“Da bravo livornese posso dirle che una centrale atomica la costruirei più volentieri a Pisa”. La butta sul ridere il ministro per le Infrastrutture Altero Matteoli che al fattoquotidiano.it commenta la clamorosa retromarcia del governo sul programma nucleare italiano. L’ultimo atto di questa vicenda è stato il voto del Senato che ha approvato l’emendamento inserito nel decreto Omnibus che congela le norme previste per il ritorno all’atomo dell’Italia. “Io sono e resto un nuclearista convinto – specifica Matteoli – ma sono consapevole che dopo quello che è accaduto in Giappone, la scelta dell’esecutivo era in qualche modo obbligata e io mi sono adeguato”.
Con questo passaggio parlamentare il voltafaccia di Berlusconi su uno dei punti più importanti del proprio programma elettorale può considerarsi completo. Se ne parlerà al massimo fra un anno, quando l’ondata emotiva per quanto accaduto a Fukushima e soprattutto l’imminente tornata referendaria saranno solo un pallido ricordo.
“Il referendum che chiamerà i cittadini fra qualche settimana al voto sarà su un programma di fatto superato”, ha detto il ministro per lo Sviluppo economico Paolo Romani nella sua relazione al Senato. Un’impostazione condivisa anche da Matteoli secondo il quale “con l’emendamento in questione vengono abolite tutte le norme su cui si fa il quesito”.
Quindi, secondo il governo, non c’è più nessun bisogno che il 12 e il 13 giugno gli italiani si scomodino per andare alle urne. Un voto che, è sempre bene ricordarlo, oltre al No al nucleare prevede anche due No alla privatizzazione dei servizi idrici e soprattutto il No al legittimo impedimento, la legge fatta su misura per tenere Silvio Berlusconi lontano dalle aule dei tribunali che è già stata dichiarata parzialmente incostituzionale dalla Consulta lo scorso 14 gennaio.
Come ha scritto La Stampa, il premier ha in mano un sondaggio che parla di un’affluenza alle urne pari al 60 per cento. E il problema, come aveva scritto già settimana scorsa ilfattoquotidiano.it, è che gli italiani andrebbero a votare anche contro il legittimo impedimento. Insomma, il timore di Berlusconi è che il referendum sul nucleare possa trasformarsi in un plebiscito contro di lui e contro il suo scudo giudiziario.
Oggi se ne sono accorte anche le opposizioni: dal Pd, all’Italia dei Valori fino a Sinistra e libertà. “Il governo – attacca Massimo D’Alema – ha eliminato il proprio programma nucleare per paura che gli italiani, andando a votare contro le centrali, facessero raggiungere il quorum popolare anche al quesito che cancella i processi del premier”. Dichiarazioni in sintonia con quanto detto da Nichi Vendola: “La paura del quorum, dunque della democrazia, spinge il governo a cancellare le norme della sua rivoluzione nuclearista nella speranza di preservare la sua porcata del legittimo impedimento”.
Posizioni che Matteoli bolla come “dietrologia politica”. Secondo il titolare delle Infrastrutture, “la sinistra insultava il governo quando diceva che voleva andare avanti, ora che ha rivisto radicalmente il programma nucleare, continua a prenderlo a insulti. C’è qualcosa che non va. Poi se gli italiani vogliono votare contro il legittimo impedimento, sono liberissimi di farlo. E se il tema è così forte come sostiene l’opposizione, il quesito sulla giustizia raggiungerà il quorum”.
Ora la parola spetta alla Corte di Cassazione che sarà chiamata a decidere se, alla luce dell’emendamento votato dal Senato, la tornata referendaria salterà o se la consultazione si terrà ugualmente. Matteoli è convinto che alla fine la suprema Corte deciderà di cancellare il quesito, anche se ammette che la decisione del governo più che “un addio” è “un arrivederci”.
Un punto che ha ben presente anche Antonio Di Pietro che fin dal principio ha schierato l’Italia dei Valori in prima linea nella campagna referendaria. “L’emendamento che è stato presentato – dice Di Pietro – non abroga l’impostazione nuclearista del governo, ma posticipa solo la localizzazione degli impianti”. E’ per questo che il leader dell’Idv ha annunciato che il suo partito presenterà un altro emendamento teso a cancellare definitivamente la legge sul nucleare della maggioranza. “Senza l’abrogazione totale della legge persiste il referendum”.
“Più che uno stop quello del governo sembra un pit stop”. Così il comitato pro-referendum ha commentato in una nota le decisioni dell’esecutivo: “una pausa strumentale e transitoria per evitare di ricevere una mazzata dagli italiani al referendum e pure alle amministrative. Ma senza cambiare rotta”. Fatto sta che il governo ce l’ha fatta a sparigliare il mazzo e a confondere i cittadini su cosa fare a giugno. Lo sa anche Greenpeace che con Salvatore Barbera, responsabile della campagna nucleare dell’associazione, sottolinea come “l’obiettivo del governo fosse quello di guastare la campagna referendaria”.
E ci è pure riuscito dato che i primi di maggio comincerà la campagna elettorale ufficiale per i quesiti di metà giugno. Peccato che per quella data la Corte di Cassazione non si sarà ancora espressa sulla legittimità del quesito alla luce dell’approvazione dell’emendamento. “Ci vorrà almeno un mese per avere il parere della Suprema corte – sostiene Barbera – E qualcuno sa spiegarmi come si fa a fare una campagna elettorale senza sapere se ci sarà o meno il referendum?”