Il Csm ha deciso all’unanimità di trasferire il procuratore capo di Ferrara, Rosario Minna. Una scelta che arriva in seguito ad avvenimenti che a detta dell’organo di autogoverno della magistratura hanno creato “indubbiamente un clima di forte tensione”. Il tutto tra “insinuazioni” e parole colorite e spinte riferite ai colleghi (“troia”,“cretina”, “fogna, animali, incivili e fannulloni”). Comportamenti “sicuramente incompatibili” con il suo ruolo di capo della procura, che “dovrebbe essere improntato a costante rispetto delle persone dei collaboratori”.
La situazione, definita di “sofferenza istituzionale”, fu segnalata al Csm dal procuratore generale di Bologna Emilio Ledonne, il quale dando conto di una lettera di lamentele di Minna sul conto di alcuni sostituti, aveva evidenziato “il comportamento a dir poco irriguardoso” del procuratore nei confronti dei magistrati del suo ufficio.
Minna si è sempre difeso dalle accuse. Anche oggi davanti al Csm, spiegando che si trattava solo di un linguaggio colorito, ma senza alcuna volontà di offesa o insulto. Negando sopratutto l’esistenza di contrasti o tensioni in procura.
E ci sarebbe anche un’intercettazione telefonica che tira in ballo il nome dell’ormai ex procuratore capo, tra un carabiniere a processo per concussione e l’attuale colonnello dei carabinieri del comando provinciale di Vicenza, Michele Vito Sarno, allora comandante del quadrante Est del Noe.
Ma andiamo con ordine. Lo scorso novembre il ministro Alfano decise un’ispezione affidandola ad Arcibaldo Miller, che interrogò lo stesso Minna, alcuni pm ferraresi e anche l’avvocato Fabio Anselmo, legale del caso Aldrovandi, della famiglia Cucchi e della vicenda Niagara, che vede imputati per concussione due carabinieri dei Noe di Bologna.
L’avvocato, infatti, aveva depositato la scorsa estate un esposto per un episodio relativo a presunte minacce e intercettazioni telefoniche abusive nei suoi confronti. In agosto tornato dalle vacanze durante una telefonata, spiega Anselmo, “cadde la linea e ho sentito una voce che diceva ‘chiudere, chiudere’. Anche in precedenza mi ero accorto di strane interferenze sulla linea”. Quello stesso giorno Anselmo presenta così una denuncia che fa scattare l’indagine del pm Angela Scorza per sospette intercettazioni abusive.
Negli stessi giorni anche una cliente di Anselmo presenta lo stesso tipo di denuncia. Si tratta di Fabiana Cosmar, responsabile commerciale della ditta Niagara, azienda di smaltimento rifiuti già nota per aver denunciato per concussione e rivelazione di segreti d’ufficio alcuni appartenenti al Nucleo operativo ecologico (Noe) di Bologna, Sergio Amatiello e Vito Tufariello, il cui processo è in corso nel tribunale del capoluogo emiliano.
Il 15 settembre 2010, poi, il procuratore capo di Ferrara Rosario Minna riceve l’avvocato Fabio Anselmo, il quale, come riferito il 23 ottobre 2010 davanti al pm Angela Scorsa, si recò da Minna perché si verificarono strane anomalie nei telefoni dello studio del legale e in quelli della ditta Niagara.
In quella circostanza il procuratore capo, a detta di Anselmo, disse al legale che ciò che l’avvocato gli aveva esposto (le presunte intercettazioni illecite) era un “fatto grave, ma caro avvocato, ormai lei ha un ruolo politico…questa cosa non c’entra niente..quando una persona sola ce l’ha con lei il fatto è abbastanza normale e ci si può difendere…ma quando ad avercela con lei sono un gruppo di persone, questi stia tranquillo le spezzeranno le gambe”. Frasi che spaventarono Anselmo e che successivamente riferì a diverse persone, fra cui il pm Nicola Proto, come si legge dagli atti, il quale rimase stupito.
La procura di Ancona, che è competente in procedimenti a carico di magistrati di Ferrara, ha aperto così due fascicoli che vedono il legale come parte offesa. Uno di questi è stato archiviato, mentre l’altro si trova ancora sulla scrivania del procuratore capo di Ancona.
Il Fatto Quotidiano è venuto in possesso di alcuni atti, dove oltre al decreto di archiviazione ci sono considerazioni di pubblici ministeri ascoltati dal pm Angela Scorza.
Il gip Carlo Cimini ha, come detto, disposto l’archiviazione degli atti per uno dei fascicoli, il “procedimento penale relativo a Minna Rosario”, il 26 febbraio 2011, dopo la richiesta del pm Paolo Gabinelli, secondo il quale è tutto “frutto di collegamenti e di elucubrazioni personali dell’avvocato Anselmo”. Non erano minacce quindi, ma il procuratore capo Minna “ha inteso in tal modo mettere sull’avviso – si legge nel decreto di archiviazione – il professionista riguardo a concreti progetti nocivi nei suoi confronti, ideati da non ben specificati gruppi di potere”.
Il 25 ottobre comunque viene sentito dal pm Scorza anche il pubblico ministero Nicola Proto, il quale riferisce di aver parlato con Anselmo, dopo l’incontro di quest’ultimo con Minna. L’avvocato “era visibilmente agitato” avrebbe detto Proto al pm Scorza, “era molto scosso dalla notizia appresa”. “Per mio conto – continua il magistrato – rimasi sconcertato”.
“Il giorno precedente il colloquio, ossia il 14 settembre 2010, – spiega il pm – avevo avuto, unitamente al dottor Di Benedetto, la delega in un procedimento a carico dello stesso avvocato Anselmo. Ci fu assegnato un fascicolo in cui vi era un esposto del maresciallo Amatiello del Noe di Bologna nei confronti dell’avvocato”. Proto dichiara di essersi trovato in grande difficoltà in quella circostanza. Informò immediatamente Di Benedetto, manifestandogli l’intenzione di rinunciare al procedimento, perchè “il fatto esposto mi pareva alquanto grave”. Dopo due giorni Anselmo tornò, riferendo al pm Proto che a suo avviso c’erano collegamenti riferibili ai Noe e al procedimento in corso a Bologna. Proto scrisse immediatamente una lettera a Minna, il quale era convinto che l’avvocato avesse frainteso la sua frase. In quell’occasione, inoltre, Proto avrebbe riferito al suo procuratore capo che anche il pm Caruso venne a conoscenza di quei fatti; circostanza che a detta di Proto, fece “molto arrabbiare” Minna.
Davanti al pm Scorza, Proto sottolinea che quello che lo ha “colpito ed infastidito è la concomitanza tra il dialogo avvenuto e l’assegnazione del procedimento contro Anselmo”.
Ma il pm ferrarese non sarà l’unico magistrato a essere ascoltato. Il 26 ottobre, infatti, anche Francesco Caruso, che venne a sapere della circostanza dallo stesso Anselmo, viene sentito dal pm Scorza. Quest’ultima domanda se ebbe “modo di parlarne con il procuratore” Minna. “Ho ricevuto una telefonata personale – risponde Caruso – presso l’abitazione da parte del procuratore in cui mi si chiedeva di riferirgli del colloquio avuto con l’avvocato. Rispondevo che trattandosi di dialogo riservato e privato non trovavo corretto esporgli il contenuto dello stesso. Mi mostravo disponibile comunque ad esporre nelle opportune sedi quanto appreso dal professionista”.
Il gip Carlo Cimini ha però disposto l’archiviazione di uno dei due procedimenti, dopo la richiesta del pm Paolo Gabinelli. Il pm Proto rimase comunque “colpito e infastidito” per la concomitanza tra le parole di Minna riferite ad Anselmo e il procedimento assegnatogli contro lo stesso legale. Procedimento che nasce da un esposto di un maresciallo del Noe: Sergio Amatiello.
Quest’ultimo, insieme al collega Vito Tufariello, e ad un imprenditore, è a processo per concussione e rivelazione di segreto d’ufficio. L’accusa, condotta dai pm Morena Plazzi e Massimiliano Serpi, contesta inoltre l’esistenza di un legame d’affari illeciti tra i carabinieri e l’imprenditore, con l’intenzione di costituire una società di consulenza ambientale. Tra le tante intercettazioni disposte inizialmente dalla procura di Ferrara spunta fuori un audio tra uno degli imputati e l’attuale colonnello dei carabinieri del comando provinciale di Vicenza, Michele Vito Sarno, allora comandante del quadrante Est del Noe. Questa intercettazione non è stata acquisita al processo Niagara, ma proprio l’avvocato Fabio Anselmo fa riferimento alle parole di quelle tracce audio durante il suo interrogatorio davanti al pm Scorza. Il Fatto Quotidiano ha provato alcune settimane fa a sentire il colonnello per alcuni chiarimenti, ma Sarno ha preferito riattaccare il telefono.
Dopo la notifica dell’avviso di garanzia ai due militari, il 21 febbraio 2009, il colonnello del Noe Michele Vito Sarno chiama infatti uno degli indagati, Tufariello, “per esprimere la mia solidarietà e la mia vicinanza, dobbiamo fare di tutto e di più per incularci ‘sti bastardi!” e continua: “maledetti bastardi! Comunque io volevo dire soltanto che le voglio bene, gode della mia stima infinita, della più viva considerazione. Questa bastardata me la lego al dito!”
E dopo quattro giorni, dopo le spontanee dichiarazioni di Tufariello, sempre al telefono Sarno definisce l’inchiesta “solo una manovra bieca e becera, per cercare di gettare fango su chi ha fatto sempre il suo lavoro e allontanare da sé l’attenzione della magistratura, che invece già ben conosce fin nei più reconditi meandri, una situazione scabrosa che è già stata segnalata ai vostri uffici, quindi non ci devono rompere i coglioni”.
Poi continua dicendo che rassegnerà il suo “mandato di comandante della tutela dell’ambiente, nel momento in cui si dovesse acclarare responsabilità di sorta a carico dei miei collaboratori, ma siccome ciò non avverrà io continuerò a fare il comandante della tutela dell’ambiente fino alla notte dei tempi”. Poi continua dicendo: “Ho parlato con tutto il mondo”. E ancora: “A quel rincoglionito come si chiama di Minna (Procuratore Capo della Procura di Ferrara, ndr), Menna, come cazzo si chiama lui...”. “Ah, c’era anche lui?” chiede Tufariello. E il colonnello risponde: “Hai voglia…io ero prima da lui”.