Molto inchiostro è stato steso nelle ultime settimane sull’argomento “Europa”, e nulla lascia presupporre che questa colata si arresti presto.

Purtroppo si è trattato sovente di disinformazione se non di una sorta di “macchina del fango”, alimentata spesso da pura ignoranza da parte degli autori e da una malcelata convinzione che parlare male dell’Europa sia legittimo, persino doveroso perché piace ai lettori.

Un esempio, tanto per dare l’idea (e sparando nel mucchio): il titolaccio “La nuova PidUE del blog di Gianni Vattimo. Un peccato, perché se il contenuto del pezzo è ampiamente condivisibile, il titolo equivale al populismo a buon mercato di certi partiti. Ma soprattutto, non si capisce di cosa parli quando dice “Europa”. Il titolo rimanda chiaramente all’Unione europea (UE), però non si vede cosa abbia a vedere l’UE con gli argomenti trattati.

Simili esempi abbondano. Senza pretesa di dare valore statistico all’affermazione, a me pare che la grande maggioranza degli articoli sull’argomento sia zeppa di errori. La confusione è tale che mi è impossibile controbattere in maniera completa e puntuale. Allora proverò almeno a chiarire gli elementi di base, e dare ai lettori interessati qualche spunto per informarsi alla fonte (visto che in questo caso i media non mediano per niente).

Per cominciare, “Europa”, “Bruxelles”, “Strasburgo”, “UE” e simili non vogliono ormai dire nulla nel linguaggio giornalistico, perché vengono usati a vanvera e mescolando istituzioni e competenze. Non per niente “Bruxelles” è il più usato: fa fine e non impegna, in fondo dovrebbe essere la ‘capitale dell’Europa’…

Prendiamo un caso concreto e recente: quando scoppiò il caso della sentenza sul crocefisso nelle scuole, apriti cielo! Tutti a tuonare sull’UE, su Bruxelles, su questi fannulloni che oltre a misurare cetrioli vengono a immischiarsi nei nostri valori fondanti. Persino la bella vignetta di Vauro sul tema è commentata così: “La recente decisione dell’Ue di “riammettere” il crocefisso negli edifici scolastici…“. Piccolo dettaglio: l’UE non c’entra un bel fico secco! Trattasi infatti, come specificato in moltissimi articoli altrettanto confusi, della “Corte di Strasburgo“. Peccato che la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sede a… Lussemburgo! E infatti il caso del crocefisso è stato portato davanti alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, la quale è un organo del Consiglio d’Europa.

D’accordo, avrebbero potuto forse renderci la vita più facile, mettere dei nomi un po’ meno simili e non usare gli stessi simboli… ma alla fine così difficile non è. E, a mio modesto parere, chi scrive per mestiere ha il dovere di documentarsi, di capire la realtà di cui parla e magari visitare la pagina del Bignami istituzionale “da non confondere” per fare un po’ di ordine mentale, che non farebbe male.

Forse allora qualche autore smetterebbe di abbaiare alla luna e vedrebbe in maniera più oggettiva le sentenze del crocefisso e altre sentenze che fanno notizia, come quella sul tunisino espulso. Se non altro perché l’Italia è membro fondatore del Consiglio d’Europa dal 5 maggio 1949, ha ratificato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (che è un bel testo, visionario per il periodo buio che stiamo vivendo) e ha liberamente accettato la giurisprudenza della Corte. Punto. C’è abbastanza materiale per fare giornalismo serio, per analizzare pregi e difetti di un sistema internazionale intergovernativo come quello del Consiglio d’Europa, in cui la sovranità nazionale non è mai messa minimamente in discussione. E che, ancora una volta, non è l’UE.

Disclaimer: Come riportato nella bio, il contenuto di questo e degli altri post del mio blog è frutto di opinioni personali e non impegna in alcun modo la Commissione europea.

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