“Noi amici non servili diamo un consiglio disinteressato a Berlusconi: cambia passo, rimettiti in gioco e rilegittimati con una grande campagna nazionale. Altrimenti non ci sarà nessun rilancio dell’azione di governo”. Così il direttore del ‘Foglio’, Giuliano Ferrara, spiega la sua iniziativa di stamattina, organizzata al teatro Capranica di Roma. Un’assemblea con un titolo che vuole essere autoironico: ‘Adunata dei liberi servi del Cavaliere’. Una riunione tra di loro e insieme ad analisti di centrosinistra o comunque critici del Cavaliere. Come la giornalista del ‘Corriere della Sera’ Marina Terragni, interrotta dai fischi della platea e da un coro di “Vai via” al suo: “Berlusconi è muffa”. Presenti i direttori dei giornali vicini al presidente del Consiglio: da Mario Sechi del ‘Tempo’ a Maurizio Belpietro di ‘Libero’, passando per Alessandro Sallusti de ‘Il Giornale’. Insieme a loro, deputati e ministri Pdl, tra dichiarazioni di fedeltà, critiche più o meno velate e annunci a sorpresa. Come quello di Alessandra Mussolini: “Sono contro il nucleare, al referendum voterò sì”. Secondo Ferrara, Berlusconi – dopo aver incassato le sconfitte di Milano e Napoli alle elezioni amministrative – dovrebbe sostituire “l’autocrazia con la democrazia, nel partito e nel movimento”. Due le strade proposte dal direttore del Foglio: ascoltare e affidarsi alle primarie “in una data ravvicinata, già i primi di ottobre, con un regolamento semplice – spiega -. Se questa proposta fosse stata fatta oggi non saremmo a questo punto”. Perché, anziché abbandonarsi a candidati e figure scelte dall’alto, secondo Ferrara, “chi ha una piattaforma e delle idee si candida, crea una competizione e lavora per la rimessa in gioco”. A chiudere i lavori è Vittorio Feltri, che avverte: “Aspettiamo a fare il funerale senza la salma. Il centrosinistra ha vinto solo una battaglia”. Eppure, ritiene necessaria la “scossa” delle primarie. Proposta con cui i fedelissimi non sembrano essere troppo d’accordo.
Video di Irene Buscemi
E’ scettico Belpietro, che le ritiene difficili e osteggiate dallo stesso partito perché, spiega il giornalista, “credo che molti all’interno vedano minacciate le loro poltrone”. Un meccanismo a cui non crede nemmeno il premier, secondo Belpietro. “Berlusconi si dice convinto, ma io credo che in fondo non lo sia – spiega -. Avviare le primarie significa discutere prima o poi di un dopo Berlusconi e lui ne vuole parlare il meno possibile”. “Il tacchino non si precipita volontariamente nella pentola”, chiude. Anche perché di lui non se ne può fare a meno, è il pensiero di Daniela Santanchè. Altro che primarie: per il sottosegretario si perde anzi “perché Berlusconi non fa più Berlusconi. Dovrebbe comandare di più”. Tanto netta lei, quanto possibilista il ministro Giancarlo Galan, aperto alle primarie come meccanismo “per dare un’opportunità come nel ’94”. “Le contesto invece – aggiunge – se devono essere una celebrazione della candidatura di Berlusconi, perché sarebbero inutili. Oppure se rappresentano una messa in discussione dell’essenza stessa del Pdl”. Perché per il ministro, “esercitarsi su cosa sarà dopo Berlusconi è un esercizio micidiale, e porta pure sfiga”. Un compito, comunque, a cui non sembrano nemmeno voler pensare i militanti. “Vada da Pisapia, ci ha stufato” urla una signora dalla platea a Marina Terragni. La giornalista, chiamata a esporre il suo intervento dio critica costruttiva, aveva invitato la base del Pdl all’ascolto e anon chiudere gli occhi di fronte alla “inefficacia” del premier e al “suo comportamento poco decoroso”. In risposta ha ricevuto un coro di “Via”.
Una riflessione, però, appare necessaria a tutti. Perché “venire qui da vincitori vuol dire non aver capito niente”, commenta la Santanchè, anche lei più volte interrotta dal pubblico nel suo intervento. “Abbiamo perso le elezioni per la nostra politica economica – dichiara pacata -, non abbiamo risposto ad artigiani e casalinghe”. Ne è convinto anche Galan, secondo cui a pesare sul Pdl sono state le promesse mancate, come quella sulla diminuzione delle tasse. “E’ necessario un ritorno alle promesse e allo spirito del ’94”, secondo l’ex governatore del Veneto. E finché si tratta di spirito è d’accordo anche Belpietro. “Quando Berlusconi è sceso in campo aveva un sogno, quello di cambiare il Paese – afferma il giornalista – . Adesso deve ridarci una soluzione, non può liquidare storia del centrodestra con un risultato così fallimentare”. La ricetta non è però abbassare le tasse. “Ci troveremmo come la Grecia – taglia corto -, Tremonti è un capro espiatorio”. Tra i cordoni della borsa e i risultati elettorali, solo una cosa può salvare il premier, secondo Feltri: “L’immunità parlamentare, così può concentrarsi. E’ normale che con le sue vicende giudiziarie sia distratto”.
Tanto da non accorgersi degli errori commessi a Milano e Napoli. “Pisapia e De Magistris si sono presentati con un’idea di cambiamento – va giù duro Belpietro -. Mi spiace ferirvi, ma hanno dato un sogno e una prospettiva di cambiamento a milanesi e napoletani”. Ancora più netto Sallusti: “La Moratti ha sbagliato cinque anni di governo, non poteva vincere”. L’errore sarebbe stato quindi dell’ex sindaco e non del premier, tranne che per una cosa: il presidente del Consiglio “ha ascoltato il partito e ha ricandidato la Moratti”. Interventi pacati, fino a quello di Alessandra Mussolini, ancora “stravolta”, dice lei stessa, dai risultati del capoluogo campano. “Abbiamo perso Napoli dopo un ventennio”, attacca e si chiede chi abbia scelto come candidato Gianni Lettieri, “uno sconosciuto”. “Come la Melchiorre, chi la conosce? – continua Mussolini -. E’ diventata sottosegretario e non s’è neanche vista. L’errore è di chi l’ha voluta. Chi sbaglia deve anche pagare”. Passando per un annuncio a sorpresa – “Voterò sì al referendum sul nucleare, sono contraria” -, la deputata chiude con un appello: “Ripartiamo dal partito, non imbalsamiamolo”.