Precariato e diritti da tutelare. “Entra il lavoro. Tutti in piedi”, l’evento che si svolgerà venerdì sera a Bologna per i 110 anni della Fiom, vuole svelare il paese Italia attraverso alcune delle storie raccolte dagli ospiti passati ad Annozero di Michele Santoro, che condurrà la serata insieme a Vauro e Serena Dandini. Hanno deciso così di selezionare alcune testimonianze per dare voce a chi vive da anni in una condizione di instabilità economica e personale, a causa di un mercato del lavoro sempre più flessibile e sempre meno tutelato.
Ne sa qualcosa Barbara Evola, insegnante di Palermo precaria da 15 anni. Ha 37 anni, due bambini e un compagno. Anche lui precario. “Venerdì parlerò della spada di Damocle che pende su tutti i lavoratori non garantiti della scuola pubblica, appesi ai rinnovi dei contratti, e di tanti colleghi che quest’anno non sono riusciti nemmeno a fare una supplenza”, spiega. E si concentra sulla situazione del Mezzogiorno. “I tagli alla scuola gravano di più sulle regioni meridionali, penalizzate da un tessuto economico paralizzante che non permette ai lavoratori di riciclarsi altrove”. A sud infatti, “i licenziamenti sono drammatici e la percentuale di disoccupati fra i 30 e i 40 anni è elevatissima”. A questo si aggiungono l’assenza di politiche per i giovani e di ammortizzatori sociali. Inoltre lo stato di abbandono di alcune scuole delle periferie siciliane, che dovrebbero essere presidio di legalità, spinge i ragazzi verso la criminalità. “Siamo in una terra di nessuno – conclude Barbara- abitata da una cultura in cui le donne devono scegliere se diventare madri o tenere il lavoro. Se il guadagno è basso e i nonni non sono disponibili, infatti, conviene rimanere a casa: almeno si risparmiano i soldi per la baby sitter e gli asili privati, destino di molti dei nostri figli”.
Parlerà di precariato anche Oscar White, rapper di Gratosoglio, alla periferia di Milano. Ha 34 anni, proviene dalle Bianche, le case popolari rivestite di amianto, e vive il degrado del suo quartiere, con i giovani in balìa delle agenzie interinali e senza prospettive per il futuro. “A Bologna racconterò quello che vedo, cioè il costante pellegrinaggio mio e dei miei coetanei per un contratto di lavoro temporaneo. Le aziende non riescono più ad assumere e si affidano alle cooperative. Altrimenti i costi sono insostenibili”, spiega. “ Se ci fosse qualche legge a tutela dei lavoratori non ci sarebbe una massa di giovani che vive con 600 euro al mese anche se lavora otto ore al giorno”. E a Renato Brunetta che ha definito i precari la parte “peggiore dell’Italia” risponde: “Non si deve permettere. E se vuole proprio saperlo è per colpa sua e di quelli come lui se esistono i precari”.
Sul diritto al lavoro interverrà anche Felice Floris, del Movimento Pastori Sardi: “La globalizzazione a scapito di pochi monopolisti ci ha messo in ginocchio – racconta-. A differenza del resto del paese, la pastorizia rappresenta un settore fondamentale per la Sardegna che impiega lavoro a 100mila persone. Ma è una realtà che la politica non valorizza e dopo il fallimento dell’industria pesante che ha lasciato alle spalle solo disperazione e disoccupazione, rischiamo di finire allo stesso modo”. E a chi gli dice che potrebbe cambiare lavoro, Felice risponde: “Non siamo bottegai che possono chiudere la saracinesca. Abbiamo degli animali da accudire e da sfamare. Credono che quello che produciamo non abbia valore e le attrezzature che ci servono sono care. Il risultato? Che tanti pastori si riempiono di debiti e vanno in rosso”.
A “Tutti in piedi” non mancheranno neanche i ricercatori, rappresentati da Enrico Natalizio che un anno fa ha deciso di emigrare in Francia: “Dal 2008 la situazione è peggiorata e la riforma Gelmini non è stata un incentivo alla meritocrazia”. Ma quali sono i punti critici? “Stanno azzerando le generazioni fra i 30 e i 40 anni. Tanti ragazzi che intervengono sul sito di coordinamento dei precari dell’Università decidono di cambiare mestiere o di emigrare all’estero perché in Italia li stanno eliminando”. Se il lavoro è garantito dalla Costituzione, in Italia riconoscerlo come diritto è ancora una strada in salita.