Ha fatto molto discutere la non-dichiarazione di voto di Beppe Grillo per il ballottaggio. In realtà era una decisione scontata. Grillo dice da anni che sinistra e destra pari sono, si professa “oltre” e ha il dente avvelenato con il centrosinistra. Esattamente da cinque anni, annus domini 2006, quando la “splendida” stagione di governo prodiana fu inaugurata con indulto, Mastella alla Giustizia e altri demoni. Da allora, complici errori su errori, il Pd è divenuto “Pdmenoelle”. Grillo lo odia e loro odiano lui, come attestano gli strali ciclici di editorialisti pensosi e galassia querula di “polli di allevamento”, che accusano Grillo di sabotare voti a vantaggio del centrodestra. Come se votare il Pd fosse un obbligo.
Grillo sa quel che dice: la non-dichiarazione di voto è ciò che voleva sentirsi dire il suo popolo. Nell’ottica grillina, è una mossa coerente e redditizia. L’idea stessa della “indicazione di voto” è vetusta e lontana dal M5S. Il movimento poggia parte della sua forza proprio nella struttura fieramente apartitica. La concezione dell’elettore che al ballottaggio esegue l’ordine del leader e vota pedissequamente ciò che gli è stato imposto dall’alto è avvilente, superata e dorotea. I grillini voteranno liberamente chi vorranno, a prescindere da ciò che il loro non-leader suggerisce o meno.Va poi aggiunto come la prassi tipicamente piddina di zimbellarti tutto il tempo, salvo poi esigere il tuo appoggio (solo) quando ne ha bisogno, denoti sconcertante mancanza di democrazia.
Il Pd dà ora prova di ritrovata vitalità (Bersani) e ora di consolidato masochismo supponente (D’Alema). Grillo è encomiabile nella sua opera di sbertucciamento della nomenklatura (e dell’intellighenzia). Il comico-politico genovese fa bene a sconfessare l’odiosa Teoria del Meno Peggio. Ovvero: Visto che c’è Berlusconi, mi turo il naso e mi sciroppo le salme di Botteghe Oscure, i burocrati di Baffino e gli assenti in Parlamento quando c’è da far passare provvedimenti decisivi – ad esempio l’accorpamento del voto amministrative-referundum: se fosse passato, domenica scorsa ci sarebbe stato il quorum per i 3 quesiti. A giugno, non si sa. Di chi fu la colpa? Degli assenti di Pd e Idv. Complimenti.
E’ detestabile l’imposizione secondo cui, al prossimo ballottaggio, si debba votare a prescindere il centrosinistra. Si tratta dell’Assioma Bresso: Se perdo, è colpa di Grillo. No: se perdi, è colpa della Bresso e di una sinistra (troppo spesso) pavida, correa e stolta.
Sono elezioni in cui la locazione geografica incide pesantemente sul voto. Per ogni città, un voto diverso. O quasi. Se Fassino fosse andato al ballottaggio, non avrei condiviso l’obbligo di votarlo. Idem per altre città (Arezzo? Bologna?). Finché gli elettori accetteranno ogni schifezza di Pd e derivati, il Pd e derivati non migliorerà mai. Occorre, quando si può, dare segnali netti.
Al tempo stesso, Grillo finge di non capire la specificità di Milano e Napoli. Non sono città qualsiasi, per posizione strategica e per natura dei candidati giunti al ballottaggio. Giuliano Pisapia, al di là di essere un picchiatore, l’Anticristo e il responsabile di mille colpe raccolte nella meravigliosa pagina facebook di Red Ronnie (uno dei tanti Furbissimi puerilmente divinizzati dalla Sinistra Fabiofazista), è bella persona. Pulita, ponderata, lucida. E’ arrivato al ballottaggio contro il volere della nomenklatura Pd e grazie all’intuizione di Nichi Vendola e del popolo delle Primarie. E’ vero, suole chiamare Roberto Vecchioni come frontman alle feste, che è un po’ come chiedere alla Gegia in infradito di uscire nuda dalla torta durante un’orgia, ma è difetto perdonabile: provvederemo celermente a regalargli dischi di Led Zeppelin, Screaming Trees e Pearl Jam.
Battere Berlusconi nella sua città, con un candidato veramente di sinistra, sarebbe una spallata esiziale al berlusconismo e contemporaneamente una lezione definitiva al Pd. Come a ribadirgli: Il futuro è qui, non nell’inseguimento del quasi irrilevante ed equivoco Terzo Polo.
Napoli è un’occasione ancora più straordinaria. So bene che Grillo, dopo averlo appoggiato alle Europee del 2009, ha litigato con Luigi De Magistris, rinfacciandogli di avere abbandonato il Parlamento Europeo a favore di una poltrona da sindaco. Lo so bene, ma non è motivo sufficiente per abbandonare a se stesso “l’ex amico”. Oltretutto De Magistris, quando parla, ha questa arroganza meravigliosa da Ispettore Callaghan, da Gunny: da Giustiziere Incazzoso che non perdona. Tratti che lo rendono adorabilmente fastidioso – quindi simpaticissimo.
Ad Arezzo, la mia vecchia città dove ho votato per l’ultima volta, ho scelto M5S. Lo rifarei. Vedere i grillini terza forza cittadina è stato molto divertente (e bello). A Milano e Napoli, però, non avrei avuto dubbi. Men che meno al ballottaggio.
E’ un’occasione unica. C’è la possibilità di scegliere candidati stimabili, che rappresentano non solo e non tanto il polveroso mondo di Botteghe Oscure, ma la società civile. Il popolo viola, quello di Salvatore Borsellino. Quello degli indignati, dei delusi esigenti, di coloro che vorrebbero appartenere nuovamente a un progetto politico. Perché non appoggiarli?
Perdere Milano, a questo punto, sarebbe terrificante: sarà una settimana lunghissima, costellata da colpi sotto la cintura, armi segrete e mosse disperate (quindi quasi sempre empie) dei droidi berlusconiani.
Perdere Napoli farebbe meno male, ma solo perché De Magistris parte oggettivamente sfavorito.
Domenica prossima, proviamoci. Piddini, vendoliani, dipietristi. Sì, anche grillini. Diamo la spallata al berlusconismo e al cosentinismo. Senza turarsi il naso, ma con convinzione.
Regaliamo nuovi dolori ai Belpietro e agli Stracquadanio, ai La Russa e ai Gasparri, ai Capezzone e agli Amicone (chi?).
Il paese è allo stremo e il treno non passerà una seconda volta. Proviamoci.
P.S. Era dai tempi di Musikanten che non vedevo una cosa terrificante come Letizia Moratti che balla Bennato. Ha davvero strani modi di palesarsi, l’Armageddon.