“Mi scuso per il gesto, sono amareggiato e pentito” e per questo “ho deciso di rinunciare alla campagna elettorale”. Dopo giorni di polemiche Roberto Lassini ha deciso di fare un passo indietro e ha scritto una lettera al presidente della Repubblica che aveva stigmatizzano i manifesti con scritto “Fuori le br dalle procure”. Proprio dalle parole di Giorgio Napolitano, Lassini sostiene di essere rimasto “profondamente colpito”. Durante una conferenza stampa, convocata in serata, Lassini ha annunciato di aver “consegnato le mie dimissioni irrevocabili dalla lista del Pdl nella mani del coordinatore regionale, Mario Mantovani“. Ad approvare la decisione di Lassini è stato Renato Schifani: “E’ stata la scelta giusta”, ha detto il presidente del Senato.
Ma la decisione di Lassini è stata sofferta. A vederlo parlare la tensione traspare, evidente. Così, nonostante sia controllato a vista da alcuni dirigenti del Pdl, si lascia sfuggire qualche frase di troppo. Una su tutte: “È vero, nei manifesti che ho fatto c’erano le stesse cose già dette da Berlusconi”, ammette. Poi lo portano via. Dal partito arrivano altre notizie su una vicenda che non si chiuderà facilmente: il braccio destro di Mantovani, Giacomo Di Capua, ha lasciato l’incarico. Il giovane assistente del coordinatore lombardo, infatti, è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di vilipendio. E con lui potrebbe trascinare altri pezzi del Pdl, non solo locali. L’effetto domino dei manifesti anti magistrati rischia di essere solo all’inizio.
Ora spetta alla procura di Milano inoltrare al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, la richiesta per ottenere l’autorizzazione a procedere nei confronti dei tre indagati. E potrebbe avvenire già domani, è stato fatto sapere al quarto piano del Palazzo di Giustizia, a seguito della riunione tra il Procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati, e i titolari delle indagini Armando Spataro, Grazia Pradella e Ferdinando Pomarici, convocata proprio per decidere tempi e modi per inoltrare l’istanza in via Arenula. Sotto inchiesta al momento sono Roberto Lassini, Giacomo Di Capua e un tipografo a cui è stata commissionata la stampa dei cartelloni della campagna anti magistrati. L’iscrizione nel registro degli indagati di quest’ultimo sarebbe però un atto dovuto mentre, c’è da registrare, che Di Capua è anche consigliere comunale sempre in quota al Pdl a La Spezia. E proprio l’autorizzazione a procedere, richiesta dal reato contestato (che è punito con una multa da 1000 a 5mila euro e che fa ipotizzare a una chiusura del procedimento con una richiesta di decreto penale di condanna) potrà permettere a investigatori e inquirenti quanto meno di convocare per interrogare gli indagati ed eventualmente prendere altri provvedimenti nei loro confronti. Al momento, infatti, manca un dato fondamentale: chi ha pagato i manifesti? Lassini non risponde. In conferenza stampa appare provato, stanco. Evita le domande dirette e si limita a leggere la lettera inviata a Giorgio Napolitano.
Nella lettera inviata al Capo dello Stato, Lassini scrive: “E’ giusto che renda conto di quello che ho fatto a quel popolo italiano verso cui ognuno di noi ha doveri inalienabili. Sono amareggiato e pentito – ha spiegato -. Di questo chiedo pubblicamente scusa a Lei che rappresenta la nostra Repubblica e il popolo italiano”.
“Sono un uomo di legge che ha subito le sue umane storture e che tuttora ne osserva – ha proseguito -, ma che nella legge e nella democrazia non ha mai smesso di credere, prima come cittadino, poi come imputato nel processo e poi come avvocato. Ho sbagliato – ha ammesso -, nei termini anzidetti, vittima di un sentimento di rivalsa e spinto dal desiderio di dare una scossa che consentisse di trovare soluzioni affinché nessun italiano viva la giustizia come un’ingiustizia, come è successo a me, allora uomo delle istituzioni, e come accade oggi per altri uomini delle istituzioni. Ciò non mi giustifica, lo comprendo e ne sono convinto – ha concluso – E’ giusto che renda conto di quello che ho fatto a quel popolo italiano verso cui ognuno di noi ha doveri inalienabili. Voglia accettare le mie scuse più sentite che rivolgo anche e soprattutto a tutte le vittime del terrorismo e ai loro famigliari che con il dolore devono convivere”.
La decisione è arrivata dopo giorni di forti polemiche che si sono risolte solo a seguito dell’intervento del Quirinale. Di fatto, inizialmente, i vertici del Pdl avevano giustificato il gesto di Lassini (Leggi l’articolo). Il coordinatore regionale del Pdl, Mantovani, domenica aveva detto che non sarebbe stato escluso dalla campagna elettorale, “semmai giudicheranno gli elettori”. Posizione poi ritratta ieri, anche a seguito delle pressioni ricevute da Letizia Moratti, dal vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, e dal presidente del Senato, Renato Schifani.