La notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 la questura di Milano è stata oggetto di un “attacco militare”. “Abbiamo avuto un accerchiamento”, scandisce Ilda Boccassini: arrivano ai funzionari di polizia le telefonate da Parigi del premier, che chiede di lasciar andare una minorenne che nel pomeriggio era stata fermata da una volante per furto. Poi, annunciata da Berlusconi, arriva una “consigliera ministeriale”, Nicole Minetti. Infine entra in via Fatebenefratelli una signora dal mestiere incerto, la brasiliana Michelle Coincecao Santos de Oliveira. Tutto per una ragazzina che non ha ancora 18 anni, Karima El Mahroug, che in giro si fa chiamare Ruby Rubacuori.
Così il procuratore aggiunto a Milano racconta la notte cruciale del caso Ruby, nell’aula del processo in cui Berlusconi è accusato di concussione e prostituzione minorile. E in meno di due ore allinea gli argomenti che secondo l’accusa smontano le 16 eccezioni illustrate dai legali di B., Niccolò Ghedini e Piero Longo, per chiedere di bloccare per sempre il processo. “Nelle indagini è emerso un contesto di prostituzione che coinvolgeva anche una minorenne”, spiega Boccassini. “Era palese che c’erano persone che si prostituivano, nel corso delle serate nella residenza del presidente del Consiglio”. Ma “le indagini sono state condotte nel pieno rispetto delle regole”. La Procura di Milano non ha affatto “monitorato la vita privata del premier”, come sostenuto dalla difesa: “Su un totale di 77.092 contatti”, tra intercettazioni e tabulati, “solo 315 hanno riguardato il presidente del Consiglio”. E comunque la procura nelle indagini scelto di non utilizzare “alcuna telefonata di Berlusconi, neppure i suoi 64 contatti con Ruby”. B. è stato iscritto nel registro degli indagati il 21 dicembre 2010. Troppo tardi, secondo la difesa. Ribatte Boccassini: “lo abbiamo iscritto quando abbiamo completato la ricostruzione sulle accuse di concussione e prostituzione minorile”.
“Se ci costituiremo parte civile? Vedremo, parleremo con la stampa tra un mese” ha detto ieri il nuovo legale di Ruby, Egidio Verzini. “Non possono” la risposta degli avvocati del premier. In realtà c’è tempo fino all’inizio del dibattimento. Prossima udienza comunque fissata per il 18 luglio. Subito dopo, nella stessa aula, entreranno i giudici di un altro processo, quello Mills. Stesso imputato: Silvio Berlusconi.
C’è una “palla magica”, nel caso Ruby. Chiede e si chiede Ilda Boccassini: “Come si fa a sostenere che sono stati violati i diritti della difesa, quando la difesa, ancor prima dell’invito a comparire a Berlusconi, sapeva più della procura? È come se i difensori avessero avuto la palla magica”. Sì, ci vuole la sfera di cristallo per sapere già agli inizi dell’ottobre 2010 che la procura di Milano stava indagando sulle feste di Arcore. Il molto previdente Niccolò Ghedini avvia infatti le sue indagini difensive sul caso Ruby, per dimostrare che quelle di Arcore sono “cene eleganti”, già il 20 ottobre, quando ancora il caso Ruby non c’è. “L’inchiesta era secretata”, dice Boccassini, “anche se il 26 ottobre esce il Fatto Quotidiano che la racconta per sommi capi. Ma nelle indagini difensive, ben prima che il premier venisse iscritto nel registro degli indagati, i legali hanno raccolto la testimonianza di quanti partecipavano alle serate ad Arcore. Le domande erano poste sui contenuti delle intercettazioni”.
“Il 15 aprile 2010, l’inizio”
Non si è trattato di “un’indagine mirata contro Silvio Berlusconi”, ha risposto Boccassini alla difesa. “L’inchiesta è iniziata con accertamenti sui rapporti tra Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede in relazione al reato d’induzione alla prostituzione, anche minorile”. La pm ricostruisce la casualità dell’indagine sul bunga-bunga: “Il 15 aprile 2010 veniva aperto un procedimento penale a modello 44 su un giro di prostituzione”. Cioè contro ignoti, pm Antonio Sangermano. “Il 24 giugno, a seguito di segnalazioni del tribunale dei minori di Milano, il procuratore aggiunto Pietro Forno apre un altro procedimento e il 27 luglio 2010 i due fascicoli vengono riuniti. La minore viene sentita a luglio solo da Forno e il 3 agosto anche da Sangermano.
A quel punto”, prosegue Boccassini, “partono le richieste di intercettazioni per le utenze di Karima, Minetti e Mora”. Il gip Giuseppe Gennari autorizza le intercettazioni, dopo aver “rilevato i contatti tra Mora e Minetti” che prospettavano un giro di prostituzione, anche minorile. “Il 7 settembre viene iscritto nel registro degli indagati Emilio Fede, dopo aver raccolto elementi sui suoi rapporti con le ragazze che partecipavano alle cene di Arcore. Tra fine ottobre e il 6 novembre la procura ascolta i funzionari della questura di Milano, Ostuni, Indolfi, Iafrate e Morelli. Acquisisce come dato scientifico i tabulati dei cellulari relativi alla notte del 27-28 maggio per verificare le loro dichiarazioni, perché abbiamo indagato a 360 gradi”. Lineare la scelta dei tempi processuali: le contestazioni a carico di Berlusconi sono arrivate “soltanto dopo le verifiche dei tabulati e delle celle telefoniche per riscontrare le dichiarazioni di Karima. Le verifiche, affidate al Servizio centrale operativo della polizia, arrivano il 9 dicembre 2010 e Berlusconi viene iscritto nel registro degli indagati il 21 dicembre, cioè nel momento in cui per la procura si concretizza la notizia di reato. Il 14 gennaio c’è l’avviso a comparire e dopo 50 giorni, nel rispetto del codice, la richiesta del giudizio immediato” .
La vera storia dei fascicoli
Ilda Boccassini dunque accenna a un’indagine contro ignoti nata nell’aprile 2010. È il procedimento n.234702/2010. Il Fatto ha ricostruito la vicenda. Sul tavolo del pm di turno Antonio Sangermano arriva un’informativa firmata dall’ispettore capo Vito Albanese e dall’agente scelto Marco Salvoni del commissariato Monforte-Vittoria (lo stesso che eseguirà a maggio il fermo di Ruby per furto). I poliziotti hanno una fonte confidenziale che segnala un giro di escort all’Hotel Four Seasons di Milano: ragazze che “adescano clienti facoltosi” durante convegni. Tra le escort indicano anche “El Mahroug Karima, intesa ‘Ruby’, nata in Marocco l’1-11-1992, residente a Letoianni, minore degli anni 18”.
Né i poliziotti, né il pm Sangermano hanno idea di chi sia questa Ruby. Ma accade l’imponderabile: un’amica della minorenne, Katia Pasquino, la denuncia il 27 maggio per furto. La ragazza viene portata in questura e nella notte telefona Silvio Berlusconi (“È la nipote di Mubarak”). Il 9 giugno l’ispettore capo Albanese scrive al suo superiore una relazione sul giro di prostituzione al Four Seasons e sottolinea che “la ragazza marocchina minore degli anni 18 risulta affidata alla signora Minetti Nicole, di professione Consigliere ministeriale regionale presso la presidenza del Consiglio dei ministri”. Questa relazione di polizia e altre due sulla notte del 27 maggio vengono consegnate al pm Sangermano. A luglio, dunque, il magistrato si trova a indagare su una ragazza minorenne presunta prostituta, protetta dal presidente del Consiglio. La stessa cosa succede al collega Forno, che a giugno aveva avviato un’indagine autonoma, dopo aver ricevuto una relazione del tribunale dei minori sulla notte in questura e una seconda su una lite furiosa avvenuta il 5 giugno tra Ruby e la prostituta che la ospita, Michelle. Sangermano non sa dell’inchiesta di Forno e Forno non sa dell’inchiesta di Sangermano. Il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati si accorge che le due indagini hanno gli stessi protagonisti e le riunisce, assegnando il fascicolo ai due magistrati.
“È un reato comune”
Quello di Berlusconi è, eventualmente, un reato ministeriale, aveva argomentato la difesa, dunque di competenza del tribunale dei ministri. La questione non è una pura esercitazione giuridica: il tribunale dei ministri per poter procedere ha bisogno dell’autorizzazione della Camera. Ma quello di Berlusconi è invece “un reato comune”, ha controbattuto Boccassini: concussione, per aver fatto pressioni sui funzionari della questura di Milano, affinché lasciassero andare la minore. Berlusconi ha agito non nell’esercizio delle sue “funzioni” di governo (non ha alcuna competenza sulla polizia), ma nella sua “qualità” di presidente del Consiglio.
“La realtà presa a cazzotti”
La difesa ha sostenuto anche la competenza del tribunale di Monza per il reato di prostituzione minorile. Perché Pietro Ostuni, capo di gabinetto del questore Vincenzo Indolfi, la notte del 27 maggio riceve la telefonata di Berlusconi nella sua abitazione di Sesto San Giovanni (distretto giudiziario di Monza). “Dire che il reato si è consumato a Sesto perché Ostuni dormiva lì”, replica Ilda Boccassini, “fa a cazzotti con la realtà dei fatti”. La vicenda “si svolge tutta a Milano: dalle 18 del 27 maggio, quando la minore viene fermata, fino alle 2 di notte del 28 maggio, quando viene rilasciata”.
“Non servono autorizzazioni”
La procura di Milano ha acquisito anche documenti bancari di Silvio Berlusconi. Non avrebbe potuto, sostiene la difesa, senza l’autorizzazione del Parlamento. La pm replica ricordando che già la Cassazione a sezioni unite ha stabilito che “non è necessaria alcuna autorizzazione parlamentare perché la documentazione bancaria è cosa diversa dalla corrispondenza”.
“Fare presto”
Dopo aver elencato gli elementi di prova “evidenti” a carico di Berlusconi (bonifici, agende, intercettazioni, tabulati, testimonianze), Boccassini rivendica la scelta di aver chiesto il giudizio immediato: “Una delle più toccanti questioni che ricorrono è che i processi devono durare poco. L’articolo 111 della Costituzione prevede che il processo si svolga in tempi ragionevoli e il rito immediato ha questa funzione: fare presto”.
di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali