Deraa è la capitale della rivolta che sta scuotendo la Siria, ultimo paese ad essere stato investito dalla primavera araba. E’ lì che il regime baathista di Bashar al-Assad sta concentrando con maggior violenza la repressione del dissenso e, giorno dopo giorno, i resoconti che arrivano dalla città sono sempre più drammatici.
Alcuni testimoni riferiscono che stamane membri delle forze di sicurezza, appoggiati da carri armati e mezzi blindati, sono entrati in città sparando in tutte le direzioni. Un racconto confermato anche dalle televisioni panarabe, uniche testimoni internazionali di quanto sta accadendo da mesi in Siria. Secondo Al Jazeera le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sulla folla, subito dopo la preghiera dell’alba. I cronisti presenti riferiscono che le case sono state trasformate in ospedali d’emergenza. Almeno cinque i morti anche se gli attivisti parlano di almeno venti vittime cadute sotto il fuoco delle forze di sicurezza e dei cecchini appostati sui tetti degli edifici. Numerose fonti confermano la presenza di cadaveri per le strade nei pressi della moschea Omari. Le forze fedeli al regime hanno occupato il centro cittadino dove sono stati schierati otto carri armati e due mezzi blindati. Alte fonti dicono che alcuni elicotteri si sono alzati in volo dalla capitale Damasco verso Deraa.
Si spara e si muore anche in altre città del Paese. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riportato oggi che le forze pro-Assad hanno colpito a morte almeno 13 civili a Jabla. Le forze di sicurezza si sono schierate ieri nel quartiere sunnita della città costiera dopo che si era svolta una manifestazione a favore della democrazia nella città, come riferiscono attivisti locali.
Un attivista per i diritti umani a Damasco ha riferito oggi che le forze della sicurezza siriane stanno continuando a intervenire anche nella Capitale, e in particolare nel sobborgo di Duma, sparando contro civili disarmati e arrestando alcuni residenti. Ci sarebbero dei feriti, ma al momento non viene indicato il loro numero.
Crescono anche le tensioni internazionali. Le autorità di Damasco hanno chiuso il confine di stato con la Giordania. Secondo il regime di Assad, dietro i disordini ci sarebbe infatti Amman. Nei giorni scorsi il presidente Assad aveva denunciato il paese confinante di essere connivente rispetto ai manifestanti contro il governo siriano. Inoltre aveva sostenuto che molte delle persone impegnate a gestire la rivolta contro di lui provenivano proprio dal confine giordano. Sempre sul fronte internazionale, quattro paesi europei del consiglio di sicurezza dell’Onu – Francia, Gran Bretagna, Germania e Portogallo – stanno intanto facendo circolare una bozza di dichiarazione di condanna della repressione violenta delle manifestazioni siriane. L’incognita è adesso rappresentata dalla posizione di Russia e Cina, già caute nei confronti della situazione libica. Nessuna iniziativa è stata presentata per consentire eventuali sanzioni, una soluzione che è invece all’esame degli Stati Uniti.