La popolazione aquilana doveva essere avvertita prima della scossa fatale del 6 aprile 2009. A metterlo nero su bianco è Il giudice delle indagini preliminari del tribunale dell’Aquila, Giuseppe Romano Gargarella che, dopo un’ora di camera di consiglio, ha rinviato a giudizio i sette componenti della commissione Grandi rischi con l’accusa di omicidio colposo plurimo e lesioni. Omicidio colposo per non aver dato l’allarme. Nonostante uno sciame sismico – in corso da quattro mesi e con oltre quattrocento scosse – giustificasse quanto meno la dichiarazione di “stato d’allerta”, se non l’evacuazione come invece avvenuto in Garfagnana nel 1985.
Gli imputati sono Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi rischi; Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile; Enzo Boschi, presidente dell’Ingv; Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case; Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova, e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile. L’udienza in composizione monocratica è stata fissata per il 20 settembre prossimo. Soddisfazione è stata espressa dai familiari delle vittime del terremoto, mentre gli avvocati difensori degli imputati hanno annunciato “battaglia” in sede processuale.
Il rinvio a giudizio per i setti membri della Commissione chiude una fase del processo, quella relativa alla riunione del 31 marzo 2009 a L’Aquila, solo 6 giorni prima del terremoto. In quell’occasione i vertici della Protezione civile e i membri del Commissione Grandi rischi, presieduta da Barberi e Boschi, si incontrarono per valutare il grave sciame sismico che da tre mesi toglieva il sonno agli aquilani. “In quella riunione – è la conclusione dei magistrati – poteva essere dato un allarme che almeno lasciasse la libertà ai cittadini di decidere cosa fare”. Se evacuare oppure semplicemente dormire fuori casa in quelle lunghe notti dei primi di aprile 2009 in cui la terra a L’Aquila tremava in continuazione.
La procura aveva aperto il fascicolo sul mancato allarme poco dopo il sisma che ha ucciso 308 persone e ferito altre 1600. Perché dopo tre mesi di scosse che erano diventate molto intense nella settimana tra il 30 marzo e la sera del 5 aprile 2009, nonostante il sindaco Massimo Cialente il 2 aprile avesse dichiarato e chiesto lo stato di emergenza, nessuno si è preoccupato di avvertire la popolazione che c’era un rischio? Anzi, tecnici e politici tranquillizzavano gli aquilani. Proprio per questo quella notte all’Aquila erano in servizio solo 15 vigili del fuoco per il centro città e 63 frazioni. Nel fascicolo della procura anche la denuncia dell’avvocato Antonio Valentini (Guarda il video) per cui “se è vero che un terremoto non può essere previsto, ugualmente non può essere vero il contrario. E allora perché la cittadinanza non è stata informata?”.
Nei giorni che precedono il 6 aprile un tecnico della Protezione civile e Guido Bertolaso si scambiano al telefono messaggi allarmanti che vengono trascritti dal Reparto operativo speciale (Ros) dei Carabinieri nell’ambito dell’inchiesta Grandi Eventi – G8 della procura di Firenze. Trascrizioni finite negli atti dell’inchiesta della procura dell’Aquila che oggi ha rinviato a giudizio proprio i vertici della Protezione Civile e della Commissione Grandi Rischi.
Il 12 marzo del 2009, alle 21.46 Fabrizio Curcio, un tecnico della Protezione Civile, chiama Bertolaso:
BERTOLASO:…si Fabrizio
FABRIZIO:…dottore buonasera
BERTOLASO:…scusi …
FABRIZIO:…volevo solo avvertirla che mi ha chiamato Altero Leone …ed io ho già parlato anche con Luca perché in Abruzzo … a L’Aquila in particolare .. c’è di nuovo quello scemo che ha iniziato a dire … che stanotte ci sarà il terremoto devastante
BERTOLASO:…eh ma chi è questo?… chi è non so … chi è questo?
FABRIZIO:…è Giuliani che ogni tanto se ne esce con queste dichiarazioni e trova terreno abbastanza fertile in ambito media quindi poi là la voce corre e la gente si mette in ansia …insomma quindi .. non è la prima volta che succede … mi diceva Altero …
BERTOLASO:…ma come non è la prima volta che succede! ma che stai dicendo?! Quello è un coglione e io lo denuncio per procurato allarme… »
Il 17.03.2009, ore 07.23,il Ros trascrive un sms che Fabrizio Curcio in via a Bertolaso:
Stanotte 3.6 in prov. di Aquila. Avvertito. Un po’ di apprensione tra la popolazione ma niente danni.
Il 31 marzo 2009, la sera in cui la Commissione si riunisce a L’Aquila, Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi rischi, chiama Bertolaso appena termina l’incontro.
BERTOLASO:…pronto
BARBERI:…sono Franco Barberi … ciao Guido
BERTOLASO:…ciao Franco … dimmi tutto
BARBERI:…stiamo rientrando con Chicco da L’Aquila
BERTOLASO:…sì
BARBERI:… ma mi sembra che quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto … compreso quello di dare qualche parola chiara sulla impossibilità di previsione … quindi sul fatto che questi messaggi che arrivano sono totalmente privi di credibilità e poi anche una valutazione della situazione che insomma mi pare .. tutto bene ».
Insieme ai report della Protezione civile, ai pareri di sismologi, alle analisi dei geologi, agli atti è finito anche lo studio degli ingegneri sismici Giuseppe Guandori e Elisa Guagenti sulla probabilità di prevedere una forte scossa in un determinato territorio. “Resta inspiegabile il fatto che i responsabili della Protezione Civile, oltre a scegliere l’opzione allerta-no (scelta legittima se pur criticabile dal punto di vista metodologico), abbiano potuto assumersi la responsabilità di scoraggiare le iniziative di prevenzione che molti cittadini suggerivano o autonomamente assumevano”, si legge nello studio “Prevedere i terremoti: la lezione dell’Abruzzo” firmata da Grandori e Guagenti, il primo professore emerito e la seconda ex professore ordinario del Politecnico di Milano. Comincia così: “È opinione largamente condivisa che non esistano attualmente teorie e modelli matematici che consentano di affrontare utilmente il problema della previsione a breve termine dei terremoti… Su questa tema, il messaggio passato attraverso l’informazione dopo il terremoto del 6 aprile è stato: la previsione dei terremoti non è possibile”.
I due professori del Politecnico esaminano la scelta che avrebbero dovuto prendere i capi della Protezione civile – allerta sì, allerta no – ragionando sui costi, sui disagi, sulle conseguenze dei falsi allarmi e poi indicano cosa non è stato fatto da chi aveva il dovere di fare. Nello studio, i due studiosi sostengono in pratica che la Protezione civile avrebbe dovuto individuare dei luoghi di raccolta, organizzare l’evacuazione dagli ospedali, provvedere all’abbandono delle case danneggiate, ordinare l’arrivo di mezzi di trasporto. Insomma, la protezione avrebbe dovuto proteggere. Ma non l’ha fatto.
”Penso di aver fatto sempre il mio dovere, e credo che nessuno possa dire il contrario”, ha commentato per primo il presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Enzo Boschi.
Cronaca
Terremoto L’Aquila, rinviati a giudizio i sette membri della Commissione Grandi rischi
Barberi, De Bernardinis, Boschi, Selvaggi, Calvi, Eva e Dolce sono accusati di omicidio colposo plurimo e lesioni. Al centro dell'inchiesta il mancato allarme prima del sisma del 6 aprile 2009. Agli atti le telefonate tra il capo della Protezione civile Bertolaso e il suo vice Barbieri: "Mi sembra che quello che dovevamo fare l'abbiamo fatto"
Gli imputati sono Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi rischi; Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile; Enzo Boschi, presidente dell’Ingv; Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case; Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova, e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile. L’udienza in composizione monocratica è stata fissata per il 20 settembre prossimo. Soddisfazione è stata espressa dai familiari delle vittime del terremoto, mentre gli avvocati difensori degli imputati hanno annunciato “battaglia” in sede processuale.
Il rinvio a giudizio per i setti membri della Commissione chiude una fase del processo, quella relativa alla riunione del 31 marzo 2009 a L’Aquila, solo 6 giorni prima del terremoto. In quell’occasione i vertici della Protezione civile e i membri del Commissione Grandi rischi, presieduta da Barberi e Boschi, si incontrarono per valutare il grave sciame sismico che da tre mesi toglieva il sonno agli aquilani. “In quella riunione – è la conclusione dei magistrati – poteva essere dato un allarme che almeno lasciasse la libertà ai cittadini di decidere cosa fare”. Se evacuare oppure semplicemente dormire fuori casa in quelle lunghe notti dei primi di aprile 2009 in cui la terra a L’Aquila tremava in continuazione.
La procura aveva aperto il fascicolo sul mancato allarme poco dopo il sisma che ha ucciso 308 persone e ferito altre 1600. Perché dopo tre mesi di scosse che erano diventate molto intense nella settimana tra il 30 marzo e la sera del 5 aprile 2009, nonostante il sindaco Massimo Cialente il 2 aprile avesse dichiarato e chiesto lo stato di emergenza, nessuno si è preoccupato di avvertire la popolazione che c’era un rischio? Anzi, tecnici e politici tranquillizzavano gli aquilani. Proprio per questo quella notte all’Aquila erano in servizio solo 15 vigili del fuoco per il centro città e 63 frazioni. Nel fascicolo della procura anche la denuncia dell’avvocato Antonio Valentini (Guarda il video) per cui “se è vero che un terremoto non può essere previsto, ugualmente non può essere vero il contrario. E allora perché la cittadinanza non è stata informata?”.
Nei giorni che precedono il 6 aprile un tecnico della Protezione civile e Guido Bertolaso si scambiano al telefono messaggi allarmanti che vengono trascritti dal Reparto operativo speciale (Ros) dei Carabinieri nell’ambito dell’inchiesta Grandi Eventi – G8 della procura di Firenze. Trascrizioni finite negli atti dell’inchiesta della procura dell’Aquila che oggi ha rinviato a giudizio proprio i vertici della Protezione Civile e della Commissione Grandi Rischi.
Il 12 marzo del 2009, alle 21.46 Fabrizio Curcio, un tecnico della Protezione Civile, chiama Bertolaso:
BERTOLASO:…si Fabrizio
FABRIZIO:…dottore buonasera
BERTOLASO:…scusi …
FABRIZIO:…volevo solo avvertirla che mi ha chiamato Altero Leone …ed io ho già parlato anche con Luca perché in Abruzzo … a L’Aquila in particolare .. c’è di nuovo quello scemo che ha iniziato a dire … che stanotte ci sarà il terremoto devastante
BERTOLASO:…eh ma chi è questo?… chi è non so … chi è questo?
FABRIZIO:…è Giuliani che ogni tanto se ne esce con queste dichiarazioni e trova terreno abbastanza fertile in ambito media quindi poi là la voce corre e la gente si mette in ansia …insomma quindi .. non è la prima volta che succede … mi diceva Altero …
BERTOLASO:…ma come non è la prima volta che succede! ma che stai dicendo?! Quello è un coglione e io lo denuncio per procurato allarme… »
Il 17.03.2009, ore 07.23,il Ros trascrive un sms che Fabrizio Curcio in via a Bertolaso:
Stanotte 3.6 in prov. di Aquila. Avvertito. Un po’ di apprensione tra la popolazione ma niente danni.
Il 31 marzo 2009, la sera in cui la Commissione si riunisce a L’Aquila, Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi rischi, chiama Bertolaso appena termina l’incontro.
BERTOLASO:…pronto
BARBERI:…sono Franco Barberi … ciao Guido
BERTOLASO:…ciao Franco … dimmi tutto
BARBERI:…stiamo rientrando con Chicco da L’Aquila
BERTOLASO:…sì
BARBERI:… ma mi sembra che quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto … compreso quello di dare qualche parola chiara sulla impossibilità di previsione … quindi sul fatto che questi messaggi che arrivano sono totalmente privi di credibilità e poi anche una valutazione della situazione che insomma mi pare .. tutto bene ».
Insieme ai report della Protezione civile, ai pareri di sismologi, alle analisi dei geologi, agli atti è finito anche lo studio degli ingegneri sismici Giuseppe Guandori e Elisa Guagenti sulla probabilità di prevedere una forte scossa in un determinato territorio. “Resta inspiegabile il fatto che i responsabili della Protezione Civile, oltre a scegliere l’opzione allerta-no (scelta legittima se pur criticabile dal punto di vista metodologico), abbiano potuto assumersi la responsabilità di scoraggiare le iniziative di prevenzione che molti cittadini suggerivano o autonomamente assumevano”, si legge nello studio “Prevedere i terremoti: la lezione dell’Abruzzo” firmata da Grandori e Guagenti, il primo professore emerito e la seconda ex professore ordinario del Politecnico di Milano. Comincia così: “È opinione largamente condivisa che non esistano attualmente teorie e modelli matematici che consentano di affrontare utilmente il problema della previsione a breve termine dei terremoti… Su questa tema, il messaggio passato attraverso l’informazione dopo il terremoto del 6 aprile è stato: la previsione dei terremoti non è possibile”.
I due professori del Politecnico esaminano la scelta che avrebbero dovuto prendere i capi della Protezione civile – allerta sì, allerta no – ragionando sui costi, sui disagi, sulle conseguenze dei falsi allarmi e poi indicano cosa non è stato fatto da chi aveva il dovere di fare. Nello studio, i due studiosi sostengono in pratica che la Protezione civile avrebbe dovuto individuare dei luoghi di raccolta, organizzare l’evacuazione dagli ospedali, provvedere all’abbandono delle case danneggiate, ordinare l’arrivo di mezzi di trasporto. Insomma, la protezione avrebbe dovuto proteggere. Ma non l’ha fatto.
”Penso di aver fatto sempre il mio dovere, e credo che nessuno possa dire il contrario”, ha commentato per primo il presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Enzo Boschi.
Il potere dei segreti
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Trump contro i Paesi che applicano web tax (come l’Italia): “Estorsione, risponderemo con misure punitive”
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il governo Meloni, in quasi due anni, non ha adottato alcuna misura efficace per contrastare l’aumento delle bollette, preferendo smantellare il mercato tutelato e aggravando così la situazione di famiglie e imprese". Lo afferma Ubaldo Pagano, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Bilancio alla Camera, sottolineando la necessità di un cambio di rotta immediato. Il Partito Democratico torna a chiedere interventi concreti, proponendo due soluzioni centrali: separare il costo dell’energia da quello del gas e istituire un ente pubblico che possa garantire prezzi più accessibili.
"Non possiamo accettare – aggiunge Pagano – che il nostro sistema energetico rimanga vincolato a un meccanismo che pesa enormemente sulle tasche di cittadini e aziende. Il gas è la fonte più costosa e instabile, e continuare a legare il prezzo dell’elettricità a questa risorsa è un errore che il governo deve correggere subito. Le bollette stanno raggiungendo livelli insostenibili proprio nei mesi di maggiore consumo: Meloni e la sua maggioranza si decidano ad agire, perché gli italiani non possono più aspettare", conclude Pagano.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Non è più procrastinabile un intervento del Governo per contenere i costi delle bollette, oramai insostenibili per milioni di italiani. Governo e maggioranza facciano proprie le proposte del Pd avanzate da Elly Schlein e tutte a costo zero. Proposte semplici, chiare ed efficaci. Approviamole con spirito bipartisan per il bene del Paese". Così in una nota il senatore del Pd Michele Fina.
"Dopo che il taglio delle accise, promesso dalla presidente Meloni, era rimasto intrappolato nella distanza che c'è tra il dire e il fare e nulla è stato fatto è ora che maggioranza e governo prendano atto della gravità della situazione. Come si fa a non rendersi conto che questa emergenza bollette si aggiunge all’aumento di carburante, RC Auto e pedaggi, beni alimentari, materiale scolastico e affitti? Una situazione sconfortante che si va ad aggiungere ad una economia che arretra da 750 giorni, proprio mentre attendiamo gli effetti nefasti dei dazi di Trump".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Si riunirà domani pomeriggio il gruppo Pd della Camera e all'ordine del giorno c'è anche la questione della pdl Cisl sulla partecipazione dei lavoratori. Dopodomani infatti si riunirà in mattinata il Comitato dei 9 e quindi è atteso il provvedimento in aula. Provvedimento sul quale si sono registrate sensibilità diverse tra i dem. Con il disagio dell'area riformista, in particolare, a dire no all'iniziativa promossa dalla Cisl. Per un altro pezzo dei dem invece, come Arturo Scotto e Maria Cecilia Guerra, il testo base è stato stravolto dalla maggioranza ed è quindi insostenibile. Testo su cui, per altro, ha messo il cappello la stessa premier Giorgia Meloni parlando all'ultima assemblea Cisl.
I dem, per trovare una quadra, si erano già confrontati nelle settimane scorse in una riunione del gruppo a Montecitorio. Si era deciso di rinviare la decisione sul voto, in attesa di vedere se la maggioranza si fosse resa disponibile ad accogliere alcune modifiche, in aula, proposte dal Pd. "Attendiamo un segnale", si era detto. A quasi un mese di distanza però il 'segnale' non sembra arrivato. Dice Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro: "Noi abbiamo tenuto sempre come bussola il merito. E votare no al mandato al relatore, è stata un scelta di merito perchè il testo base Cisl è stato completamente stravolto e peggiorato. Tanto che viene da chiedersi come sia possibile che un grande sindacato come la Cisl possa riconoscere come proprio il provvedimento che arriva in aula...".
"Ma -aggiunge- abbiamo detto che eravamo disponibili a modificare il nostro no in commissione, se in aula la maggioranza avesse dato l'ok ad alcune significative modifiche. Al momento, però non abbiamo avuto alcun segnale in questa direzione". E quindi, va a finire che il Pd si divide? "Non credo proprio". Magari si va verso un'astensione? "Domani abbiamo il gruppo, discuteremo domani".
Roma, 24 feb. (Adnkronos Salute) - L'intervento e le cure per il tumore al seno possono avere un forte impatto sulla sfera emotiva e sessuale della donna; il bisogno di recuperare femminilità e intimità, così come il desiderio di maternità, sono molto sentiti dalle pazienti, che però non ne parlano. Lo confermano i dati di un'indagine condotta da Iqvia e promossa da Europa Donna Italia per comprendere l'impatto della malattia sull'identità femminile e la relazione di coppia. I risultati sono stati presentati nel corso del convegno scientifico 'Rəvolution in medicine', che si è tenuto sabato 22 febbraio all'università degli Studi di Milano.
Oltre il 90% delle donne riscontra problemi legati alla sfera sessuale in seguito a interventi e trattamenti per il tumore al seno, ma il 66% non ne parla con nessuno e il 42% rinuncia a gestirli, evidenzia la ricerca coordinata da Isabella Cecchini, responsabile del Centro studi Iqvia Italia, che ha coinvolto 382 donne con diagnosi di tumore al seno di diverse fasce di età e a diverso stadio di malattia. I risultati indicano che le tematiche relative a emozioni e sessualità sono percepite importanti per il 72% del campione, ma restano taciute non solo dalle donne stesse - principalmente per timore, vergogna, idea che siano aspetti secondari rispetto alle priorità dettate dalla malattia - ma anche dai medici.
"Rispetto agli esordi del mio essere oncologa - dichiara Manuelita Mazza, oncologa della Senologia medica dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e responsabile scientifica di 'Rəvolution in medicine' - la vita delle pazienti è cambiata. In poco più di vent'anni ho assistito a grandi passi avanti nella capacità di curare il tumore al seno, anche nelle forme metastatiche; tuttavia, se si guarisce sempre di più e l'aspettativa di vita è più lunga, non sono certa sia anche più larga, più piena, più densa di vita stessa. La salute sessuale è un aspetto puntualmente trascurato del benessere di chi ha una diagnosi impegnativa come il tumore al seno, specie se metastatico, ma è parte integrante del benessere di ciascuna donna e non può essere un argomento omesso a fronte di una diagnosi di tumore al seno".
"Fornire alla paziente informazioni chiare sugli effetti collaterali sessuali dei trattamenti e, se desiderato, includere il partner nelle discussioni cliniche può fare una grande differenza - prosegue Mazza - Questa apertura non solo supporta meglio la paziente, ma le permette di sentirsi compresa in una delle sfere più intime e vulnerabili della sua vita".
I dati presentati confermano quanto un cambio di passo sia necessario: appena il 22% delle donne intervistate ha un alto livello di consapevolezza dell'impatto delle terapie sulla propria sessualità, l'11% ha interrotto la relazione con il proprio partner dopo la diagnosi di tumore al seno e 2 coppie su 3 hanno interrotto i rapporti sessuali. Anche sul fronte della maternità emergono dati significativi: solo 3 pazienti su 4 parlano del desiderio di diventare madri con il proprio medico di riferimento, e la comunicazione risulta chiara e rassicurante appena per la metà di esse, con il risultato che troppo spesso si rinuncia al proprio progetto di vita perché non si sono ricevute informazioni adeguate.
"E' il momento di promuovere un cambiamento - commenta Rosanna D'Antona, presidente di Europa Donna Italia - e far sì che i problemi riscontrati dalle pazienti nella sfera emotiva e sessuale escano dal cono d’ombra del tabù. Le donne chiedono un supporto specifico da parte dei medici e vorrebbero essere affiancate anche dagli psiconcologi. L'impegno di Europa Donna in queste direzioni non mancherà. Già dal 2022 abbiamo avviato il progetto 'Come Prima', dedicato al recupero della femminilità e al desiderio di maternità delle donne con tumore del seno, coinvolgendo le pazienti, i loro partner e i medici con materiale informativo e appuntamenti dedicati, e proseguono i nostri sforzi per promuovere e normalizzare il dialogo tra pazienti e professionisti sanitari, medici in primis, anche su questi aspetti. Non dimentichiamo che la presa in carico delle pazienti deve prendere in considerazione non solo la malattia di per sé, ma la donna nella sua interezza, con i suoi bisogni fisici e psicologici".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "La vicenda di attivisti e giornalisti spiati sta assumendo tratti sempre più inquietanti. Anche Don Mattia Ferrari, prete attivo con Mediterranea, è stato spiato con un software installato sul suo telefono". Lo dice la segretaria del Pd Elly Schlein.
"È urgente e necessario che il governo, e in particolare Giorgia Meloni, smetta di scappare e si impegni a chiarire al Paese chi sta spiando attivisti e giornalisti, perché qui sono a rischio le fondamenta dello stato di diritto. Abbiamo chiesto al governo di dirci quali entità statali hanno autorizzato l’installazione dei software di Paragon sui cellulari spiati, e il governo non sta dando queste risposte".
"Che cosa sta coprendo? Perché la Presidente del Consiglio trova il tempo di partecipare a ogni convention sovranista, ma non lo trova per fare chiarezza su questi fatti gravissimi e renderne conto al Parlamento? Le italiane e gli italiani meritano risposte ed è suo dovere fornirle. Da parte mia e di tutto il Partito democratico piena solidarietà e sostegno a Don Mattia Ferrari".
Milano, 24 feb. (Adnkronos) - Supportare e valorizzare le attività di alta formazione, ricerca e trasferimento tecnologico, attraverso iniziative di promozione e sostegno finanziario e strategie di cooperazione nazionale e internazionale, per contribuire alla crescita economica del Paese, mettendo in stretta connessione mondo accademico e produttivo. E' la mission della Fondazione Bicocca, il nuovo ente costituito dall'università di Milano-Bicocca presentato oggi nell’Aula Magna dell’ateneo, durante l’evento 'Connessioni per il futuro', alla presenza della rettrice Giovanna Iannantuoni, del presidente della Fondazione e prorettore vicario dell’ateneo Marco Orlandi, del sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri Alessandro Morelli, dell’assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia Guido Guidesi e dell’assessora allo Sviluppo economico e politiche del lavoro del Comune di Milano Alessia Cappello.
La Fondazione Bicocca è una fondazione di partecipazione, senza scopo di lucro, e nasce per favorire la partnership tra ateneo e soggetti esterni, la collaborazione tra pubblico e privato. Sue finalità principali sono il sostegno all’imprenditorialità accademica e alla valorizzazione della proprietà intellettuale, il supporto ai servizi per gli studenti e alle iniziative di orientamento e la partecipazione a progetti internazionali, europei e nazionali per attrarre finanziamenti a sostegno della ricerca e dell’innovazione.
Fondazione Bicocca avrà il suo quartier generale nella sede principale dell'università, nell'edificio U6 Agorà. A poca distanza, in Bim, il grande progetto di rigenerazione urbana promosso da Aermont Capital e Kervis Sgr che sta trasformando un iconico edificio di Vittorio Gregotti in una work destination all’avanguardia, troverà casa il Bicocca Pavilion, il nuovo innovation hub della Fondazione Bicocca, che mette in relazione le eccellenze dell'ateneo con il mondo delle imprese. Il pavilion, progettato da Piuarch e costruito al centro della piazza, immerso nel verde, è uno spazio polifunzionale dal design distintivo e flessibile, pensato per ospitare un ecosistema evoluto di imprese e professionisti, favorendo il dialogo e le sinergie. L’inaugurazione del Bicocca Pavilion avverrà il 14 aprile.
Nello specifico, la Fondazione opera nei seguenti ambiti: alta formazione, con la gestione e la promozione di tutti i master di I e II livello, corsi professionalizzanti, summer e winter school e convegni accademici, con l’obiettivo di aumentare del 10 per cento l’offerta formativa a partire dall’anno accademico 2025-2026; ricerca e trasferimento tecnologico, con la promozione e la valorizzazione dei risultati della ricerca universitaria attraverso il supporto alla brevettazione e alla partnership con imprese ed enti pubblici, con lo scopo di incrementare del 10 per cento i proventi da collaborazioni con aziende; eventi e public engagement, con il coordinamento e l'organizzazione di hackathon, workshop e conferenze per promuovere la ricerca, condividerne la conoscenza con il pubblico e attrarre sponsorizzazioni private.
E' prevista l’organizzazione di almeno 10 eventi sponsorizzati all’anno. "La creazione della Fondazione Bicocca rappresenta un passo strategico per il nostro ateneo -afferma la rettrice dell’Università di Milano-Bicocca Giovanna Iannantuoni- introducendo una serie di vantaggi operativi, gestionali e strategici che integrano e potenziano le attività già svolte. La Fondazione potenzia e amplifica l’impatto dell’Università sul territorio e nel panorama accademico nazionale e internazionale. Milano-Bicocca si pone all’avanguardia nella creazione di un ecosistema accademico-innovativo, in grado di rispondere alle sfide del futuro con strumenti più efficaci e competitivi".
"Grazie alla Fondazione -dichiara il presidente della Fondazione e prorettore vicario dell’ateneo, Marco Orlandi- potremo ottimizzare la gestione di iniziative chiave per la formazione, il trasferimento tecnologico e la valorizzazione della ricerca, consolidando il ruolo dell'università di Milano-Bicocca come polo di eccellenza. Vogliamo che la Fondazione diventi un punto di riferimento per la valorizzazione della conoscenza e dell’innovazione tecnologica, promuovendo sinergie con il mondo imprenditoriale e con le istituzioni pubbliche".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "A tre anni dalla brutale aggressione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, vanno ribadite vicinanza e solidarietà alla coraggiosa resistenza ucraina a difesa della propria indipendenza e della libertà delle sue scelte nazionali". Lo afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
"La violazione delle più basilari norme di convivenza internazionale, infrangendo anche solenni impegni assunti nel 1994 tra le due parti, le centinaia di migliaia di vittime, anche tra la popolazione civile, la devastazione volutamente perseguita delle infrastrutture ucraine -aggiunge il Capo dello Stato- sollecitano, insieme a una severa condanna, la ricerca di rapido avvio di colloqui affinché le due parti pervengano alla definizione di una pace giusta, in linea con i principi dell’Onu, garantita da efficaci misure di sicurezza che la rendano effettiva e definitiva".