“È il momento giusto per istituire una tassazione sulle transazioni finanziarie contro le speculazioni e per aumentare gli introiti Ue”, ha affermato l’eurodeputata greca e socialista Anni Podimata dopo che l’europarlamento ha appoggiato a grande maggioranza la risoluzione che propone l’adozione in Europa della cosiddetta Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie. Per carità, il testo non ha valore vincolante su futuri sviluppi legislativi, ma essendo una presa di posizione ufficiale del Parlamento europeo costituisce un importante primo passo. Il cammino si preannuncia in ogni caso tutt’altro che facile visto che in gioco ci sono forti interessi del mondo finanziario e dei grandi investitori. La stessa Commissione europea, anche se favorevole a livello di principio, ha espresso seri dubbi sulla sua fattibilità.
Ciononostante la Podimata non ha dubbi: “Mentre i governi nazionali battagliano per mantenere in ordine i loro conti, noi (eurodeputati, ndr) abbiamo una grande responsabilità nei confronti dei cittadini. Finora i contribuenti europei sono stati gli unici a sopportare gli effetti della crisi finanziaria, con imposte dirette per aiutare le banche, l’aumento della disoccupazione, il taglio agli stipendi e ai servizi sociali. Non possiamo permetterci di prendere la decisione sbagliata”.
Il Parlamento europeo (529 Sì) le dà ragione, ma adesso dovrà vedersela con gli interessi dei mercati finanziari e i dubbi della Commissione. La risoluzione propone misure concrete per una politica fiscale giusta, massimizzare le capacità di recupero del prelievo e generare nuove entrate per le casse di Bruxelles, tra cui, appunto, “una tassa sulle transazioni finanziarie, anche se solo a livello Ue”. Una proposta a lungo attesa, che va ad aggiungersi all’intensificazione della lotta ai paradisi fiscali e al segreto fiscale, agli Eurobond e alla tassazione energetica.
Ma anche nell’Aula di Strasburgo non mancano gli incerti: gli eurodeputati del Pdl e della Lega, pur appoggiando il testo finale, hanno votato contro un emendamento che chiedeva espressamente all’Unione europea di “promuovere l’introduzione di una TTF (tassazione sulle transazioni finanziarie, ndr) a livello mondiale, ma che, se questo non fosse possibile, dovrebbe applicare come primo passo una TTF a livello europeo”. D’altronde proprio i grossi investitori avvertono: la Tobin tax non farà altro che spingere i capitali fuori dall’Europa.
Insomma il percorso della tassazione finanziaria si annuncia tutto in salita. Sopravvissuto alle modifiche della commissione economica e monetaria del parlamento, adesso deve vedersela con le perplessità della Commissione. Algirdas Šemeta, Commissario Ue alla Tassazione, non nasconde i suoi dubbi: “Visto che il maggior partner dell’Ue (gli Stati Uniti) è contrario, sarebbe più saggio per noi adottare solo una tassazione sugli accordi commerciali di alto valore e le attività finanziarie (FAT)”.
Niente da fare, secondo la Podimata, “spingere sulla FAT senza la sua complementare FTT sarebbe a dir poco disdicevole, e non offrirebbe gli stessi benefici contro la speculazione e a vantaggio di maggiori entrate nelle casse di Bruxelles”.
E dire che secondo le stime una tassazione dello 0,05% sulle società finanziarie consentirebbe all’Ue di avere a disposizione 200-300 miliardi di euro ogni anno e contribuirebbe alla riduzione delle attività speculative rendendole più costose e quindi meno vantaggiose. Infatti si stima che le frodi all’IVA ammontino a circa 250 miliardi di euro annui.
Vinta la prima battaglia, adesso bisogna combattere la guerra, iniziata addirittura nel lontano 1972 quando l’economista americano James Tobin (da cui il nome Tobin Tax) parlò per primo di tassare le transazioni finanziarie. Da allora di strada ne è stata fatta, tanto che a sdoganarla completamente nel dicembre 2009 ci ha pensato il presidente francese Nicolas Sarkozy, che vorrebbe addirittura portarla a livello mondiale durante la sua presidenza del G20.
Inutile dire che la battaglia si gioca tutta sul piano politico tra Bruxelles e i governi nazionali. “Tassare le speculazioni e assicurare la stabilità dei mercati finanziari è un dovere che trascende i partiti politici. Sta a noi fare il primo passo. Adesso o mai più”, attacca la Podimata, secondo la quale “le multinazionali dovrebbero pagare le tasse in quei paesi dove generano i loro profitti”. Belle parole, adesso la palla passa alla Commissione.