione: Alessandro Sallusti, direttore de il Giornale, Giuliano Ferrara, direttore del Foglio e editorialista dello stesso Giornale, Claudio Brachino, direttore di Videonews, Giovanni Toti di Studio Aperto e Alfonso Signorini, direttore di Chi e Sorrisi e Canzoni Tv.
Quando Ferrara esce dal palazzo è l’unico a parlare e a rivelare: “Sono andato lì per intervistarlo”. L’intervista è pubblicata questa mattina sul numero del Foglio, ma già dal pomeriggio di ieri i contenuti cominciavano a “trapelare”, e i contenuti battuti dalle agenzie somigliavano molto all’idea di mobilitazione dello stesso Ferrara: “In mutande ma vivi”.
Che dice allora Berlusconi? Due parole su tutte: immunità totale. Con il direttore del Foglio, infatti, Berlusconi parla dell’articolo 68 della Costituzione, e di un ripristino della sua versione originaria, modificata nel 1993 sull’onda di Tangentopoli. Fino ad allora, i parlamentari godevano di immunità totale da eventuali procedimenti penali, fino al termine del mandato, salvo voto del Parlamento. Insomma, una restaurazione in pieno dell’impunità della casta.
Nelle parole, ma anche nei fatti. Perché mentre il premier conversava, i parlamentari agivano. 101 deputati del Pdl hanno infatti presentato un disegno di legge di modifica costituzionale. C’è l’articolo 68, appunto, ma anche il 94, da riformulare in modo da garantire elezioni in caso di sfiducia e nel caso il premier dimissionario le chieda. C’è anche l’ipotesi popolar populista di riduzione dei parlamentari (da 630 a 500 alla Camera, da 315 a 250 al Senato) per far passare il testo come riduzione dei privilegi. Ma il tema centrale è tutt’altro. Ecco un passaggio della relazione sulla legge: “I tentativi di destabilizzazione dell’esecutivo – si legge nella relazione – e l’uso politico della giustizia che stanno caratterizzando drammaticamente questa legislatura – oggi volti a colpire il governo Berlusconi, domani potenzialmente in grado di colpire qualsiasi altro governo- confermano, per la loro abnormità, l’assoluta necessità e urgenza quantomeno di alcune modifiche costituzionali, limitate a pochi essenziali aspetti, per assicurare, almeno in futuro, governabilità al Paese”.
Fuori l’Udc dalle giunte
Prima, parlando con alcuni presidenti di Regioni e Province del Pdl, il premier aveva detto categorico: “Gli esponenti dell’Udc devono uscire da tutte le giunte che governiamo noi. “Ho tollerato ogni tipo di attacco politico – continua – ma ora gli attacchi sul piano personale e privato non posso davvero sopportarli più”.
Quindi, raccontano alcuni di questi amministratori, l’ordine di scuderia è quello di far uscire da tutte le giunte gli esponenti centristi. Tra le Regioni già all’opera c’è la Campania. In una riunione a Montecitorio in cui erano presenti anche il coordinatore regionale del Pdl, Nicola Cosentino e il governatore Stefano Caldoro, infatti, si è fatto il punto su tutti i componenti delle giunte dell’Udc che sono stati in parte sostituiti oppure hanno accettato di passare con il Pdl. Molti esponenti centristi – racconta un deputato del Pdl coinvolto nella riunione, “hanno già fatto il salto decidendo di stare con noi piuttosto che abbandonare definitivamente l’incarico amministrativo”.
La Germania, quella sbagliata
Torniamo all’intervista con lo spin doctor Ferrara. Passano pochi minuti dalle prime dichiarazioni, infatti, e le agenzie cominciano ad anticipare i contenuti. Qui Berlusconi scatena il dies irae. Con una variazione sul tema mutuata direttamente da Ferrara, cosicché l’unto del Signore si presenta terreno e peccatore, pronto alla vendetta su chi scaglia le pietre: “Dalle cronache di questi giorni – dice il premier – si capisce che i pubblici ministeri e i giornali o i talk show della lobby antiberlusconiana, che trascina con sè un’opposizione senza identità propria, si muovono di concerto: si passano le carte, non si comprende in base a quale norma, come nell’inchiesta inaccettabile di Napoli; oppure, come è avvenuto a Milano, scelgono insieme i tempi e i modi per trasformare in scandalo internazionale inchieste farsesche e degne della caccia spionistica alle ‘vite degli altri’ che si faceva nella Germania comunista”. “Chi, come voi dite, predica una ‘Repubblica della virtù’, con toni puritani e giacobini – si legge ancora sull’anticipazione – ha in mente una democrazia autoritaria, il contrario di un sistema fondato sulla libertà, sulla tolleranza, su una vera coscienza morale pubblica e privata”.
Il Cavaliere si scaglia poi contro la manifestazione che sabato scorso ha riunito oltre 10mila persone al Palasharp di Milano: “Io, qualche volta, sono come tutti anche un peccatore, ma la giustizia moraleggiante che viene agitata contro di me è fatta per ‘andare oltre’ me, come ha detto il professor Zagrebelsky al Palasharp”. Una manifestazione, attacca Berlusconi, “fatta per mandare al potere attraverso un uso antigiuridico del diritto e della legalità, l’idea di cultura, di civiltà e di vita, di una élite che si crede senza peccato, il che è semplicemente scandaloso, è illiberalità allo stato puro”.
“Stavolta – continua il premier a ruota libera – c’è una coscienza pubblica diffusa dell’intollerabilità costituzionale e civile di un siffatto modo di procedere, il famoso golpe bianco, anche perché abbiamo un presidente che è un galantuomo, e allora ricorrono a quello che lei, caro direttore – dichiara Berlusconi a Giuliano Ferrara – ha chiamato ‘golpe morale’. E’ per questo che nel documento del Popolo della Libertà si parla di eversione politica. E’ un giudizio tecnico, non uno sfogo irresponsabile”.
Frattini e i diritti negati
Ma non c’è solo Silvio Berlusconi. Se il premier si dice pronto a fare causa allo Stato per le indagini che lo vedono coinvolto, il ministro degli Esteri Franco Frattini paventa addirittura il ricorso alle autorità internazionali. “C’è una violazione della privacy che può essere portata non solo davanti a un tribunale italiano – dice Frattini – ma credo anche dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo“.