E’ durato poco più di mezz’ora l’incontro tra il premier e il Capo dello Stato. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha lasciato il Quirinale dove era salito insieme accompagnato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. Prima di recarsi al Quirinale, il Cavaliere aveva ricevuto a Palazzo Grazioli i capigruppo Pdl e Lega di Camera e Senato. Alla riunione erano presenti anche il Guardasigilli, Angelino Alfano, e i due legali Ghedini e Longo. Il vertice a Palazzo Grazioli è seguito all’incontro che i ministri leghisti hanno avuto con Letta e Alfano.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha discusso con il premier i contenuti di una lettera che lo stesso Napolitano aveva inviato al governo per chiedere delle correzioni al decreto Milleproroghe e una maggior collaborazione tra governo e Parlamento. La lettera è stata inviata per conoscenza anche al presidente della Camera Gianfranco Fini e al presidente del Senato, Renato Schifani. E proprio il primo è poi intervenuto alla Camera per leggere il testo. Nel corso dell’incontro al Quirinale, si legge fra l’altro nel comunicato diffuso al termine dal Colle, “il Presidente del Consiglio ha convenuto sulle osservazioni di metodo formulate dal Presidente della Repubblica nella lettera oggi inviata a lui e ai Presidenti delle Camere in materia di decretazione d’urgenza”.
Nella lettera il Capo dello Stato “ha richiamato l’attenzione sull’ampiezza e sulla eterogeneità delle modifiche fin qui apportate nel corso del procedimento di conversione al testo originario del decreto-legge cosiddetto milleproroghe. Il Capo dello Stato, nel ricordare i rilievi ripetutamente espressi fin dall’inizio del settennato, ha messo in evidenza – si legge ancora – che la prassi irrituale con cui si introducono nei decreti-legge disposizioni non strettamente attinenti al loro oggetto si pone in contrasto con puntuali norme della Costituzione, delle leggi e dei regolamenti parlamentari, eludendo il vaglio preventivo spettante al Capo dello Stato in sede di emanazione dei decreti-legge”.
Ma il passaggio più duro del testo è un altro: “Mi riservo – scrive Napolitano – qualora non sia possibile procedere alla modifica del testo del disegno di legge approvato dal Senato, di suggerire l’opportunità di adottare successivamente possibili norme interpretative e correttive, qualora io ritenga, in ultima istanza, di procedere alla promulgazione della legge. Devo infine avvertire che, a fronte di casi analoghi, non potrò d’ora in avanti rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio, anche alla luce dei rimedi che l’ordinamento prevede nell’eventualità della decadenza di un decreto legge”.