In tempi bui come quelli che stiamo attraversando, mi sembra utile impiegare uno spazio democratico anche per segnalare all’attenzione dei cittadini italiani situazioni che non trovano spazio negli articoli della stampa nazionale, ma che pure stanno rendendo ancora più difficile la vita scolastica quotidiana.
In un tempo ormai lontano, era l’interesse generale a guidare senza ambiguità la gran parte di coloro che facevano il nostro lavoro: l’abiura ai diritti fondamentali era considerata impensabile e si vigilava con intransigenza sulla loro esigibilità, nella consapevolezza di far parte di una comunità educante democratica, laica, pluralista, disponibile alla dialettica, ma rigorosa sui punti qualificanti: la scuola dell’obbligo è gratuita, come recita la Costituzione, mai scomodata come in questi tempi di disattenzione e di inerzie.
Mi provengono da molte scuole, ultima in ordine di tempo la Scuola Media Fabrizio De Andrè di Roma, segnalazioni di richieste ai genitori di una somma di denaro, ambiguamente chiamata “contributo volontario”. Nel caso citato, di 35 euro. Alle superiori (obbligatorie solo nel tratto iniziale e per altro in concorrenza con la formazione professionale e perfino con l’apprendistato, in una furbesca interpretazione dell’obbligo d’istruzione) il “contributo volontario” esiste da tempo, e configura una vera e propria tassa, nei fatti tutt’altro che facoltativa, che letteralmente condiziona – in questi tempi di fili della borsa stretti, di ritorsione continua ai danni della scuola (di Stato, come ci ha ricordato a più riprese il Capo), di debito del ministero con le singole scuole pari a 1 miliardo e mezzo che non verrà mai rifuso – la sopravvivenza degli istituti stessi.
Da qualche tempo, e oggi in maniera sempre più consistente, si stanno adeguando anche le scuole medie. Lo fanno nelle maniere più fantasiose, vincolando all’esborso dei genitori polizze assicurative ulteriori e non meglio specificati servizi. Ciò che è grave – oltre a questo bricolage dell’Autonomia scolastica, che viola obblighi e prescrizioni costituzionali – è la clausola imposta alle famiglie con sempre maggiore frequenza: il mancato esborso dà luogo a ritorsioni contro i ragazzi. Come nel caso della scuola citata: la De André (una media con popolazione scolastica particolarmente eterogenea, con circa 50 diversabili, con moltissimi migranti che la frequentano) prevede che il non pagamento della tassa comporti automaticamente che i ragazzi non partecipino alle visite guidate, anche di mezza giornata. Un caso di rimozione straordinaria di diritti. No soldi, no apprendimento.
La scuola media è obbligatoria nella sua totalità di percorso e gratuita nella sua natura istituzionale e costituzionale; il contributo invece “volontario”. Ma capita da qualche tempo che gli insegnanti si trovino a organizzare uscite cui partecipa meno della metà della classe. Una delle tante odiose forme di prepotenza, di rimozione del principio di uguaglianza, di creazione all’interno di comunità scolastiche, che dovrebbero essere per loro stessa natura luogo di integrazione, condivisione, rimozione degli ostacoli, emancipazione e pari opportunità, di criteri contrari.
È così che una parte della scuola italiana, la scuola di base, si sta attrezzando – costretta o meno, non importa – a far fronte all’ondata di delegittimazione e alle vergognose restrizioni economiche: dividendo, creando barriere, determinando soprusi, rinnegando la propria stessa natura. Non c’è dubbio che delibere come quelle della De André – ma da lungo tempo una scuola media storica di Roma, la Mazzini, ha imboccato a sua volta la strada del contributo volontario – non stenterà, visti i tempi che stiamo vivendo, a trovare ulteriori emuli. Ma questo non farà altro che aprire un ulteriore baratro tra il mandato costituzionale della scuola pubblica nel nostro Paese e le condizioni in cui e a cui concretamente la scuola si trova ad operare.
La grave inerzia di quanti – in nome dell’irrisorietà della cifra, della logica del fai da te, dell’adeguamento al “così fan tutti” – assistono tacitamente alla creazione di queste barriere, in una una logica di intervento che svincola l’amministrazione scolastica e lo Stato dalle loro responsabilità istituzionali, non farà altro che rafforzare impunità, mistificazioni e malefatte di governi che – sotto i nostri occhi, sulle nostre spalle di lavoratori e contro il diritto all’apprendimento dei ragazzi – stanno saccheggiando la scuola pubblica, anche con queste complicità. C’è bisogno di procedere in direzione ostinata e contraria.