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I precari del giornalismo in marcia

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Oggi in decine di piazze d’Italia stanno manifestando precari, disoccupati, sottoccupati, sfruttati. Manifesteranno perchè questo paese ritrovi giustizia, legalità e dignità.

Il precariato è un grave problema, ma in quanto tale non sarebbe insormontabile. Diventa una minaccia all’esistenza delle persone quando insieme al precariato ci si imbatte nell’illegalità degli imprenditori, dei superiori gerarchici e spesso dei colleghi che sfruttano, che vessano, che ricattano per mantenere alte le loro rendite di denaro o prestigio, e per poter esercitare potere e per incutere paura. Si tratta di sfruttamento puro e crudo che sublima le caratteristiche peggiori del precariato,  al cui confronto quello che si stimmatizza nei paesi asiatici nel lavoro manuale è poco di peggio, poco di più pietosamente schifoso.

Oggi sfilano anche centinaia di giornalisti precari, vessati, sfruttati. Professionisti giovani e meno giovani costretti a fare vite d’inferno per cercare di svolgere onestamente il loro lavoro. Sfileranno urlando la loro rabbia e la loro indignazione per il vecchio decrepito sistema dell’informazione italiano, che continua a non capire che sta morendo con i suoi errori e con le sue nefandezze. O forse questo sistema sta coscientemente capendo di essere al suo exitus e per cercare di tutelarsi, invece che accettare i tempi cambiati, aggredisce ancora con maggiore veemenza i deboli, soprattutto quelli che cercano di alzare la testa contro il sistema stesso.

In questo scenario può anche capitare di trovarsi con ordini professionali e sindacati regionali clamorosamente infiltrati da rappresentanti degli sfruttatori e al soldo degli editori esteticamente probi, ma concretamente truffaldini, che coprono, nascondono, giustificano pur di salvare la loro vergognosa paghetta di mezzi uomini.

Il mondo dei giornalisti è un mondo con straordinari professionisti mischiati con esseri indegni. Questi ultimi sono peggio dei nostri politici, anzi fanno molto più schifo dei nostri politici perché dietro a un algido trincerarsi dietro deontologie e regole, portano avanti pietose consorterie e interessi meschini. Non sanno alzare la testa e non pensano neppure di farlo. Non hanno neppure il coraggio di guardare negli occhi chi hanno di fronte per l’incapacità della loro espressione di nascondere la spazzatura che si portano dentro. Sono quei giornalisti che in massa non hanno avuto il coraggio di raccontare la storia di una loro collega che ha fatto lo sciopero della fame per difendere la dignità del suo lavoro.

Forse non si rendono conto che la loro fine è vicina, vicinissima. Il mondo è cambiato e loro sono zombie come in un peggior film dell’orrore. Le cose cambiano veloci. Fra poco in questo paese ci saranno solo due partiti, anche se non vogliamo ancora dirlo: quello degli onesti e quello dei disonesti. Il tappo sull’informazione e sull’inerzia del non denunciare gli abusi sta saltando.

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