Cundannaje chill’ammore senza nomme,
comm ‘n ammore ca nun teneva posto
dinto ‘a ‘stu munno e fui accussì
ca ‘n’anima senza colpa e senza sciorta
doppe avé sbagliato cuorpo
se truvaje pure do paraviso e da terra mise for’ ‘a porta.
Il 17 maggio la Giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia arriva a cavallo della scelta del parlamento ugandese di non votare la legge contro le persone omosessuali rinviando la discussione a dopo le elezioni. Nei giorni scorsi, infatti, il parlamento dello stato africano stava per approvare il provvedimento che prevedeva l’introduzione della pena di morte per il reato di “omosessualità aggravata” in violazione della legalità internazionale.
Non sono mai riuscito a spiegarmi l’irrazionale omofobia della chiesa, così come l’intolleranza e l’odio omofobo in generale. Per l’omosessualità esiste la pena di morte in Arabia Saudita, Sudan, Yemen e Mauritania. In Malesia la pena è la prigione fino a venti anni, e l’omosessualità è illegale pure in Afghanistan, Algeria, Bangladesh, Bosnia, Egitto, Giordania, Marocco, Pakistan, Somalia, Tunisia, ecc. con differenze di trattamento che vanno dalla lapidaziona, alla fustigazione, alla bastonatura per finire con l’incarceramento e l’impiccagione.
In Italia gli episodi di intolleranza verso gli omosessuali si susseguono con frequenza costante. Secondo l’Agenzia per i diritti fondamentali (Fra) dell’Unione Europea, l’omofobia nel 2009 ha danneggiato la salute e la carriera di quasi 4 milioni di persone in Europa. L’Italia è il paese dell’Unione Europea con il maggior tasso di omofobia sociale, politica e istituzionale.
Nel cercare una risposta al mio dilemma, nacque Respiro di passione. La canzone reinterpreta l’ipotesi abbastanza diffusa secondo cui fra Gesù e il suo discepolo “prediletto” Giovanni potesse sussistere un rapporto che travalicasse il discepolato per divenire storia d’amore omosessuale. Spingendoci oltre, siamo arrivati al punto di immaginare che in realtà Gesù non fosse morto perché non era il figlio di Dio: questo il popolo avrebbe anche potuto accettarlo, ma non avrebbe mai potuto accettare che Dio potesse avere un figlio omosessuale. Da qui la nascita, trenta anni dopo la sua crocifissione, dei nuovi vangeli per occultare la presunta omosessualità di Gesù, sino ad arrivare alla condanna definitiva con la nascita della chiesa.
In questo senso si spiegherebbe l’odio omofobo gratuito da parte della chiesa. La chiesa negli anni non avrebbe fatto altro che proiettare sugli omosessuali quella parte di sé che non vuole e non riesce ad accettare, quella che in psicologia viene definita “zona d’ombra”. Concetto che nel dialetto napoletano viene sintetizzato dall’illuminante proverbio: “‘o mariuolo chiama mariuolo all’ati”. Basti pensare ai recenti scandali di pedofilia all’interno della chiesa cattolica: l’ultimo, che ha portato all’arresto di don Riccardo Seppia, parroco di Sestri Ponente, con l’accusa di violenza sessuale su di un minore di 16 anni e spaccio di droga, risale a qualche giorno fa.
La canzone non vuole lanciare nessuna provocazione, ma solo offrire spunti di riflessione perché, come ci ricorda la scrittrice Valeria Parrella che ha scritto il ritornello della canzone, “di passione e d’amore respira il mio corpo / Senza cercare tra la ragione ed il torto / La mia parola di sangue e di carne / Non dare risposte cerca in te le domande…”