E’ di 180 arresti e 43 feriti il bilancio dei violenti scontri con la polizia scoppiati nella tarda serata di ieri a Belgrado al termine della manifestazione a favore di Ratko Mladic. Per le vie della capitale serba fra 10 mila e 15 mila ultranazionalisti hanno protestato per il suo arresto e l’imminente sua estradizione al Tribunale penale internazionale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia.
Il capo della polizia, Milorad Veljovic, citato dalla Beta, ha detto che dei feriti almeno 13 sono agenti di polizia e quattro tra gli hooligan che hanno aggredito le forze dell’ordine con lancio di sassi e bottiglie. Una violenza che ha confermato l’intolleranza che caratterizza le frange estreme del nazionalismo serbo, colluso con le tifoserie di calcio responsabili di tanti episodi violenti. Come quelli al Gay Pride di Belgrado dello scorso ottobre e i disordini successivi allo stadio Marassi di Genova durante Italia-Serbia, incontro di qualificazione agli Europei di calcio del 2012.
Controllati a vista da massicci cordoni di agenti antisommossa, i dimostranti – tra musiche patriottiche e bandiere nazionaliste con l’effigie del ‘comandantè – hanno scandito a lungo slogan inneggianti a Mladic e contro il presidente Boris Tadic, definito uno “sporco traditore degli interessi della Serbia”, avendo avallato la cattura dell’ “eroe” e la sua consegna al Tribunale dell’Aja. “La Serbia ha dignità e onore, e noi siamo venuti qui per lavare la vergogna che ci ha versato addosso Boris Tadic”, ha detto ai dimostranti Dragan Todorovic, vicepresidente del Partito radicale serbo (Srs, ultranazionalista), organizzatore del raduno. Leader del partito è Vojislav Seselj, attualmente sotto processo al Tpi dell’Aja con l’accusa di crimini di guerra.