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Case popolari, tangenti sugli appalti
indagato Osnato, candidato Pdl

Nell'inchiesta Aler finisce anche Marco Osnato, genero di Romano La Russa, consigliere comunale uscente e in lista con Letizia Moratti per le prossime amministrative
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Turbativa d’asta e corruzione. Tra gli almeno sei indagati dalla procura di Milano sugli appalti per i lavori di pulizie e gestione del verde del patrimonio immobiliare Aler, figurano il direttore generale Aler, Domenico Ippolito, e il direttore dell’area gestionale dell’Aler, Marco Osnato, genero di Romano La Russa, consigliere comunale uscente e candidato alle prossime amministrative nella lista di Letizia Moratti sindaco e coordinatore vicario del Pdl milanese. A riportare la notizia stamani è il Corriere della Sera in un articolo di Luigi Ferrarella nelle pagine della cronaca cittadina. Nell’inchiesta anche l’avvocato che guida l’ufficio legale e appalti dell’ente, Irene Comizzoli; la responsabile dell’ufficio di segreteria del presidente Loris Zaffra nonché componente del gruppo tutela patrimonio dell’ente in chiave anti-abusivismo, Anna Bubbico; e due amministrato di centinaia di alloggi Aler, Antonio De Luca (marito della Bubbico) e Luca Bellisomo.

Secondo quanto riporta il quotidiano di via Solferino, “alcuni di questi nomi erano già stati evocati nell’esposto che il 19 marzo dell’anno scorso l’associazione Sos Racket e usura di Frediano Manzi aveva presentato in Procura, allegando anche la registrazione di una conversazione con ‘un ingegnere che ha lavorato per anni partecipando a bandi e gare d’appalto per l’Aler’ e che accreditava l’esistenza di una prassi tangentizia in seno all’ente”.

I pm Antonio Sangermano e Maurizio Romanelli, stanno valutando, scrive Ferrarella, la delibera dell’Aler con la quale si sperimentava nella provincia milanese una sorta di autogestione degli amministratori di condominio, affiancati da alcuni individuati funzionari Aler, nella scelta dei modi e delle aziende con i quali assiruare i servizi di pulizie e di gestione del verde. Ma il dubbio degli inquirenti “pare essere che dietro questo meccanismo vi sia stata la volontà di evitare gare d’appalto attraverso il frazionamento dei lavori in piccoli lotti, in modo da consentire a taluni amministratori degli stabili, ritenuti politicamente più ‘vicini’ ad alcuni dirigenti Aler, di poterli assegnare a trattativa privata ad aziende di fiducia, con qualche genere di ‘ritorno’ economico che traspare dalla contestazione di corruzione”, scrive ancora il Corriere.

Così, dopo l’inchiesta sulle firme false del listino di Roberto Formigoni e il caso dei manifesti “Via le Br dalle Procure” di Roberto Lassini candidato nella lista Moratti alle comunali, arriva la terza inchiesta che coinvolge esponenti del Pdl.

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