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Referendum: i pericoli
del voto all’estero

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L’ordinanza con cui ieri la Corte Costituzionale ha dato il via libera al referendum sul nucleare sembra aver concluso il percorso a ostacoli messo in piedi dal Governo con il fine di demotivare il voto più che di evitarlo. Non commento la decisione visto che la giurisprudenza della Consulta è oggettivamente imprevedibile, avendo lor signori utilizzato per decenni dei criteri di ammissibilità illegittimi per fare fuori i referendum più scomodi al Palazzo (ben 48 quesiti bocciati, cioè almeno 30 milioni di firme buttate al macero).

Se con la leggina si è ottenuto l’effetto di allontanare gli indecisi dal voto dando l’impressione che il referendum sul nucleare sia inutile perché ci ha già pensato il Governo a fare marcia indietro, il vero pericolo per tutti e quattro i referendum ora viene dal voto degli italiani all’estero. La questione non è tanto se chi ha già votato all’estero sul nucleare deve o no rivotare, alla luce della riformulazione del quesito da parte della Cassazione. La domanda da farsi è se gli oltre 3 milioni di italiani all’estero sono stati messi in condizione di votare per i quattro referendum.

È già accaduto in passato, infatti, che il voto dall’estero fosse utilizzato per far mancare il quorum. Successe con il referendum del 18 aprile 1999 sull’abolizione della quota proporzionale della legge elettorale della Camera dei deputati (il Mattarellum). In quel caso, andarono a votare oltre 21 milioni di persone, ovvero il 49,6% del corpo elettorale: il quorum non si raggiunse per 150 mila voti. Nel quorum furono considerati 2.351.306 residenti all’estero, anche se solo a 13.542 di loro, cioè lo 0,5% degli aventi diritto, era stato effettivamente recapitato il certificato elettorale. In pratica, fecero salire il quorum senza essere stati messi nelle condizioni di votare.

Ma non solo. Noi Radicali, promotori di quel referendum, chiedemmo invano la revisione delle liste elettorali. L’anno seguente, in occasione di un altro referendum, ottenemmo con un’azione nonviolenta la revisione degli elenchi e si scoprì che oltre 350 mila persone risultavano decedute e irreperibili. Dunque, se la cancellazione dalle liste elettorali fosse avvenuta l’anno prima, il quorum sul referendum sarebbe stato raggiunto e ci troveremmo oggi con una legge elettorale completamente maggioritaria, visto che il 91,5% dei votanti si era espresso per il Sì.

Cosa sta accadendo oggi? Siamo davvero sicuri che i 3,2 milioni di italiani all’estero siano tutti vivi e soprattutto siano stati tutti informati nei loro attuali recapiti della possibilità di votare? E quali informazioni di merito i Consolati hanno garantito affinché l’interesse a votare non fosse soffocato? Dal momento in cui il quorum condiziona la validità del voto di decine di milioni di italiani, la verifica su cosa accaduto ai 3 milioni di votanti all’estero è condizione essenziale di democrazia. Chi ha informazioni su quanto successo nelle operazioni di voto fuori dall’Italia, è bene che le tiri fuori subito, altrimenti ci ritroveremo con l’ennesima polpetta avvelenata.

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