Il presidente yemenita, Ali Abdallah Saleh, è “in buone condizioni” e ha subito solo “ferite leggere” dopo gli scontri nella capitale Sanaa che hanno coinvolto anche il palazzo presidenziale. Lo riferisce durante una conferenza stampa il ministro dell’Informazione yemenita, smentendo le notizie diffuse dalle tv locali secondo cui Saleh sarebbe rimasto ucciso in seguito ai colpi di artiglieria sparati sul palazzo. Tareq al Shami, portavoce del governo, ha precisato che sono almeno sette gli alti funzionari rimasti feriti: tra questi, il primo ministro, il presidente del parlamento, il vice premier e il governatore di Sanaa. Ferito anche l’imam della moschea del compound presidenziale. “I funzionari stavano pregando quando la moschea è stata bombardata – spiega Shami -, alcuni feriti si trovano in gravi condizioni”. Tre guardie sarebbero invece le vittime dell’attacco, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa del Paese.
Le proteste in Yemen sono riprese stamattina e il bilancio è già di almeno 50 morti nella capitale e di 2 vittime e 22 feriti nella città di Taez. Nonostante il divieto del regime, i manifestanti hanno sfilato per le strade della capitale per chiedere le dimissioni di Saleh, da 33 anni al potere. Nel quartiere di Hasaba, intanto, nel nord di Sanaa, i miliziani della tribù Hashed – che si è unita alle proteste, guidata dallo sceicco Sadeq al Ahmar – si sono scontrati con le forze governative. Le violenze si sono stese fino all’area del palazzo presidenziale, colpito da diversi colpi d’artiglieria. Così sarebbe rimasto ferito, o forse ucciso come riferiscono i media locali, proprio Saleh, oggetto delle proteste.
Lo stesso presidente, secondo il leader dell’opposizione yemenita e deputato, Abdul Rahman Bafadil, “sta insistendo nel trascinare il paese intero verso la guerra”. “La soluzione alla crisi è ancora lontana”, ha commentato in un’intervista all’emittente ‘al Jazeera‘. Anche gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazion per l’intensificarsi delle violenze nel Paese. “Chiediamo urgentemente calma e moderazione a tutte le parti – ha dichiarato Tommy Vietor, uno dei portavoce della Casa Bianca – e siamo convinti che la disputa debba essere risolta attraverso negoziati”.